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Il "padrone di casa" IL RACCONTO
15 luglio 2002

L'anno scorso ho pubblicato un volume di storie 'incredibilmente vere' (PRODIGIA, ed. Tabula Fati, 2001, Chieti) che ha avuto un grosso successo. Si tratta di una raccolta di storie strane avvenute realmente. Dopo è successo un fatto inaspettato. Molti amici o semplici conoscenti mi hanno raccontato tante storie simili avvenute a loro o a loro familiari. Nel contempo una rivista romana MYSTERO, che pubblica storie del genere, mi ha contattato chiedendo di collaborare al giornale inviando altri racconti incredibili. Ho così raccolto le testimonianze e ne ho tratto delle storie. E' stato tale il successo che l'editore romano mi ha proposto di pubblicare un secondo libro che dovrebbe essere pronto entro il 2002. Le vicende che leggerete ora riguardano Molfetta. Se qualcuno rammenta avvenimenti del genere o ha vissuto vicende strane può mettersi in contatto col sottoscritto attraverso Quindici. (D.A.) Lucia anche quella domenica frugò tra la sua maglieria intima nel secondo tiretto del comò. Non dovette perdere molto tempo, subito sentì tra le dita la carta. Col cuore che aveva preso a pulsargli con più frequenza la tirò fuori. Erano mesi che accadeva, eppure non riusciva ancora ad abituarsi. Il biglietto di banca era sdrucito, forse un po' troppo, ma era buonissimo. La donna lo aprì delicatamente e, dopo averlo ripiegato con cura lo ripose nel suo borsellino. Un altro piccolo aiuto alla sua situazione economica non certo brillante. Ho ascoltato alcuni racconti del genere per accorgermi, senza eccessiva sorpresa, che mi trovavo di fronte ad un avvenimento ricorrente anche se con diverse varianti. E tutti riguardavano il 'padrone della casa'. In genere veniva indicato come un uomo anziano, morto tra le mura della abitazione, una casa con almeno un centinaio di anni sulle sue pietre. Era una specie di fantasma buono: non faceva male né spaventava, almeno non cercava di spaventare. E portava aiuto, sotto varie forme, specie denaro. La storia di Lucia, la madre di uno dei geometri del mio studio professionale, è andata avanti per molto tempo, circa un anno, durante il quale la donna trovava ogni domenica tra la povera sua biancheria un biglietto di banca. Quando questo avviene la donna è sempre sola in casa. Marito imbarcato, cosa frequentissima a Molfetta sei mesi fuori, tre mesi a casa e ancora sei mesi fuori, in una routine con la quale tantissime 'vedove bianche' si sono abituate a convivere. I figli, due, hanno pochi anni. In un piccolo appartamento attiguo, appena due stanze, cucina e bagno inclusi, vive la 'nonna', madre della madre carica di acciacchi dovuti all'età. La famigliola non sta male economicamente, ma non sguazza certo nell'oro e quella piccola cifra è sempre utile. Lucia riesce a mantenere il segreto per molto tempo, ma poi, un giorno non ce la fa più e si confida con la madre. Le racconta del fatto che trova i soldi ogni domenica al ritorno dalla messa quando è ragazzi sono fuori a giocare e lei è sola in casa. La madre scuote il capo: figlia mia, perché me l'hai detto? Ora tutto finirà. E difatti da quel giorno Lucia non trova più nulla nel secondo tiretto del comò. E in nessun altro posto della sua casa. La madre le spiega che era il 'padrone della casa' a lasciarle i soldi, quel vecchio che lei non poteva ricordare morto una quarantina di anni addietro proprio nella sua stanza da letto. Poi le racconta che anche a lei, quando abitava nella casa, lasciata poi alla figlia per la sua nuova famiglia, accadeva la stessa cosa. Ti ricordi di zio Luigi? Certo che Lucia si ricorda dello zio vedovo che per anni aveva vissuto con la sorella maggiore, appunto sua madre. Anche lei trovava alcune monetine in un piccolo portaoggetti di ceramica una volta alla settimana. Piccole cifre, quasi sempre diverse, ma puntuali nel portaoggetti. Aveva pensato fosse il fratello, Luigi, a darle quei soldi, ma aveva scosso il capo: impossibile, era malato e non disponeva di soldi propri, era lei a pensare a tutto. Allora? Chi lasciava quelle piccole somme nel portagioie? Per molto tempo anche lei aveva taciuto, cercando prima di capire, poi rinunciandoci. Infine non aveva retto e aveva svelato tutto al fratello costretto a letto da problemi alla spina dorsale. Il fratello aveva scosso il capo non credendole. Allora la donna aveva preso il portagioie con le monete e glielo aveva fatto vedere. Ma successe un fatto che ancora oggi mi spaventa. Continua la madre. Si udì un forte rumore provenire dal portagioie, come di qualcosa che crolla, non saprei dirlo con precisione. E le monete scomparvero. Da allora non le ho più avute. Ecco perché, figlia mia, non avresti dovuto parlarmene. Neanche tu troverai più soldi nel cassetto. Qualcosa di simile mi è stata raccontato dalla madre del mio socio architetto. Le situazioni sono più o meno le stesse, come pure le regole. Prima di tutto si deve abitare in case centenarie, non ho notizie di fatti del genere in case nuove, anzi so di una famiglia che è stata costretta a cambiare casa, passando da una casa vecchia ad una di recente costruzione, per la presenza in quella vecchia di uno strano 'fantasma'. Era quello del vecchio 'padrone della casa', morto alcuni anni addietro nella stessa abitazione. Non aveva la 'buona' abitudine di lasciare denaro, ma si limitava a mettersi a fianco del letto e a poggiare il proprio capo sul petto della signora, rassicurandola. Non le avrebbe fatto alcun male, né aveva intenzione di spaventarla, ma aveva bisogno di quel contatto umano. Naturalmente il 'padrone della casa' scompariva immediatamente quando la donna accendeva la luce terrorizzata e svegliava il marito in piena notte. All'inizio l'uomo sorrideva e le diceva di tornare a dormire, di seguito, quando la storia andò avanti per molte notti cominciò ad essere scorbutico, infastidito dalle continue sveglie notturne. Alla fine si è dovuto piegare: se voleva continuare a dormire tranquillamente di notte avrebbe dovuto cambiar casa. E così fecero. Altra curiosa e interessante variante è stata quella capitata alla madre di un altro mio amico, Mauro. Siamo in piena seconda guerra mondiale. Gli uomini sono in armi e nelle abitazioni ci sono soltanto le donne e i vecchi. La madre del mio amico abita una vecchia abitazione in quella zona di Molfetta che va sotto il nome di 'Camere Nuove'. I tedeschi sono un po' dappertutto e approfittano della mancanza di uomini per mettere le mani, non eufemisticamente, sulle riserve alimentari e sulle donne sole. In effetti non lo facevano soltanto i soldati tedeschi, ma la storia, notoriamente, è scritta dai vincitori. La nonna di Mauro ha due figlie, Anna, che divenne poi la madre di Mauro, e Filomena. In casa non c'è nessun uomo poiché il nonno è al fronte e non ci sono figli maschi nella famiglia. Un brutto giorno bussano energicamente alla porta. Sono soldati che parlano in italiano ma con un marcato accento germanico. Vogliono che si apra la porta per un controllo o saranno costretti ad abbatterla. La nonna di Mauro sbianca in viso. Sa bene che si tratta di una scusa. Ordina alle due ragazze di correre a nascondersi tra le casse di un sottano il cui ingresso è coperto da un logoro tappeto. Non è proprio un nascondiglio sicuro ma non c'è di meglio. Poi si avvicina alla porta e chiede con voce rotta ai soldati cosa cercano. Per tutta risposta si odono colpi dati col calcio dei fucili sulla porta. Il panico afferra la povera donna che non sa cosa fare. Poi, all'improvviso, “Scitavinn…” Una voce stentorea parte da un luogo imprecisato della casa e risuona minacciosa. E' sicuramente quella di un uomo. I colpi alla porta si bloccano per qualche istante, poi riprendono con la stessa veemenza. Ma con la stessa potenza la voce ripete: “So ditt scitavinn.” Nuovamente i soldati si fermano, per qualche secondo in più. La donna che non capisce più nulla sapendo bene che in casa non ci sono uomini cerca di rendersi conto di chi è la voce. E si accorge che proviene da un ammezzato sotto la volta a botte della stanza. C'è ancora il letto nel quale, le hanno detto, è morto il precedente proprietario della casa, prima che fosse comprata da lei e da suo marito. La certezza che lì non può esserci nessuno e al contempo che la voce proveniva proprio dall'ammezzato la sconvolge, forse più della presenza dei soldati. Che riprendono a bussare energicamente alla porta. Questa volta la voce è più pacata. E si rivolge a lei soltanto: “Fall trasaie.” La donna non sa che fare, ma la porta pare sul punto di cedere e allora, raccogliendo il coraggio residuo toglie il catenaccio e la spalanca. I tre soldati quasi non se l'aspettano e il primo casca a terra nell'impeto di scagliarsi contro la porta. Si rialza frettolosamente. Sono ubriachi, lo si vede e lo si sente. Il primo con un accento terribile chiede: “Dove essere la tue belle fraulein, donna?” “Non… non ci sono…” balbetta la poveretta. Ma il soldato solleva lo sguardo e nota un movimento sul soppalco. Ridendo allontana bruscamente la donna e dice di aver capito dove sono nascoste le sue fraulein. Poi sale sul soppalco sempre ridacchiando. Quello che succede è ancora poco chiaro. Il soldato sale sul soppalco e per qualche istante viene coperto da una rozza tenda aperta per metà. E si intravede un'ombra che non è quella del soldato. Che ad un tratto lancia un urlo agghiacciante e si precipita giù dalle scale di legno rotolando. Quando si alza ha gli occhi sbarrati. E' cereo in viso e balbetta frasi senza senso. I suoi due degni compari restano un po' incerti, ma lo stato del loro commilitone è tale che decidono di andarsene portandoselo dietro quasi a spalla mentre balbetta frasi senza alcun senso. La nonna di Mauro per diversi giorni non osa avvicinarsi al soppalco. Poi viene a trovarla un suo zio anziano al quale racconta tutto e insieme trovano il coraggio di salire su. Non c'è nulla. Non c'è nessuno. Soltanto un letto sfatto e il lenzuolo bruciacchiato. Tornano giù decisi a liberarsi in fretta di quel letto. Un'ultima variante al 'padrone della casa' è quanto successo alla moglie di un mio amico, che chiameremo L. particolarmente sensitiva. Lei ha oggettiva difficoltà a riposare nel pomeriggio poiché pare che sia quello il momento in cui subisce le 'visite' non del tutto desiderate. Prima di narrate l'ultimo episodio, una piccola ma necessaria premessa. Abitano in Centro Antico a Molfetta, in una 'casa torre' che ha il piano terra risalente alla fine del seicento, il primo piano all'ottocento e il secondo agli inizi del novecento. Interamente ristrutturata, conserva però alcune parti originarie, come ovviamente le mura e la volta del piano terra in pietra, alcuni solai in legno e tutte quelle parti che sono riuscito a salvare dal fuoco – che ha distrutto gran parte dell'abitazione una decina di anni fa – e dall'abbandono. Qualche pomeriggio fa L. ha cercato di riposare dopo una lunghissima estenuante giornata scolastica, approfittando del fatto che il nostro ultimo nato di pochi mesi aveva finalmente deciso di addormentarsi per la consueta pennichella pomeridiana. Questo è il suo racconto. Appena chiusi gli occhi sente la 'presenza'. Li riapre e si accorge che c'è qualcosa sulla sedia accanto al letto dalla sua parte, qualcosa di davvero insolito. Sembra una specie di lenzuolo sagomato a forma semiumana , che luccica nel buio e che le parla. Un brivido di paura la scuote. Cerca di muoversi ma non ci riesce. La 'presenza' le dice qualcosa che lei non capisce. Allora raccoglie tutte le sue forze, si alza dal letto e cerca di scendere al piano di sotto. Il 'lenzuolo luminoso' la segue, nonostante la luce del giorno che filtra dalle finestre in alto. L. inizia a scendere le scale, ma dopo pochi scalini si ricorda che nella stanza da letto c'è il bambino. Si ferma, si gira. La 'presenza' luminosa pare attenderla appena dietro la porta della stanza da letto. Lei risale, poi chiude gli occhi, spalanca la porta e attraversa la stanza raggiungendo il lettino del bimbo che nel frattempo si è mosso tra le coperte scoprendosi del tutto. Ma sta bene e pare dormire tranquillamente. Si rigira e cerca con lo sguardo la 'presenza'. Ma non la vede più. Allora rimbocca nuovamente le coperte del bambino, apre uno spiraglio di luce nella stanza da letto, accende il baby monitor e torna giù in cucina, certa che per nessuna ragione riuscirebbe a richiudere gli occhi. Ed è tutto. O quasi. In effetti i fenomeni delle presenza si susseguono in continuazione. La moglie del mio amico continua ad avere problemi quando riposa nel pomeriggio. Recentemente fa sogni ad occhi aperti. Immagina che la casa è soltanto in parte sua e soltanto in parte ristrutturata. Per raggiungere il terrazzo deve attraversare ambienti dimessi e decrepiti, molto più grandi di quelli esistenti nella realtà, con una serie innumerevole di stanze con tutte le porte chiuse. E le è difficile tornare in quanto non sa mai qual è la porta che deve aprire per tornare nella 'sua' casa. Così prova a caso. E ogni volta che apre la porta si affaccia in una stanza che non conosce. E nella quale c'è sempre qualcuno. Persone normali o quasi in atteggiamenti non proprio normali. Ad esempio una figura frequente è un uomo non molto anziano, con un cappotto cammello aperto su un abito scuro piuttosto elegante che ha in mano un ombrello aperto. Sopra ha il solaio, quindi nella stanza non può piovere. Lei continua a dire che si tratta soltanto di una sogno, e suo marito continua a fingere di credere che si tratti soltanto di un sogno. Perché lei non conosce il precedente proprietario dal quale lui stesso ho acquistato una quindicina di anni fa parte dell'immobile. Era un tipo elegante, sempre in giro con un cappotto cammello e un abito scuro. Era quasi calvo e tendente alla pinguedine. E' morto qualche anno dopo, piuttosto giovane. L. non può averlo conosciuto. Quindi quando gli racconta di quella persona che vede spesso 'in sogno' in una delle stanza 'diverse' di casa sua il marito la prende in giro. Mentre lei giurerebbe che ogni volta che si sveglia ha la spiacevole sensazione di una presenza estranea nella sua stanza, una presenza che scompare immediatamente lasciando dietro di sé soltanto un profumo di terra bagnata. I libri di Donato Altomare sono reperibili presso la libreria Corto Maltese, in Molfetta alla via Margherita di Savoia, IL RACCONTO L'anno scorso ho pubblicato un volume di storie 'incredibilmente vere' (PRODIGIA, ed. Tabula Fati, 2001, Chieti) che ha avuto un grosso successo. Si tratta di una raccolta di storie strane avvenute realmente. Dopo è successo un fatto inaspettato. Molti amici o semplici conoscenti mi hanno raccontato tante storie simili avvenute a loro o a loro familiari. Nel contempo una rivista romana MYSTERO, che pubblica storie del genere, mi ha contattato chiedendo di collaborare al giornale inviando altri racconti incredibili. Ho così raccolto le testimonianze e ne ho tratto delle storie. E' stato tale il successo che l'editore romano mi ha proposto di pubblicare un secondo libro che dovrebbe essere pronto entro il 2002. Le vicende che leggerete ora riguardano Molfetta. Se qualcuno rammenta avvenimenti del genere o ha vissuto vicende strane può mettersi in contatto col sottoscritto attraverso Quindici. (D.A.) IL 'PADRONE DI CASA' Lucia anche quella domenica frugò tra la sua maglieria intima nel secondo tiretto del comò. Non dovette perdere molto tempo, subito sentì tra le dita la carta. Col cuore che aveva preso a pulsargli con più frequenza la tirò fuori. Erano mesi che accadeva, eppure non riusciva ancora ad abituarsi. Il biglietto di banca era sdrucito, forse un po' troppo, ma era buonissimo. La donna lo aprì delicatamente e, dopo averlo ripiegato con cura lo ripose nel suo borsellino. Un altro piccolo aiuto alla sua situazione economica non certo brillante. Ho ascoltato alcuni racconti del genere per accorgermi, senza eccessiva sorpresa, che mi trovavo di fronte ad un avvenimento ricorrente anche se con diverse varianti. E tutti riguardavano il 'padrone della casa'. In genere veniva indicato come un uomo anziano, morto tra le mura della abitazione, una casa con almeno un centinaio di anni sulle sue pietre. Era una specie di fantasma buono: non faceva male né spaventava, almeno non cercava di spaventare. E portava aiuto, sotto varie forme, specie denaro. La storia di Lucia, la madre di uno dei geometri del mio studio professionale, è andata avanti per molto tempo, circa un anno, durante il quale la donna trovava ogni domenica tra la povera sua biancheria un biglietto di banca. Quando questo avviene la donna è sempre sola in casa. Marito imbarcato, cosa frequentissima a Molfetta sei mesi fuori, tre mesi a casa e ancora sei mesi fuori, in una routine con la quale tantissime 'vedove bianche' si sono abituate a convivere. I figli, due, hanno pochi anni. In un piccolo appartamento attiguo, appena due stanze, cucina e bagno inclusi, vive la 'nonna', madre della madre carica di acciacchi dovuti all'età. La famigliola non sta male economicamente, ma non sguazza certo nell'oro e quella piccola cifra è sempre utile. Lucia riesce a mantenere il segreto per molto tempo, ma poi, un giorno non ce la fa più e si confida con la madre. Le racconta del fatto che trova i soldi ogni domenica al ritorno dalla messa quando è ragazzi sono fuori a giocare e lei è sola in casa. La madre scuote il capo: figlia mia, perché me l'hai detto? Ora tutto finirà. E difatti da quel giorno Lucia non trova più nulla nel secondo tiretto del comò. E in nessun altro posto della sua casa. La madre le spiega che era il 'padrone della casa' a lasciarle i soldi, quel vecchio che lei non poteva ricordare morto una quarantina di anni addietro proprio nella sua stanza da letto. Poi le racconta che anche a lei, quando abitava nella casa, lasciata poi alla figlia per la sua nuova famiglia, accadeva la stessa cosa. Ti ricordi di zio Luigi? Certo che Lucia si ricorda dello zio vedovo che per anni aveva vissuto con la sorella maggiore, appunto sua madre. Anche lei trovava alcune monetine in un piccolo portaoggetti di ceramica una volta alla settimana. Piccole cifre, quasi sempre diverse, ma puntuali nel portaoggetti. Aveva pensato fosse il fratello, Luigi, a darle quei soldi, ma aveva scosso il capo: impossibile, era malato e non disponeva di soldi propri, era lei a pensare a tutto. Allora? Chi lasciava quelle piccole somme nel portagioie? Per molto tempo anche lei aveva taciuto, cercando prima di capire, poi rinunciandoci. Infine non aveva retto e aveva svelato tutto al fratello costretto a letto da problemi alla spina dorsale. Il fratello aveva scosso il capo non credendole. Allora la donna aveva preso il portagioie con le monete e glielo aveva fatto vedere. Ma successe un fatto che ancora oggi mi spaventa. Continua la madre. Si udì un forte rumore provenire dal portagioie, come di qualcosa che crolla, non saprei dirlo con precisione. E le monete scomparvero. Da allora non le ho più avute. Ecco perché, figlia mia, non avresti dovuto parlarmene. Neanche tu troverai più soldi nel cassetto. Qualcosa di simile mi è stata raccontato dalla madre del mio socio architetto. Le situazioni sono più o meno le stesse, come pure le regole. Prima di tutto si deve abitare in case centenarie, non ho notizie di fatti del genere in case nuove, anzi so di una famiglia che è stata costretta a cambiare casa, passando da una casa vecchia ad una di recente costruzione, per la presenza in quella vecchia di uno strano 'fantasma'. Era quello del vecchio 'padrone della casa', morto alcuni anni addietro nella stessa abitazione. Non aveva la 'buona' abitudine di lasciare denaro, ma si limitava a mettersi a fianco del letto e a poggiare il proprio capo sul petto della signora, rassicurandola. Non le avrebbe fatto alcun male, né aveva intenzione di spaventarla, ma aveva bisogno di quel contatto umano. Naturalmente il 'padrone della casa' scompariva immediatamente quando la donna accendeva la luce terrorizzata e svegliava il marito in piena notte. All'inizio l'uomo sorrideva e le diceva di tornare a dormire, di seguito, quando la storia andò avanti per molte notti cominciò ad essere scorbutico, infastidito dalle continue sveglie notturne. Alla fine si è dovuto piegare: se voleva continuare a dormire tranquillamente di notte avrebbe dovuto cambiar casa. E così fecero. Altra curiosa e interessante variante è stata quella capitata alla madre di un altro mio amico, Mauro. Siamo in piena seconda guerra mondiale. Gli uomini sono in armi e nelle abitazioni ci sono soltanto le donne e i vecchi. La madre del mio amico abita una vecchia abitazione in quella zona di Molfetta che va sotto il nome di 'Camere Nuove'. I tedeschi sono un po' dappertutto e approfittano della mancanza di uomini per mettere le mani, non eufemisticamente, sulle riserve alimentari e sulle donne sole. In effetti non lo facevano soltanto i soldati tedeschi, ma la storia, notoriamente, è scritta dai vincitori. La nonna di Mauro ha due figlie, Anna, che divenne poi la madre di Mauro, e Filomena. In casa non c'è nessun uomo poiché il nonno è al fronte e non ci sono figli maschi nella famiglia. Un brutto giorno bussano energicamente alla porta. Sono soldati che parlano in italiano ma con un marcato accento germanico. Vogliono che si apra la porta per un controllo o saranno costretti ad abbatterla. La nonna di Mauro sbianca in viso. Sa bene che si tratta di una scusa. Ordina alle due ragazze di correre a nascondersi tra le casse di un sottano il cui ingresso è coperto da un logoro tappeto. Non è proprio un nascondiglio sicuro ma non c'è di meglio. Poi si avvicina alla porta e chiede con voce rotta ai soldati cosa cercano. Per tutta risposta si odono colpi dati col calcio dei fucili sulla porta. Il panico afferra la povera donna che non sa cosa fare. Poi, all'improvviso, “Scitavinn…” Una voce stentorea parte da un luogo imprecisato della casa e risuona minacciosa. E' sicuramente quella di un uomo. I colpi alla porta si bloccano per qualche istante, poi riprendono con la stessa veemenza. Ma con la stessa potenza la voce ripete: “So ditt scitavinn.” Nuovamente i soldati si fermano, per qualche secondo in più. La donna che non capisce più nulla sapendo bene che in casa non ci sono uomini cerca di rendersi conto di chi è la voce. E si accorge che proviene da un ammezzato sotto la volta a botte della stanza. C'è ancora il letto nel quale, le hanno detto, è morto il precedente proprietario della casa, prima che fosse comprata da lei e da suo marito. La certezza che lì non può esserci nessuno e al contempo che la voce proveniva proprio dall'ammezzato la sconvolge, forse più della presenza dei soldati. Che riprendono a bussare energicamente alla porta. Questa volta la voce è più pacata. E si rivolge a lei soltanto: “Fall trasaie.” La donna non sa che fare, ma la porta pare sul punto di cedere e allora, raccogliendo il coraggio residuo toglie il catenaccio e la spalanca. I tre soldati quasi non se l'aspettano e il primo casca a terra nell'impeto di scagliarsi contro la porta. Si rialza frettolosamente. Sono ubriachi, lo si vede e lo si sente. Il primo con un accento terribile chiede: “Dove essere la tue belle fraulein, donna?” “Non… non ci sono…” balbetta la poveretta. Ma il soldato solleva lo sguardo e nota un movimento sul soppalco. Ridendo allontana bruscamente la donna e dice di aver capito dove sono nascoste le sue fraulein. Poi sale sul soppalco sempre ridacchiando. Quello che succede è ancora poco chiaro. Il soldato sale sul soppalco e per qualche istante viene coperto da una rozza tenda aperta per metà. E si intravede un'ombra che non è quella del soldato. Che ad un tratto lancia un urlo agghiacciante e si precipita giù dalle scale di legno rotolando. Quando si alza ha gli occhi sbarrati. E' cereo in viso e balbetta frasi senza senso. I suoi due degni compari restano un po' incerti, ma lo stato del loro commilitone è tale che decidono di andarsene portandoselo dietro quasi a spalla mentre balbetta frasi senza alcun senso. La nonna di Mauro per diversi giorni non osa avvicinarsi al soppalco. Poi viene a trovarla un suo zio anziano al quale racconta tutto e insieme trovano il coraggio di salire su. Non c'è nulla. Non c'è nessuno. Soltanto un letto sfatto e il lenzuolo bruciacchiato. Tornano giù decisi a liberarsi in fretta di quel letto. I libri di Donato Altomare sono reperibili presso la libreria Corto Maltese, in Molfetta alla via Margherita di Savoia,106
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