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Il gergo della postmodenità, il libro di Giacomo Pisani presentato a Molfetta
01 novembre 2012

MOLFETTA - Continua a essere una «sorpresa» umana e culturale per gli stessi addetti ai lavori. Una vera e propria «rivelazione», come ha dichiarato il prof. Luigi Pannarale, sociologo e ordinario di Sociologia del Diritto all'Università di Bari, all’inizio del suo intervento alla Sala Turtur di Molfetta per la presentazione del libro «Il gergo della postmodernità» (già 4 recensioni) di Giacomo Pisani, direttore di Terre Libere e redattore della rivista Quindici (nella foto, Pannarale, Copertino, Illuminati, Pisani, Centrone).
Due i motivi di distinzione del giovane Pisani per il prof. Pannarale: la prospettiva mitteleuropea e la lettura «giovanile» del postmodernismo, rapportato con arguzia e saggezza al moderno, epoca in cui la dimensione del lavoro rappresentava il punto di riferimento. La stessa dimensione che oggi ha smarrito ogni valore: come ha sottolineato il prof. Pannarale, «il tempo libero non è un tempo liberato, ma sprecato» e «la perdita del lavoro non è più una conquista, ma un perdita secca» (lampante il riferimento all’attuale congiuntura economica e alla dilagante disoccupazione e inoccupazione).
Tra l’altro, se la modernità consentiva di elaborare un progetto a lungo termine («una esistenza in autentica genuina»), secondo Giacomo Pisani la postemodernità non solo si caratterizza come preclusione dei vari paradigmi, ma chiude la possibilità di ogni progettualità futura e autentica con l’annullamento di ogni possibilità. Lo stesso prof. Marino Centrone, docente di Filosofia della Scienza dell'Università di Bari, a inizio conferenza, dopo l’intervento introduttivo del prof. Vito Copertino, ordinario di Ingegneria presso l'Università della Basilicata e direttore editoriale della rivista Terre Libere, ha riproposto «la crisi della narrazione nel mondo contemporanea», ovverro l’impossibilità di una narrazione forte da proporre ai giovani, caduti nel limbo della «categoria del si», quell’impersonalismo determinato dalla dimensione del potere che assegna ruoli sociali e genera solitudine.
Possibilità di riscatto è il recupero della sfera identitaria, nonostante l’incapacità di costruire modelli di comunicazione vera. Da un lato, Giacomo Pisani evidenzia la neutralizzazione della cittadinanza, impostata fortemente sull’addomesticazione del sistema educativo, sull’assenza di una reale innovazione e sulla matematizzazione del mondo: dall’altro, secondo il prof. Augusto Illuminati, uno dei maggiori filosofi italiani e studioso di Marx, Spinoza e Rousseau, Pisani indica una speranza nella alterità.
Infatti, la figura del migrante è quel modello che non solo rappresenta l’immagine attuale del lavoro precario e ricattabile, ma è anche colui che può risvegliare quelle coscienze assopite dal mondo dei social network e dei centri commerciali (sostituitisi alla piazza), che hanno mistificato il valore della soggettività, così divenuta pseudo-soggettività. Ad esempio, ha spiegato Illuminati, la costruzione del profilo facebook produce solo l’illusione della soggettività e della comunicazione, logorando lo stesso concetto di comunità reale. Stessa considerazione di Pannarale, secondo cui l’incapacità di comunicare crea indifferenza, smobilitazione, superficialità e espropriazione delle energie.
L’alterità potrebbe invertire questa situazione ineluttabile perché, ha concluso Pisani, la postmodernità è neutralizzazione degli spazi, è quella dimensione alienante e reificante che annulla ogni possibilità nel sistema, lasciando che l’individuo si disancori dalle trame del reale e perda ogni orizzonte di senso.
 
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Mi stupisce definire “sorpresa umana e culturale” le qualità del giovane filosofo. Dagli addetti ai lavori poi………………….La nobiltà d'animo non è un qualcosa che la si riceve come regalo dalla natura, la si “costruisce” dentro la propria anima prestando attenzione e riflettendo su tutto ciò che avviene in questa nostra società senza posizioni privilegiate personali. Questo fa del giovane Pisani non una “rivelazione”, ma una realtà umana e filosofica cui affidarsi per riprendere quel progetto di civilizzazione e di condotta umana alla diffusione dei Lumi. Civilizzare significa impegnarsi in uno sforzo strenuo e continuo per trasformare l'essere umano attraverso l'educazione e l'istruzione. “Istruire una nazione significa civilizzarla, soffocarne la conoscenza significa ridurla alla condizione primitiva della barbarie” (Diderot). La civiltà non deve preoccuparsi delle maschere ma raggiungere quel che c'è sotto la maschera dell'individuo: questo il pensiero filosofico del giovane Pisani. La politica dovrebbe legiferare proponendo e riprendere questi principi filosofici, non essere “subalterna” all'economia. L'economia deve ritornare a rispettare e seguire le regole generali della politica, l'unità di verità, i valori morali e senso estetico. Filosofo (filosofia) vale “amatore della saggezza”, cioè della verità. Tutti i filosofi hanno avuto questo doppio carattere. Non c'è filosofo dell'antichità che non sia stato esempio di virtù agli uomini e non abbia insegnato loro delle virtù morali. Tutti hanno potuto ingannarsi nelle cose della scienza; ma la scienza fisica è poco necessaria al ben vivere, e i filosofi non avevano bisogno di lei. Ci vollero dei secoli per arrivare a conoscere una parte delle leggi di natura. Un giorno basta al saggio per conoscere i doveri dell'uomo. Il filosofo non è un entusiasta, e non si erige a profeta, non si dice ispirato dagli dèi. Quelli che si dissero figli degli dèi erano (sono) padri dell'impostura, e se si servirono (servono) della menzogna per insegnare alcune verità, erano (sono) indegni di insegnarle: non erano (sono) veri filosofi, erano (sono) tutt'al più dei “savi mentitori”.


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