I consiglieri di centro sinistra: “Dimettersi un dovere nei confronti della città”
MOLFETTA 3.04.2006
“Dimettersi era una necessità, un obbligo nei confronti della città”.
È l'affermazione concorde dei sei consiglieri comunali di opposizione - Angione, Cataldo, de Robertis, Lucanie, Minervini, Sallustio (nella foto)- che hanno firmato la mozione di sfiducia a Tommaso Minervini, sindaco già dimissionario, assieme ad alcuni della maggioranza.
Non inciucio, ma un dovere.
Lo hanno ribadito durante la conferenza stampa di stasera.
A cominciare da Nino Sallustio, nel suo acuto e lucido intervento di apertura: “Nell'ultimo anno non c'è stata attività amministrativa, quanto un continuo regolamento di conti all'interno della maggioranza, da cui potevano venire solo danni alla città, era un obbligo morale impedire che se ne facessero ancora”.
Con una sfumatura diversa, ma mostrando il medesimo sentire, Corrado Minervini ha parlato di “senso di responsabilità”.
Solo Luigi Cataldo, di Rifondazione comunista, ha confessato qualche sua perplessità sull'operazione, avrebbe preferito che prima delle firme fosse elaborato un documento politico, per eliminare qualsiasi rischio di confusione con i consiglieri di maggioranza schieratisi con Azzollini, da cui comunque è partita l'operazione della mozione di sfiducia.
Angione e De Robertis, pur vivendo le dimissioni come un dovere, hanno tenuto a fare dei distinguo, dovuti al fatto che entrambi furono eletti nella maggioranza. “Ho creduto come tanti altri cittadini nel “Progetto civico” – ha affermato De Robertis – ma ho dovuto rivedere la mia posizione, vedendo il tradimento che il sindaco attuava nei confronti della città e lo sviamento nell'attuazione del programma”. Ancor più deciso Nicola Angione. “Sono uno dei consiglieri che dovrebbe chiedere scusa per aver contribuito alla nascita di quella che senza smentita può essere definita la più scellerata fra le amministrazioni che questa città ha conosciuto, nata con l'inganno, quello di un progetto che non doveva essere condiviso dalle forze della Casa delle libertà, come poi avvenne”.
Meglio sia il commissario a governare la città fino alle elezioni, a garanzia di imparzialità.
Chiusa la vicenda dell'amministrazione Minervini, il centro sinistra guardi avanti. “Dobbiamo cercare di dare una sterzata alla nostra azione per il futuro, anche in questa sala non c'e entusiasmo”, ha affermato, non si è capito se con preoccupazione o per semplice constatazione, Luigi Cataldo.
E avanti, precisamente al 28 maggio, guarda Lillino Di Gioia, che ha preso parte alla conferenza stampa, calato nel ruolo del candidato della coalizione di centro sinistra, non mancando di affrontare, sollecitato dalle domande della stampa, le questioni più scottanti.
Drastico il giudizio sull'ex sindaco ed ora suo antagonista nella competizione elettorale: “Celebriamo l'aver decapitato un mostro a tre teste, che ha governato la città, fatto da sindaco e due parlamentari, mostro protagonista di cinque anni di straordinari disastri”.
Tommaso Minervini è stato definito senza mezzi termini “candidato leghista”, in base ad un elementare sillogismo, se Titti Lioce, segretaria del suo movimento politico Città per tutti, si candida alla Camera per una formazione politica collegata alla Lega, si presuppone che il fondatore di quel movimento, cioè lo stesso Tommaso Minervini, e tutti coloro che aderiscono alla lista, debbano votala, quindi scegliere il centro destra.
Falisce il tentativo dell'ex sindaco di accreditarsi come candidato di un'alleanza che abbia un qualsiasi connotato politico, si tratta piuttosto di un'accozzaglia di liste e di personalismi: “La nostra è la coalizione di centro sinistra, dall'altra parte un guazzabuglio, frutto – ha affermato Di Gioia – di una guerra fratricida che non preclude a nulla di buono per la città”.
Un centro sinistra che si fonda su un Documento politico programmatico e sul suo Codice etico che “fino ad ora è stato pienamente rispettato e che la coalizione continuerà a far rispettare” ha affermato Di Gioia, rispondendo ad una precisa domanda in merito, “ufficiosamente ci sono state chieste deroghe, ma la coalizione non intende farne”. E a chi gli ha fatto notare che le segreterie provinciali dei partiti si sarebbero pronunciate a favore di una sua revisione, ha replicato: ”Vanno rispettate, ma allo stesso tempo devono accettare quel che viene deciso a livello locale”.
A chi gli ha chiesto ragione delle posizioni assunte dai Socialisti autonomisti, esplicitate nella loro manifestazione di domenica mattina di cui Quindici on line ha fornito una puntuale cronaca, ha ribattuto: “I Socialisti autonomisti hanno firmato il Documento politico programmatico ed il Codice etico e preso poi parte alle primarie. Qualora abbiano assunto nel frattempo delle altre decisioni, finora non formalizzate, cioè se i Socialisti autonomisti a Molfetta decideranno di convergere sul candidato sindaco leghista, ne prenderemo atto. Speriamo ciò non avvenga, tenendo conto che l'assessore Tedesco fa parte a livello regionale di una giunta di centro sinistra e che la coerenza dovrebbe essere per lui un punto di riferimento”.
Lillino di Gioia ha mostrato di non sottovalutare la candidatura del Sen. Azzollini, che sarebbe andato “oltre le righe” quando ha ritenuto, da senatore, di poter ambire a fare anche il sindaco, ma si è detto fiducioso, perché questa città non accetterà di essere governata da chi concentrerebbe nelle sue mani “il potere economico, politico ed amministrativo”.
In quanto a Matteo d'Ingeo, lo ha liquidato con una battuta: “Questa quarta candidatura la ignoro e continuerò ad ignorarla”.
Infine un appello in vista delle elezioni politiche della prossima domenica, definite da Di Gioia “più importanti di quelle amministrative”, alla mobilitazione per una prima vittoria, anche a Molfetta, del centro sinistra.
Lella Salvemini