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Giovanni Picca, un baritono compositore molfettese Per non dimenticare
15 aprile 2006

Una delle marce funebri molfettesi, molto apprezzata dagli intenditori, porta il titolo di “Venerdì Santo”, il cui autore è Giovanni Picca. La marcia, a giudizio del Maestro Damiano Binetti, ha un esordio decisamente patetico e raggiunge sonorità acute che si dissolvono all'inizio del secondo tema in un andamento più rassegnato rispetto alla melodia iniziale. Si tratta di una pregevole pagina di repertorio musicale che sicuramente commuove l'animo sensibile del molfettese legato alle tradizioni della Settimana Santa. Se la melodia della composizione funebre è abbastanza orecchiabile, non altrettanto conosciuto è il suo autore, Giovanni Picca, di cui riporto alcune note biografiche. Nato a Molfetta il 2 febbraio 1934, Giovanni era il secondogenito di sette figli. Fino a 16 anni aiutò il padre Giuseppe a coltivare gli orti e, mentre lo faceva, cantava con la sua voce da baritono, tanto che suo padre, amante del melodramma e della lirica, capì subito che nel figlio c'era la stoffa dell'artista. Decise quindi di fargli studiare canto presso il Conservatorio “S. Cecilia” in Roma, affidandolo agli insegnamenti del suo direttore Giovanni Manurita, già celebre tenore. Qui Giovanni cominciò a studiare canto e pianoforte, diplomandosi nel 1955. Ha un bel timbro di voce ma gli manca la mimica, l'espressività, un suo stile di interpretazione. Giovanni non si scoraggia. Prende lezioni a Firenze presso la scuola del Maestro Frazzi che aveva formato famosi cantanti come Gino Bechi e Panerai e in due anni si perfeziona come vero baritono. Al pubblico molfettese si rivelò per la prima volta durante un “servizio” che la RAI-TV effettuò nella nostra città il 1 novembre 1956, allorquando cantò “La morte di Rodriguez” dal Don Carlos di Verdi, “Ideale” di Tosti, “Nemico della Patria” dall'Andrea Chenier di Giordano e un duetto dal “Don Giovanni” di Mozart con il soprano Maria Pomponio. Cos'altro poteva desiderare dalla vita? Solo il lavoro Intanto il padre ancora una volta si sacrifica per il figlio: gli compra un favoloso pianoforte a coda che Giovanni utilizza per i suoi studi, i suoi canti, le sue romanze nella sua casa in via S. Pietro, a Molfetta vecchia. Sicuramente allora erano tempi duri e dovette darsi da fare per avere un aiuto dal famoso tenore Mario Del Monaco e Beniamino Gigli. Ma fu tutto inutile. Rimaneva un'ultima carta da giocare Avuto sentore che a Roma abitava un amico d'infanzia, un certo Mimì D'Alessandro, regista, si recò a casa sua, dove fu ricevuto con cordialità e presentato a sua moglie, soprano, che volle ascoltarlo accompagnandolo ella stessa al pianoforte. Mimì gli promise che gli avrebbe assegnato una piccola parte in un futuro lavoro cinematografico. Ma pure questa speranza svanì. Nel 1957 Giovanni trionfa a Castrocaro in un concorso con il “Credo” dell'Otello di Verdi. Canta nelle chiese, in piazza in ricorrenza delle feste patronali, fa esperienze, conoscenze e comincia a vedere il frutto del suo lavoro. Nel 1958 debutta a Spoleto al “Teatro Lirico Sperimentale” con “Lucia di Lammermoor” di Gaetano Donizetti, nel ruolo di Lord Enrico Asthon (suo cavallo di battaglia), accanto al celebre soprano Margherita Rinaldi, ai tenori Enzo Tei e Vito Tatone, Maestro concertatore e Direttore Alberto Paoletti, con l'orchestra e il coro del “Teatro dell'Opera di Roma”. E' l'inizio della sua brillante carriera. E' raggiante e felice. Un bel giorno, girando ancora per concerti in piazza, conosce Elvira Malacarne, soprano, s'innamora e la sposa. Alloggia temporaneamente presso il padre a Molfetta, ma comprende che non può far sentire il peso della sua famiglia sui genitori. Parla con un amico molfettese, Francesco Romei, che aveva studiato con lui a Roma, impiegato presso la ditta Beta (che vendeva utensileria meccanica), per un posto di commesso. La risposta è positiva. Gli viene assegnata la zona Molfetta - Barletta. Giovanni si improvvisa così commesso viaggiatore per amore della moglie Elvira che nel frattempo aspettava un bambino (era al quarto mese, ma la gravidanza non fu portata a termine per l'insopportabile dolore dovuto alla tragica e immatura scomparsa del proprio consorte). Mai però abbandona l'amore per il canto. Studia composizione e compone nel 1963 quella bellissima marcia funebre, “Venerdì Santo”, le cui note melodiche riecheggiano nei concerti e processioni che precedono la Pasqua. I giorni passano, e arriva così il funesto martedì 28 gennaio 1964. Giovanni parte sereno, come al solito, con la sua Fiat 600 per il suo quotidiano lavoro. Non sa che a qualche chilometro da Trani, in contrada “Palude”,lo aspetta la morte che come una folgore lo strappa per sempre alla famiglia e ai suoi amici. Giovanni muore all'istante in uno scontro frontale con un'altra macchina guidata da un tale Alessandro Marino da Siracusa che riporta ferite guaribili in 10 giorni, lasciando costernati nel dolore quanti lo avevano conosciuto e amato come baritono, compositore e figlio della nostra amata Molfetta Infatti, era stimato ed apprezzato dalla cittadinanza che ben conosceva la sua tenace volontà e i suoi sforzi per affermarsi nel difficile campo della lirica. Le esequie furono celebrate il giorno 30/1/1964 nella chiesa del Purgatorio, alla presenza del Sindaco Cav. Luigi Massari il quale, ricordando la figura di questo giovane artista, pronunciò commosse parole di cordoglio. Pochi giorni dopo la sua tragica morte ( precisamente il 1 febbraio) avrebbe dovuto cantare in Cattedrale la “Lauda della natività”, opera religiosa di ignoto autore molfettese, scoperta nel 1959 dal prof. Avitto di Bari e musicata dal Maestro don Salvatore Pappagallo. Nella zona 167, nei pressi della struttura sportiva del CONI, gli è stata dedicata una via, per non dimenticare la figura di questo giovane trentenne che con la sua breve carriera artistica ha saputo dare fama e gloria alla propria città. La famiglia ne ha rinnovato il ricordo alla cittadinanza con tre manifestazioni di alto livello. La prima, nel febbraio del 1989, con un memorabile concerto lirico al Teatro Odeon che ebbe per protagonisti l'intero cast internazionale impegnato al Teatro Petruzzelli di Bari ne La Cenerentola di Rossini (R. Blake, R. Pienotti, R. Coviello, N. De Carolis, tutti artisti di fama mondiale). La seconda, il 26 dicembre 1994, con il concerto di Natale in cui furono rappresentate le opere inedite Misa Crolla e Navidad Nuestra di A. Ramirez con la partecipazione del solista argentino Ernesto Palacio, il Coro del Teatro Petruzzelli di Bari ed il gruppo popolare etno-musicale Terrae. La terza, il 27 dicembre 1995, con il concerto di Natale tenutosi nel Duomo Vecchio di Molfetta in cui si esibì (con grande entusiasmo del folto pubblico presente) il Coro del Teatro Petruzzelli di Bari diretto dal Maestro Elio Orciuolo, esecutore di una pregevole selezione di cori d'opera. Nella redazione di questa memoria mi sono avvalso della collaborazione del dott. Alberto Picca che ringrazio di cuore per i suoi ricordi diretti e per la foto del suo amato fratello Giovanni. “L'ovra di voi e li onorati nomi / con affezion ritrassi e ascoltai”, direbbe Dante (Inferno, XVI, 59).
Autore: Cosmo Tridente
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