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Gergario degli addetti ai lavori nella Quaresima molfettese Dedicato a tutti i Confratelli, ai portatori ed al popolo molfettese che, al seguito di processioni o nel corso di discussioni quaresimali, odono ed usano termini ai più, a volte, sconosciuti, arcani e misteriosi
15 febbraio 2010

A Gismond’ Punto indefi nito del percorso processionale dell’Arciconfraternita della Morte, riconducibile a via Sigismondo e citato da un Priore, non molto acculturato, appartenente alla categoria degli agricoltori che per liberarsi di un fastidioso confratello che gli chiedeva insistentemente di “fare una bomba” gli disse appunto: Vein a Gismond !! Alla Mmaccolat/All’Immacolata Punto di cambio dei portatori, 1°/2° tratto per l’Arciconfraternita della Morte, punto di alternanza tra quadriglie per l’Arciconfraternita di S. Stefano, che esegue il cambio delle Mute in via Roma, angolo con via Pietro Colletta . Antico punto di cambio (la statua entrava nella chiesa dell’Immacolata) delle candele nei fanali della statua di Cristo Morto, prima dell’avvento dei lumini ad olio (i cui primi contenitori furono ricavati dal taglio dei manici di bicchierini da marsala!!). A quest’ultima operazione era addetto il confratello Giuseppe Farinola a cui fu attribuito l’eponimo di “Lumin”. Ammnè o tuecch Nell’Arciconfraternita della Morte, prima d’iniziare qualsiasi “tratto” è consuetudine da parte dei portatori “ammnè o tuecch” per stabilire quale coppia inizierà il tratto “scenn sott” e chi “a frcedd”. Da notare che chi inizia “scenn sott” non potrà fare “sott” l’ultima “bomba”; se ciò dovesse capitare per l’alternanza delle “bombe” l’ultima “bomba” si divide a metà in modo che la coppia che ha iniziato “a forcella” concluda “sotto” il tratto. Alla Cappecciaine/Ai Cappuccini Antico punto di cambio delle mute uscita/ritirata della processione del Venerdì Santo. Tale cambio avveniva (prima dell’anticipazione all’incrocio via Roma/via Pietro Colletta) dinnanzi al monumento a Vito Fornari (altezza palazzo Brudaglio). Alzà u pass Accelerare l’andatura nel portare una statua. Ciò, di solito accade per palese ritardo o per intemperie. Angeleidd/Angioletti Bambini indossanti vestimenti propri dell’epoca a cui facevano riferimento e che in genere precedevano la statua ch’essi rappresentavano, nel corso dello svolgimento delle processioni della Settimana Santa. Immancabile erano la raffi gurazione di carabinieri in alta uniforme, di S. Giovanni Battista recante una serta di taralli dolci di non piccole dimensioni, il Calvario che usava procedere con passo ritmato (mezzi passi), la Veronica, S. Elena con lungo manto rosso e recante tra le mani una piccola croce in legno … Acquario/U Acquarie Sepolcro realizzato a fi ne anni sessanta, essendo Priore dell’Arciconfraternita di S. Stefano un Capo d’istituto che aveva Gergario degli addetti ai lavori nella Quaresima molfettese Modelli di statue di casa Gadaleta Una vecchia foto della confraternita della morte 39 15 febbraio 2010 Attualità all’interno del suo corpo docente due maestri della cartapesta molfettese (Modugno e Catacchio), a cui dette l’incarico di realizzare una veduta del Cristo Morto all’interno della tomba. Fu realizzata un’urna in cartapesta imitante la roccia e di forma rettangolare, contenente la statua del Cristo Morto improvvidamente illuminata da una luce azzurra. Il risultato ottico fu che la statua risultava come se fosse immersa nell’acqua azzurrina di un grande acquario. Asta Baldacchino a sei o otto mazze recato dopo la statua principale e consistente in un panno frangiato, ricamato in oro (antico emblema orientale di onore e riverenza). Quella di S. Stefano, realizzata nel 1955 (azzurra intessuta con fi li d’oro e seta e con decorazioni in oro zecchino), fu portata ad otto mazze (fi no al 1954 era ancora a sei mazze) e realizzata con le stesse misure dell’asta della Visitazione, particolarmente imponente, ma fu commesso un errore poiché la misurazione tenne conto della lunghezza laterale, a partire da un gallone dorato che si trovava a circa 20 centimetri dal colmo dell’asta stessa, errore solo in parte corretto con il rifacimento dell’anno 2006. All’inaugurazione della stessa avvenuta il Mercoledì Santo del 1955 fu madrina Donna Margherita Gadaleta (conserviamo ancora un pezzo del nastro rosso teso tra le due prime mazze e che ella tagliò, nonchè la ricevuta della generosa off erta fatta dalla stessa all’Arciconfraternita). L’asta nuova fu portata in processione, per la prima volta, solo da Confratelli anziani. Quella di S. Stefano, data la posizione supina del Cristo Morto, viene talvolta utilizzata come riparo di fortuna in caso di pioggia a protezione della statua stessa. L’attuale asta dell’Arciconfraternita della Morte, in velluto nero con guarnizioni dorate nelle fasce laterali, in seta nera al cielo esterno ed azzurro con stelle dorate recante l’immagine (in medaglione dipinto dalla pittrice Pansini di Giovinazzo) della Pietà nella parte interna, fu donata dalla socia dell’Associazione femminile Vincenza Cantatore (Vngenzell). Le mazze dell’asta di quest’ultima Arciconfraternita vennero improvvidamente accorciate successivamente al fi ne di farle entrare in un lungo banco che ancora attualmente le contiene, creando non pochi problemi ai portatori dell’asta stessa, data la consuetudine di far uscire e rientrare sia l’Addolorata che la Pietà facendole passare sotto l’asta sollevata. Astr’ a dondr Modo dialettale per indicare ai portatori dell’asta di ondeggiare la stessa nel procedere a seguito della statua (dondr = dondolo) nel percorso processionale. Il detto veniva utilizzato dal Cap’ast Antonio Chiarella di professione fruttivendolo che pretendeva, giustamente, dai portatori dell’asta stessa: Cammisa bianca, pantaloni oscuri e scarpo nero (sic). Attraccait l’giuvn Era un tipico modo di dire del mazziere Settdint che invitava i Confratelli della Morte a colmare i vuoti nelle fi le processionali, utilizzando il verbo attraccare che nella versione marinaresca signifi ca collegare tramite gomene il natante alla banchina. Auendass o fenel Tipico modo di alcuni portatori delle statue di Cristo Morto o della Pietà (coppie posteriori) di infi lare il braccio della spalla che sorregge la “Sdanga” nei sostegni dei fanali posteriori per evitare che questa tenda a scivolare sulla spalla stessa o per aumentarne la superfi - cie di appoggio. Avemerì a la Medonn. Antico rito d’invocazione alla Madonna che nella credenza popolare nella notte tra il 30 ed il 31 marzo vagava per le vie di Gerusalemme alla ricerca del Figlio. E’ riservata alle sole donne che tra la mezzanotte e le 4 del mattino recitano un lunga serie di preghiere ed invocazioni a Maria e si svolge sui gradini del Calvario. Alle 4 in punto, le partecipanti al rito, riverse con il viso per terra recitano tre Avemarie, poi si recano processionalmente alla chiesa del Purgatorio ove ciascuna, dopo aver bussato per tre volte alla porta della chiesa tramite il battente, chiede una grazia alla Madre di Gesù, indi ci si reca presso la chiesa di S. Stefano ove, dopo la recita del Padre Nostro, il rito ha termine. Per le donne impossibilitate a partecipare al rito è costumanza, alle ore 4 del mattino, levarsi dal letto e, riverse sul pavimento, recitare tre avemarie. Benn/Banda Complesso bandistico che accompagna ogni processione eseguendo le marce funebri di rito durante l’itinerario prestabilito ed a punti d’inizio tradizionali quasi per ogni marcia. Storici personaggi facenti parte di formazioni bandistiche sono stati: Celicchie (Bombardino), Baff oen (trombone a tiro) Pasqual (fl icorno), Dnetuccie u sgarzat (Sax), Taluccie, (tamburo) Sen Gherrar (inserviente), Fiorentin (Grancassa), Mbrllin (piatti) e anti altri che con entusiasmo e pochi soldi di ricompensa hanno reso e rendono indimenticabili le Pasque molfettesi. Biench Sospir Quando nella chiesa di S. Stefano si era tutti una famiglia perché si era in pochi, anche le finanze erano limitate ed i “sepolcri” si allestivano utilizzando fiori di campo che venivano razziati nelle campagne molfettesi da noi ragazzi che, quando venivamo sorpresi dalle guardie campestri, ci giustificavamo spiegando la destinazione dei fiori che “ern p’ Crist” e la facevamo franca; i biancospini venivano prelevati da grandi cespugli che si trovavano nel viale principale del cimitero. L’allestimento del sepolcro veniva realizzato a cura di “Giovenn” (Giovannni Camporeale) con l’ausilio di alcuni confratelli “sessrrist” tra cui Emilio detto “u chen d’ S. Stefn” (aveva una gamba rigida e perciò, stando seduto, lucidava i lumi in ottone delle statue) e soprattutto Saverio (uomo sempliciotto e di massiccia corporatura) che aveva una passione per i biancospini da lui chiamati con convinzione “Biench sospir”.

Autore: Angelo e Gennaro Gadaleta
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