Don Salvatore Pappagallo Sacerdote-educatore
La improvvisa dipartita di don Salvatore Pappagallo, sacerdote, musicista, artista, compositore, fondatore di una scuola di musica, apostolo dell’alfabetizzazione musicale popolare, formatore di generazioni di musicisti, cantanti, coristi di questa nostra città, ha lasciato in noi tutti profonda soff erenza e consapevolezza della perdita di una risorsa umana e sociale di grande valenza per la nostra comunità. Ad altri il compito di ricordarlo come compositore, direttore di coro, maestro di cappella. Già mons. Vescovo nella omelia ossequiale lo ricordava dotato del carisma sacerdotale per cui la musica sacra ha costituito il fulcro pastorale della sua vita, e suo fratello Mauro, docente d’organo al Conservatorio di Pescara ne esaltava la fi gura di artista a “tutto tondo” nell’ambito musicale. Allo scrivente e a tutto il gruppo di ex-allievi, oggi docenti, professionisti, dirigenti nella pubblica amministrazione, universitari tra il 1960 e ’70, appartenenti alla Fuci (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) egli rappresentò l’assistente capace di educarci, d’introdurci allo studio della liturgia e delle sacre scritture, alla lettura comprensiva dei documenti conciliari che via via venivano emessi e attualizzati, specie nel rinnovamento liturgico, accompagnandoci nella comprensione e maturazione della fede, per un laicato più consapevole del proprio sacerdozio comune e responsabile nelle scelte temporali. Era un periodo di entusiastica speranza di rinnovamento della chiesa del dialogo che si apriva con il papato di Giovanni XXIII e Paolo VI. Noi vivemmo, sotto la guida di don Salvatore, giovane sacerdote, nominato da Mons. Salvuccci, primo assistente della Fuci maschile e femminile, una stagione irrepetibile di formazione, di studi, di spiritualità di attività caritativa ma anche di ricreazione e svago. La nostra sede, nell’atrio vescovile, accanto alla gloriosa “don Bosco”, sede della GIAC (Gioventù italiana di azione cattolica), cominciava ad aprirsi al confronto con giovani e persone di partiti e/o sindacati laici, onde prepararci alle nostre responsabilità future. Anni gloriosi dell’azione cattolica diocesana che in quegl’anni ebbe un vicepresidente nazionale, dell’ACI, diversi responsabili regionali, tanto nella GIAC quanto della FUCI e membri dei consigli nazionali. Nella Fuci ordinariamente vi erano tre incontri settimanali organizzativi e formativi che si confi guravano come lettura e commento o conferenza sulla sacra scritture o su documenti conciliari; ricordo quelli sulla sacra liturgia, sulla Gaudium et Spes, sull’Apostolato dei laici. Vi era il venerdì la preparazione alla messa domenicale fucina che si svolgeva fi no agli anni ‘64/65 nella cappellina “Gagliardi”, quindi dopo il ’65 nella chiesa di S. Teresa. Ogni quindici giorni gli universitari si organizzavano per attività di assistenza alle famiglie dei carcerati. Don Pappagallo era l’operatore, l’animatore, l’infaticabile sollecitatore; ci consentì l’approccio e lo studio di libri di fi losofi quali J.Maritain e L. Bloi e teologi quali Y. Congar, H. De Lubac, C.M. Martini allora docente di sacra scrittura, di padre Marco Adinolfi , biblista all’Antonianum di Roma, Padre E. Gribomont docente all’anselmiano. I suoi convincimenti e la sua responsabilità pastorale lo portava a condividere con noi generosamente la sua stessa casa, che con l’ausilio dei suoi diveniva nelle grandi festività di natale, pasqua luogo conviviale ma anche di concerti e di buona musica, come da suo pari; con grande familiarità ci rendeva sua famiglia estesa. Ci invogliava e accompagnava ai grandi convegni e raduni nazionali e regionali, rendendoci partecipi delle tematiche più attuali della vita politico-sociale; ci indirizzava alla comprensione delle fi gure più signifi cative del tempo quali don Lorenzo Milani o Primo Mazzolari. Di grande valenza formativa per noi erano i convegni e le settimane teologiche estive della FUCI a Camaldoli di Arezzo, luogo uffi ciale donde erano nati il Codice di Camaldoli per la ricostruzione d’Italia nel dopoguerra ad opera di Fanfani, Moro, La Pira etc. Alle settimane estive all’oasi di san Paolo di Martina Franca abbiamo ascoltato lezioni magistrali di cultura biblica da Carlo Maria Martini, allora docente di biblica e poi arcivescovo di Milano, dell’assistente nazionale don Zama, di Mons. Costa, di M. Adinolfi , di Gribomont, di Gargano etc. Anche a Molfetta presso il Convento della Madonna dei Martiri si svolgevano giornate formative centrate sulla scrittura e/o su tematiche specifi - che; le giornate avevano come fulcro la liturgia della messa condivisa e partecipata con grande preparazione, spesso precedute dalla liturgia penitenziale. Don Salvatore era l’animatore profondo di queste giornate, consapevole della sua dimensione sacerdotale di essere “compagno di strada” di questi giovani che si preparavano alle diverse professionalità per entrare “cristiani maturi” nel mondo del lavoro. Anche l’educazione musicale, sua primigenia vocazione, era occasione per formarci; spesso, infatti ci portava con sé, divenuto docente al conservatorio di Bari, a concerti di particolare valore; abbiamo conosciuto suo tramite il maestro Nino Rota, A. B. Michelangeli e altri famosi pianisti. In Fuci promosse una fi lodrammatica che si esibiva durante le giornate universitarie fatte per determinare adesioni all’associazione, spesso chiamava gruppi teatrali e musicali. In vero, si sentiva ed era sacerdote con l’ansia di portare l’Annuncio all’uomo d’oggi nelle forme più opportune, operando con serietà, impegno, direi, pervicacia anche al costo di ingenerare un senso di tensione per mete talora troppo alte cui si sentiva chiamato e alle quali non si riusciva a corrispondere. Con “Trent’anni di note” (1977-2007), pubblicato dalla nuova- Mezzina nel 2008, don Salvatore ci dà il suo testamento che è per la città e per quanti ne accoglieranno l’eredità; ma a noi che l’abbiamo avuto amico, educatore dell’anima nei tempi della nostra formazione il grato riconoscimento come a colui che ha lasciato in noi indelebili segni, profondo stigma, tensione ideale per mete sempre più alte