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Denunciati 8 testimoni della morte di De Ceglie al “Park Club”
27 settembre 2001

MOLFETTA – 27.9.2001 Guai giudiziari in vista per otto testimoni della morte di Felice De Ceglie, il meccanico deceduto al lido “Park Club” (in via Giovinazzo accanto allo stadio “P. Poli, frequentato da una parte della borghesia cittadina) in seguito ad una caduta, sembra provocata da una spinta o da una gomitata di un uomo col quale avrebbe avuto una discussione. I carabinieri, dopo alcuni giorni di indagini, hanno formalizzato l’accusa di favoreggiamento nei confronti di testimoni presenti al fatto (si tratta di persone molto note in città), ma reticenti, perché non sembrano disponibili a collaborare con la giustizia. Ricordiamo la vicenda. I due uomini stavano litigando sul lido durante una festa da ballo, poi uno avrebbe colpito l’altro con una gomitata facendolo cadere e battere la testa: in seguito alla caduta il De Ceglie sarebbe morto. Secondo le ricostruzioni fatte dai carabinieri di Molfetta (nella foto la caserma della Compagnia CC), la vittima, Felice De Ceglie, 56 anni, meccanico, che era in compagnia della moglie, si sarebbe rifiutata di seguire fuori dal lido (nel quale si stava svolgendo una serata danzante), il suo aggressore, un coetaneo commesso di un’agenzia di vendita di autovetture. Sembra che tra i due sia avvenuto un diverbio, forse legato a motivi di lavoro, ma gli investigatori non escludono che l’aggressore avesse chiesto al De Ceglie di non immischiarsi più nel prendere le difese di una donna. Dalla discussione alla gomitata in pieno petto e il De Ceglie è stramazzato a terra. La moglie, poco distante lo aveva soccorso. Portato al pronto soccorso dell’ospedale di Molfetta il De Ceglie morì per arresto cardiocircolatorio. L’autopsia confermerà che la morte fu provocata dalla caduta con conseguente lesione di un paio di centimetri alla testa e dallo scuotimento della massa cerebrale che ne provocò un’emorragia interna. L’aggressore, che avrebbe precedenti penali per aggressione ai danni di una donna, è stato iscritto nel registro degli indagati della Procura della Repubblica di Trani con l’accusa di omicidio preterintenzionale. A far intervenire i carabinieri è stata una telefonata anonima che li ha informati dell’accaduto. L’inchiesta è condotta dal sostituto procuratore Luigi Scimè che ha già interrogato uno dei testimoni che ha fornito la sua versione dei fatti. Gli altri avrebbero preferito tacere per evitare di essere coinvolti. L’unica testimonianza, definita “fonte confidenziale” dai carabinieri avrebbe confermato che fra i due uomini, il De Ceglie e un suo conoscente coetaneo, del quale sono state fornite solo le iniziali, A. M., ci sarebbe stato un diverbio conclusosi con una gomitata in pieno petto e successiva caduta da parte del De Ceglie che avrebbe battuto la testa sul pavimento del gazebo del lido. La versione fornita dal presunto aggressore A. M. contrasterebbe con quella del testimone chiave: il meccanico gli avrebbe chiesto di saldare una pendenza di appena 20mila lire per un lavoretto di officina. A. M. si sarebbe rifiutato di soddisfare questa richiesta, sostenendo che il lavoro non sarebbe stato eseguito a regola d’arte. A quel punto, sempre secondo l’indagato, De Ceglie lo avrebbe bloccato alle spalle e lui avrebbe tentato di liberarsi per evitare brutte figure davanti a tanta gente. L’uomo poi avrebbe visto cadere il meccanico senza pensare a possibili conseguenze (l’autopsia ha accertato che De Ceglie è morto nel giro di 15 minuti). Continua comunque a circolare l’altra ipotesi, con contorno di pettegolezzi, che vuole il litigio legato alla difesa presa dalla vittima nei confronti di una socia del “Park Club”, oggetto di fastidiose attenzioni da parte dell’indagato. All’epoca la vedova di De Ceglie, signora Ottavia De Robertis, lanciò l’accusa di omertà: “Impossibile che nessuno abbia visto nulla, il bar era pieno di gente e due persone che discutono animatamente si notano facilmente. C’è un’omertà vergognosa, eppure mio marito era una persona per bene”. La vedova, perciò, invita i presenti a collaborare con la giustizia: “è un dovere morale anche nei confronti dell’indagato”, aggiunge. Ora quelle accuse hanno avuto una conseguenza. Non è escluso, tra l’altro, che il numero delle persone denunciate possa aumentare, visto che quella sera il lido era molto frequentato, anche per la coincidenza con una festa. Michele de Sanctis jr.
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