Dal convegno della meridiana di Molfetta comincia la sfida al cambiamento
La casa editrice per i suoi vent'anni di attività ha indagato il mondo delle relazioni possibili: nella scuola, nella famiglia, nella vita di fede e nell'impegno sociale
MOLFETTA -Relazioni finite. Luci spente in sala. Comincia ora la sfida verso il cambiamento. Con questa consapevolezza si è concluso il convegno nazionale “Doppio senso”, organizzato da “la Meridiana” a Molfetta per i suoi primi vent'anni di attività.
Due pomeriggi intensi di incontri che hanno spaziato e indagato il mondo delle relazioni possibili: nella scuola, nella famiglia, nella vita di fede e nell'impegno sociale.
Ieri l'apertura era stata affidata a un inedito dialogo tra “la toga e la musa” che ha visto protagonisti il pianista Emanuele Arciuli e Gherardo Colombo, ormai per sua volontà ex-magistrato, noto al grande pubblico per alcune delle più importanti indagini giudiziarie degli ultimi anni: dalla scoperta della loggia P2 al processo Imi/Sir passando per Tangentopoli.
Il magistrato milanese ha aperto uno squarcio sulla realtà presente in cui “si esce spesso dai confini pensando che tutto ciò che non è reato è giusto, in cui si è perso il riferimento a qualsiasi tipo di responsabilità che non sia penale, dimenticando ad esempio quella deontologica e politica”. Come sarà possibile leggere in modo più completo sul prossimo numero di Quindici, in edicola a dicembre, Colombo ha evidenziato che “nel nostro Paese i cittadini non hanno un buon rapporto con le regole, appena possono le eludono. Così ho scelto di dedicarmi a un'attività prodromica all'accertamento della corretta applicazione delle regole, ovvero alla spiegazione del senso stesso delle regole per cambiarne l'approccio del cittadino, e quindi applicarle piuttosto che eluderle”.
Proprio il cambiamento, o meglio come provocare questo cambiamento, è stato il tema cha ha accompagnato gli interventi dei relatori in tutto l'arco del convegno.
Anche nella musica, infatti, ha spiegato Emanuele Arciuli, “c'è una evoluzione continua del linguaggio. Molti pensano, a torto, che non sia così ma la creazione artistica comporta sempre una fine e l'illusione di un continuo rinnovamento. Ma questo presuppone che ci sia un innovatore ma anche che ci sia chi sia in grado di riconoscere questa innovazione”.
Il rinnovamento presuppone che ci sia un punto di partenza e questo non può non avere le sue radici nella storia stessa dell'uomo, che come ha sottolineato, in un teatrale quanto efficace intervento il prof. Antonio Brusa “vi è un doppio senso nella storia, che è scritta dai vincitori ma è fatta dai vinti” e per darne una corretta interpretazione suggerisce che “sia necessario mettersi proprio dal punto di vista dei vinti”.
Poi è stata la volta di un contributo audiovisivo, concesso in occasione del convegno dal filosofo e sociologo dell'università di Parigi Edgar Morin, che ha fatto rilevare che le certezze su cui ci si basava nel secolo scorso erano state elaborate dalla scienza classica sulla base di una “idea di determinismo totale”. Quindi si trattava di “illusioni di certezze” entrate in crisi con le scoperte in tutti i campi della scienza. La difficoltà dell'uomo oggi sono legate, dunque, al “problema che deve navigare in situazioni di incertezza e deve anche combattere contro la barbarie” che convive con il processo stesso di civilizzazione, tuttavia ha in “un'isola di certezza” l'approdo per superare i momenti critici.
Di conseguenza occorre che l'uomo sia coraggioso, soprattutto in questo tempo, in quanto “la paura è la passione dominante, che oggi ha sostituito quella speranza che era stata la cifra delle passioni degli anni Sessanta”. A dirlo è Franco Cassano sociologo dell'università di Bari, che spiega quanto sia cruciale l'azione collettiva, lontana da un “individualismo radicale e radicato nel presente, che ha difficoltà a guardare al passato e dedicarsi all'altro. Il problema è chi fa il primo passo, chi si assume il compito di sporgere la testa anche se ciò è rischioso e indispensabile”.
Se i sistemi di riferimento sono in crisi, negli interventi che si susseguono emerge come non se la passino meglio le strutture che dovrebbero accompagnare l'uomo in questo cambiamento.
La scuola da una parte, se è “poco funzionale al processo educativo”- per Paola Scalari- ma necessaria “per far capire al bambino che non è al centro del mondo come nella famiglia”; così com'era concepita è “morta con la fine della società industriale che l'ha generata”, nella riflessione provocatoria del critico letterario Goffredo Fofi .
Le religioni dall'altra parte “in questo momento sono egocentriche, preoccupate di restare in piedi. Non vogliono riconoscere che il mondo cambia, che c'è una domanda di trascendenza oltre la religione stessa. Hanno dimenticato l'ermeneutica, l'arte di interpretate le scritture”. Le parole di Antonietta Potente, teologa domenicana lanciano forti interrogativi anche sul ruolo delle chiese, e qui anche quella “la chiesa cattolica con la sua morale sta creando un argine che non riesce a stare dietro alle nuove domande” e a dirlo è un monaco benedettino, MichaelDavide Semeraro.
Cosa resta? Da dove partire per muoversi in questa complessa realtà e andare incontro al futuro?
“Il futuro ci sta dietro le spalle, non lo vediamo” e partendo da questa immagine Arnaldo Cecchini, urbanista sardo, ha giocato con quelli che sono alcuni dei mondi possibili consegnatici dalla fantascienza tra gli altri di Philip K. Dick. “Lo sviluppo nei trenta gloriosi anni, che sono andati dal secondo dopoguerra alla metà degli anni Ottanta, non ha tenuto conto del concetto di limite” ma oggi occorre vedere il mondo in un altro modo.
Non si è trattata di un lancio sterile di slogan. La brevità del racconto impone di lasciare solo questi input e tralasciare i ragionamenti attraverso i quali si è giunti a queste analisi. Nella mattinata, inoltre, i convegnisti si sono dedicati ai laboratori, e per gruppi si è scoperto e ci si è esercitati su come sia possibile passare dalla teoria alla pratica per diverse forme di responsabilità che generano nuove relazioni: creative, sensoriali, comunicative… solo per citarne alcune.
Ci si è lasciati, dunque, con la consapevolezza che il futuro deve tollerare le incertezze e le diversità, accettare anche una dose di sofferenza ma che si può essere agenti del cambiamento. “Finiamo con i puntini di sospensione – ha concluso Guglielmo Minervini, direttore editoriale de “la Meridiana” – l'epilogo è da scrivere. Lo scopo del convegno non era individuare gli ingredienti del cambiamento ma scoprire l'atteggiamento con cui accostarsi al cambiamento, esserne parte attiva. Potremmo scoprire così che una parte delle nostre laiche speranze possono realizzarsi”.
Autore: Michele de Sanctis jr.