Corso Umberto. I Palazzi - VIII
In origine la nuova arteria fu intitolata strada Principe Umberto poi, dopo il suo assassinio avvenuto nel 1900, fu semplicemente intitolata Corso Umberto I. Nell’ultimo dopoguerra per un breve periodo fu intitolata al deputato Giacomo Matteotti, ma fu poi ripristinata la prima denominazione. Completata la descrizione storica riguardante la fase della realizzazione di Corso Umberto I, compresa la stazione e il relativo piazzale, ci occuperemo ora della costruzione dei vari edifici che nel tempo hanno abbellito la strada e segnato i cambiamenti. Riscoprire la città nella sua prospettiva storica aiuta a dare valore al suo patrimonio urbanistico e nel contempo a riscoprire le radici del nostro modo di essere, delle nostre abitudini di vita, dei nostri comportamenti che nel loro ripetersi quotidianamente tendono alla superficialità, fino a dare tutto per scontato, senza porci alcun interrogativo su ciò che è avvenuto nel tempo. Per conoscere il territorio urbano, anche se limitato a una sola strada divenuta storica e vitale dove confluiscono diversi interessi, il supporto di varia documentazione (articoli di corrispondenze giornalistiche, antiche e nuove cartoline e molti ricordi personali) è molto utile alla nostra ricerca. Lo Stato delle Anime della Parrocchia S. Gennaro compilato per l’anno 1900 segnala nella nuova strada la residenza di 390 individui; gli immobili a piano terra erano tutti adibiti ad abitazioni private. Su iniziativa di qualche privato si incominciò a vendere davanti all’uscio di qualche abitazione frutta e verdure al minuto o altro genere di merce. Essendo divenuta, tra il 1950 e 1970, arteria di un grande commercio al dettaglio, ne seguì lo spostamento della frequentazione cittadina da Corso Dante a Corso Umberto I. In questo arco di tempo molti suoli liberi, che si affacciavano sulla via, furono edificati e iniziò la demolizione di alcuni edifici per costruirvi dei nuovi. Questo comportò un ammodernamento ma si corse il rischio di distruggere un tessuto edilizio primario nato da un progetto: unire la Ferrovia come nuova via di grande comunicazione con una città in espansione. E per capire questa espansione basta confrontare vecchie cartoline con le nuove per capire i cambiamenti. Le due ville: quella di Fontana- Gallo e Gagliardi sono esempi di edilizia extra urbana di residenza permanente di ceti borghesi e imprenditoriali, scelte di affermazioni politiche, sociali ed economiche. Purtroppo l’una e l’altra hanno avuto un diverso epilogo. Iniziamo ad esaminare ciascun palazzo o l’intera isola salendo verso la Stazione indicando solo il numero civico dei portoni di accesso alle abitazioni come segno di riferimento dello stabile. Palazzo La Fenice, Corso Umberto I, 2. Il tracciato della nuova strada lasciava a destra un’esigua parte del giardino facente parte dell’ex convento degli Osservanti di S. Berardino; in pratica era una striscia di terra a forma di triangolo isoscele allungato che terminava all’incirca all’altezza di Via Palummo. Nel 1873 a confine verso ponente vi era il giardino (una volta era dell’ex Monastero di S. Teresa) del sacerdote don Giovanni Panunzio fu Beniamino. Volendo regolare la sua proprietà con la nuova strada, nel 1878 chiese di acquistare dal Comune la detta striscia di terra pari a 375,75 m2. Fu valutata £.263,02. Nella relativa documentazione di acquisto vi è acclusa la pianta delle relative proprietà. Nel 1878 il Panunzio pagò l’importo dovuto al Comune. Il 14 febbraio 1891 a causa delle piogge crollò un muro divisorio tra il giardino di don Giovanni Panunzio e il soprastante giardino posto a sud di Elisabetta de Candia fu Giovanni, moglie di Francesco Attanasio fu Giuseppe, provocando diversi danni. Per evitare un litigio la de Candia vendette il suo giardino di are 16,7 al Panunzio. Il giardino murato con pochi alberi d’agrumi confinava a est con Corso Umberto I, a nord con Panunzio, a sud col fabbricato ereditati da Sergio Fontana e ad ovest col restante giardino dell’ex monastero di S. Teresa. Nel 1892 all’angolo di Corso Umberto I, sulla proprietà del Panunzio, il Comune aveva installato una bilancia pubblica e pagava per il fitto £. 100 annue. Nel 1907 il giardino Panunzio era di proprietà di Sgherza Biagio di Felice e Amato Ignazio di Corrado. Su una porzione di giardino prospiciente Corso Umberto I, Via V. Emmanuele e via Ugo Bassi già dal 1919 fu ricostruito il teatro la Fenice. Il teatro e il suolo attiguo su Corso Umberto furono acquistati da Pasquale Spadavecchia. Nel 1957, i fratelli Carlo, Alfredo e Silvio Spadavecchia figli di Pasquale vendettero l’area del teatro e dell’arena attigua all’impresa edile Coppolecchia Corrado, Amato Michele e La Martire Michele che demolirono il teatro e al suo posto costruirono un alto fabbricato urbano che la cittadinanza lo indica come il palazzo della Fenice. All’angolo con Via V. Emmanuele si aprì il negozio di giocattoli e altro della ditta Capozzi di Bari e all’angolo con Via Palummo si aprì il negozio di scarpe della ditta Cippone di Bari. © Riproduzione riservata ————— Bibliografia: Archivio Comunale Molfetta, cat. 2, vol. 57; vol. 62; cat. 17, vol. 323; Archivio Stato Bari, Sezione di Trani, notaio Vincenzo Raffaele Massari, vol.139, vol.151 nuovo versamento; Archivio Stato Bari, Catasto Terreni Molfetta, 1825 e 1930; per il cineteatro la Fenice vedi C. Pappagallo, Il cineteatro la Fenice, in “Quindici”, 2013, n.2-4-7-8.
Autore: Corrado Pappagallo