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Con un blitz all'alba, abbattuto il cementificio Gallo IL SACCHEGGIO 2
15 febbraio 2005

Non rimane in pratica nulla dell'ex cementificio Gallo. Prima le ruspe hanno buttato giù le ciminiere, poi attaccato con gli edifici, il resto lo ha fatto un incendio scoppiato non si sa come in una serata di pioggia scrosciante. L'abbattimento è stato possibile perché, con un atto urgente, il sindaco di centrodestra, Tommaso Minervini, ha dichiarato la “pericolosità” (ignorata per anni) dell'immobile, senza di esso non si sarebbe potuto muovere foglia fino all'approvazione del piano di comparto. I proprietari, l'impresa Lovino, hanno agito velocemente, visto che la DIA (dichiarazione di inizio attività) era stata presentata solo tre giorni prima e, guarda caso, la demolizione è iniziata proprio all'alba del 21 gennaio, giorno in cui era stata da tempo fissata la riunione di “Agenda 21” in cui si sarebbe discusso del futuro dei complessi industriali. Quasi a mettere la città davanti al fatto compiuto, quasi a distruggere prima che si levasse una voce a difesa di un pezzo importante della storia cittadina, spazzato via come tanti altri prima. Il nostro panorama, lo skyline cittadino portava, in quelle ciminiere, i segni tangibili della storia di “Molfetta Manchester del Sud”, ci ricordava l'orgoglio dell'essere stati i nostri nonni capaci di rimboccarsi le maniche, lavorare e creare ricchezza. In altra maniera che costruendo palazzi. La demolizione è stata preceduta da un protocollo d'intesa stipulato dall'amministrazione comunale con i proprietari, con il quale li impegna alla sistemazione e alla pulizia della zona e, in nome della salvaguardia dei manufatti di archeologia industriale, alla riqualificazione di almeno un pezzetto degli opifici, e cioè le due ciminiere del cementificio De Gennaro, quelle che si vedono da Corso Umberto, e della palazzina liberty dello stesso cementificio. Nulla è ancora deciso, ma potrebbero essere destinati a spazi espositivi. Costo dell'operazione: 500mila euro da prelevare dal bilancio comunale. Per farla breve delle 4 ciminiere se ne salva la metà e condannano le altre due, le più pericolanti, forse, anche le meno belle è stato detto. Chi abbia deciso sulla minore sicurezza e bellezza, non è dato saperlo, ad una precisa domanda, durante la riunione del forum di “Agenda 21” impiegata più nell'elaborazione del lutto che nella discussione di qualcosa non solo di deciso altrove, ma già attuato, cioè se il Comune sia in possesso di una perizia sua, oltre quella di parte, sul rischio di crollo delle costruzioni, l'assessore Uva ha risposto di no, vincolante, almeno sulla statica sarebbe stato il parere del capo dell'Ufficio tecnico comunale, sulla bellezza non si sa quale altro ufficio si sia espresso. Sull'area liberata dalla demolizione saranno costruiti palazzi, a cinque piani probabilmente. È stato l'ing. Mario de Gennaro, uno dei progettisti del comparto 18, all'interno del quale sono compresi gli ex cementifici, a chiarire il perché altre ipotesi, di ristrutturazione totale ad esempio, non erano ben accette ai proprietari dell'area. Ben il 40% del comparto stesso è vincolato a verde pubblico, in pratica la parte occupata dalla lama, un 40% che esprime volumetria, quindi i palazzi previsti da qualche da qualche parte andranno pur costruiti, l'area dei cementifici, fatta salva le costruzioni preservate, offrirà molto spazio. Gli abitanti del quartiere erano stati informati della demolizione direttamente dal sindaco in un incontro del 23 dicembre, il resto della città è stato messo davanti al fatto compiuto. In molti ne saranno contenti, gli edifici erano fatiscenti, la fame di case è atavica in una città che pure continua a perdere abitanti, ma non è stato nemmeno dato di discutere del recupero totale degli immobili, che pure altrove tentato, su cui esistono ipotesi, di interrogarsi sul futuro del quartiere, che non sarà certo aiutato a superare il processo di ghettizzazione che col tempo si sta attuando. Palazzi, non servizi, non spazi, non qualunque altro edificio di pubblico interesse che avrebbe migliorato la vita della zona. Le ruspe sono entrate in azione, veloci, senza dare ai molfettesi il tempo di chiedersi se il non recuperare quegli immobili, il non introdurre elementi di qualità urbanistica e di vivibilità, non finisca per condannare questa città ad un destino di triste periferia senza qualità. Piena di case, magari col parquet e la vasca Jacuzzi, ma brutta. Lella Salvemini lella.salvemini@quindici-molfetta.it
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