Compostaggio Mazzitelli condannato per reati ambientali Le motivazioni
Colpevole. Per il giudice Lorenzo Gadaleta (Tribunale di Trani, sezione di Molfetta) Alberto Deflammineis, rappresentante legale della ditta “Ing. Mazzitelli Orfeo SpA”, gestore dell'impianto di compostaggio, ha commesso reati ambientali di illecita gestione di rifiuti speciali ed urbani: si è reso responsabile, fra l'altro, di discariche abusive, ha consentito l'esercizio dell'impianto in modo gravemente difforme a quanto stabilito dalle autorizzazioni, ha provocato emissioni in atmosfera non autorizzate e maleodoranti. La sentenza di condanna, in verità, obbliga sia De Flammineis sia la ditta “O. Mazzitelli SpA” a risarcire le parti civili, riconosciute come parti lese (i proprietari dei suoli confinanti, l'Asm, le associazioni ambientaliste). La pena, le responsabilità dell'imputato, l'indulto Otto mesi di arresto e 8mila euro di ammenda: questa la pena comminata ai danni dell'imputato, condannato, inoltre, “stanti i molteplici abusi e le numerose violazioni dei doveri legali commessi nella sua veste” ad essere “sospeso, per la durata di un anno, dall'esercizio dell'attività di amministratore di società operanti nel settore dei rifiuti”. Netto e scevro da ambiguità il giudizio contenuto nella sentenza, con cui è stata motivata la pena: “la quantificazione della sanzione passa attraverso la valutazione estremamente negativa dell'operato del De Flammineis: partendo da quella che in astratto poteva apparire come una lodevole iniziativa imprenditoriale, egli non ha esitato a mettere a repentaglio l'ambiente, la popolazione e il territorio, creando condizioni locali insopportabili per l'intera comunità”. L'imputato, insomma, come responsabile della gestione dell'impianto, ha scientemente varcato i limiti imposti dalla legislazione in materia e, approfittando “furbescamente” di talune “disattenzioni degli enti pubblici”, ha finalizzato il proprio operato al trattamento (del tutto irregolare) di quantitativi crescenti e ingiustificati di rifiuti, pur essendo assolutamente al corrente - questo recita la sentenza - “dell'assenza di sbocchi di recupero o di smaltimento”. Reiterata e dolosa è stata, inoltre, secondo il giudice, la condotta dell'imputato che, mosso dal solo scopo di lucro, “ha portato avanti quella strategia criminosa per anni […] nel totale disprezzo per i valori primari di tutela dell'ambiente e di benessere pubblico”. Acclarate le responsabilità e stabilita la pena, il giudice ha dovuto, tuttavia, applicare la legge sull'indulto e dichiarare “condonata l'intera pena, ai sensi della legge 241/06”. Un gestore inaffidabile: i danni e le parti lese Chi ha subìto i danni determinati dalla pessima gestione di Mazzitelli? La collettività, innanzi tutto, oltre ai proprietari (i cui immobili sono stati privati delle loro effettive potenzialità d'uso) e alle associazioni ambientaliste (che, spendendosi in attività di sensibilizzazione alla raccolta differenziata, hanno visto vanificati i loro sforzi indirizzati all'incremento del riciclaggio e della migliore gestione dei rifiuti). A monte, per tutti, non sono soltanto ragioni strettamente ambientali, comunque gravissime e riconducibili per lo più sia all'enorme quantitativo di pericolose emissioni in atmosfera, sia alla sistematica immissione nel suolo del percolato derivante dal deposito incontrollato di rifiuti di ogni tipo. Tutti i cittadini (nessuno escluso) hanno anche 'pagato' di tasca propria le disfunzioni della passata gestione. L'Asm, come chiarisce il dispositivo, “è stata chiamata ripetutamente e per lunghi periodi ad assolvere compiti non evasi dalla società” e ha destinato, ad esempio, cospicue risorse allo smaltimento in discarica di rifiuti altrimenti destinati ad essere trattati all'interno di un impianto ben più vicino (e dunque anche molto più economico) dei siti poi effettivamente utilizzati per il deposito dei Rsu. La popolazione, poi, ha dovuto di fatto adempiere, con un finanziamento pubblico pari a 851mila euro, all' “intervento di rimozione dei rifiuti dall'impianto di compostaggio”, quando il sito è stato sottoposto a sequestro. “In altri termini - spiega bene il giudice - le ingenti spese che avrebbe dovuto sopportare la società di compostaggio sono state affrontate dagli enti pubblici che non potevano ovviamente tollerare il perdurante insulto all'ambiente e il blocco permanente del servizio, sempre per colpe riconducibili unicamente all'impresa ed al suo amministratore”. La richiesta della Legambiente In queste settimane le associazioni ambientaliste, oltre ad accogliere con favore la sentenza, sono “passate all'azione”. In particolare, il circolo Legambiente di Molfetta (già costituitosi come parte civile) ha inoltrato alla Provincia di Bari e alla Regione Puglia una richiesta formale di revoca dell'autorizzazione, già concessa nel 2003 all'impresa “Orfeo Mazzitelli”, a trattare 270 tonnellate di rifiuti. La stessa sentenza, infatti, ha definito erronea quest'autorizzazione, che, nei fatti, senza alcuna giustificazione tecnica, incrementava di quasi 200 tonnellate la portata massima di rifiuti trattabili dell'impianto. Le conseguenze della sentenza, i primi “cedimenti” della transazione Com'è noto, ancora prima che il giudice si pronunciasse, il Comune di Molfetta, che nel frattempo ha vanificato la sua costituzione come parte civile a questo processo (pur essendo il Comune la principale parte lesa!), ha ratificato un'ennesima convenzione di nuovo con la ditta “O. Mazzitelli” e sempre per la gestione del medesimo impianto di compostaggio. Una beffa, forse? Forse sì, tenuto conto che, tra i “premi” accordati a Mazzitelli, oltre a una consistente proroga dei termini della concessione (fino al 2021), vi è anche la possibilità di realizzare e gestire un impianto di produzione del Cdr. Al momento questa “possibilità” (che certamente l'impresa avrebbe tutto l'interesse di concretizzare) sarebbe resa più difficile da disaccordi interni all'Ato, l'autorità di bacino che riunisce i Comuni di Molfetta, Bisceglie, Trani, Barletta, Canosa, Andria, Corato, Ruvo e Terlizzi. Un elemento, questo, che, oltre a compromettere la realizzazione dell'impianto di Cdr, potrebbe mettere a rischio l'intero impianto della convenzione appena stipulata dal gestore e dal Comune.
Autore: Massimiliano Piscitelli - Tiziana Ragno