Come tutti sappiamo fra 5 giorni saremo chiamati a votare per i referendum abrogativi (cioè che, in caso di prevalenza dei SI, sopprimeranno – abrogheranno - alcune norme riguardanti la gestione e le tariffe dell’acqua, il ritorno dell’uso nucleare per produrre energia elettrica in Italia ed il legittimo impedimento per il premier e i ministri in carica a presentarsi in aula durante i processi penali a loro carico).
Da tempo, da quando cioè la Corte di Cassazione ha giudicato ammissibili i quesiti, avendo esaminato il contenuto dei medesimi e “aderendo” alla richiesta di oltre un milione di cittadini che, con la loro firma hanno espresso la volontà di misurarsi sui quesiti, il governo in carica ma soprattutto il premier, stanno operando per far sì che tale volontà popolare – ripetiamo, stabilita con un sovrabbondante numero di firme di cittadini – venga sterilizzata e quindi stanno facendo quanto in loro potere per evitare la consultazione.
Ricordiamo brevemente le azioni (si potrebbe definire boicottaggio) che sono state messe in atto da chi “teme” l’affermazione del SI (abrogazione, soppressione di norme giudicate contro il comune interesse/sicurezza ovvero norme che rendono alcuni, premier e ministri, giuridicamente “diversi” dagli altri cittadini):
- Nessun incoraggiamento alla raccolta delle firme per rendere efficace la celebrazione dei referendum (e questo, nell’ottica governativa è giustificato).
- Una volta raccolta la quantità di firme necessaria, occulta o zero pubblicità per sancire l’inutilità della consultazione.
- Rigetto dell’accorpamento (avrebbe prodotto un’economia di molte centinaia di milioni di euro) dei referendum durante la recente consultazione per le elezioni amministrative; questa “scelta” è stata fatta con l’intento del governo di far sì che magari al referendum NON si raggiunga il quorum del 50%+1 (che è stato largamente superato nel caso delle amministrative) di partecipanti alla consultazione, cosa che avrebbe vanificato la consultazione medesima: di fatto un altro “ostacolo”.
- Approvazione “estemporanea” di una norma che, per il momento ed a seguito della nota tragedia di Fukushima, con i reattori ancora NON IN SICUREZZA, dopo lo tsunami che li ha investiti ed ha danneggiato i sistemi di sicurezza, “congela” per un anno la volontà di procedere sul nucleare. Come tutti sappiamo, la norma estemporanea, lungi dal bloccare il quesito referendario relativo la nucleare, in forza di una recente sentenza della Corte di cassazione non ha prodotto il risultato voluto (dal governo), quindi il quesito resta valido.
- Dopo i risultati delle elezioni amministrative che, possiamo metterla come vogliamo, ma ha costituito un’autentica debacle soprattutto per il premier che, alla vigilia, ne aveva fatto un questione politica “personale” (salvo poi, a risultati acquisiti, fare la solita marcia in dietro e rifiutare la valenza POLITICA dell’esito, da egli medesimo evocato alla vigilia del voto), il governo ha …dato libertà di espressione di voto al referendum, ai suoi sostenitori.
- Ultima sortita è la notizia di un ricorso alla Corte costituzionale perché – a una settimana dalla celebrazione del referendum – ci si è accorti che i referendum sono INUTILI!, quindi non ha senso celebrarli.
In una Nazione solo un po’ meno democratica di quello che ancora è la nostra, stante queste premesse, il governo avrebbe agito “alla luce del sole” per bloccare la consultazione, ammesso e non concesso che si fosse potuto arrivare a questo punto. In Italia, dove malgrado lo strame che il C.D. – ma essenzialmente il premier ed i suoi staffieri (che NON è la traslitterazione del termine inglese staff, “personale addetto”, ma letteralmente la figura del servitore che teneva ferma la staffa al signore che montava a cavallo) stanno facendo della DEMOCRAZIA, e grazie ai poteri istituzionalmente riconosciuti al Presidente Napolitano, alla Corte Costituzionale, alla Corte di Cassazione – si deve ricorrere ad ogni artifizio, più o meno lecito per impedire la celebrazione di un rito che sancisce in pieno la sovranità e la primazia del Cittadino di fronte ad interessi di parte.
Non crediamo di inventare la fatidica acqua calda nell’affermare che il premier e certamente alcuni dei membri del governo temono la consultazione in sé (soprattutto alla luce della recente debacle elettorale alle amministrative), temono che il quorum sia raggiunto e superato e temono, non tanto l’esito dei primi tre quesiti: Acqua a gestione pubblica o privata; in caso di gestione privata, possibilità di adeguare il prezzo al’utenza, prevedendo la giusta remunerazione del capitale investito da privati, nella gestione dell’acqua; Reintroduzione delle centrali nucleari per la produzione di energia elettrica.
Temono, molto più verosimilmente l’esito del quarto quesito, cioè quello che vorrebbe abrogare la norma che attualmente esime (per ragioni di legittimo impedimento) il premier ed i ministri in carica, dal comparire in udienze giudiziarie penali nelle quali siano indagati, fin a quando essi conservano la carica istituzionale. Con il “pericolo” che questo possa portare anche ad un annullamento del reato per le più diverse ragioni: prescrizione, leggi che modifichino la giurisprudenza con la depenalizzazione dei reati per i quali sono inquisiti, ecc..
Adesso, ripetiamo a pochi giorni dalla celebrazione della consultazione, attenderemo l’esito che fornirà la Consulta, dopo attenta valutazione della materia in discussione. Dopo di che, nel caso di esito negativo per l’istanza della maggioranza, attenderemo con il fiato sospeso, che cosa altro vorranno inventarsi per ingarbugliare ancora di più la materia, già di suo complicata!
Sulla base delle considerazioni, speriamo oggettive che abbiamo riportato, ciascuno può trarre le conseguenze orientate dalla propria cultura. Noi osserviamo che ancora una volta il premier ed il suo schieramento politico, presi da un’ossessione di onnipotenza, in parte tradita dai recenti risultati elettorali, che hanno mostrato le reali “crepe” che ci sono e si allargano nell’apparente “monolito” dello schieramento di maggioranza, soffre e non poco il responso istituzionale del referendum. Così come continua a fare nelle sue vicende giudiziarie, che lo vedono imputato per reati che ha commesso prima della sua discesa in campo e che in una Democrazia (maiuscolo) non gli avrebbe consentito di salire a Palazzo Chigi, se non addirittura ai consessi istituzionali di Camera e Senato, rifiutando e posponendo in tutti i modi consentitigli dalle sue risorse, di farsi giudicare – badiamo bene – giudicare, dopo un regolare dibattimento in cui ciascuno fa valere le proprie ragioni.
Continua ad invocare, a torto in democrazia, il giudizio non del suo giudice naturale (la magistratura, nel caso delle sue vicende giudiziarie e la consultazione popolare nel caso del referendum).
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