Cento ragioni per essere demorandomcratico
È sotto gli occhi di tutti, oggi, come la crisi dei partiti politici non solo in Italia, ma anche in Europa e nel Mondo sia arrivata ad usurpare la sovranità popolare. I partiti sono un male non necessario e, forse, solo il sorteggio all’interno di bacini elettorali identificati potrebbe rappresentare una via d’uscita da una crisi che affligge da tempo le democrazie. Sono questi i presupposti da cui nasce la scommessa alla base dell’ultima fatica del prof. Cosmo G. Sallustio Salvemini, nipote di Gaetano Salvemini. Il libro Cento ragioni per essere demorandomcratico, edito Europa Edizioni, mostra infatti tutto il rammarico per una democrazia che ha perso il suo significato più profondo, andando a confinarsi nelle pieghe dell’immoralità umana, in animi irretiti dalla bramosia di potere. In Italia, in particolare, infatti la politica è strutturalmente e storicamente clientelare. Questo è un dato di fatto che non si registra solo a livello nazionale bensì locale. Ne è un esempio la politica di scambio e cambio alla base del cosiddetto “ciambotto”, formula pensata da Felice de Sanctis, direttore di Quindici, per definire in modo chiaro le strategie insite nelle elezioni comunali a Molfetta nel 2017 in un editoriale del giugno di quell’anno, citato nell’opera da Salvemini. Il problema dei partiti non è più da porsi nei vecchi termini della polemica aperta da Macchiavelli per stabilire se i fini possano o no giustificare certi mezzi e se successo e felicità possano coincidere. Il problema di oggi riguarda, come afferma il prof. emerito di Sociologia Franco Ferrarotti nell’introduzione, i mezzi che si trasformano in fini, gli strumenti che si pongono come scopi finali. E questo vale per qualsiasi tipologia di partito, da quello d’opinione a quello rivoluzionario, passando da quello di massa e ideologico sino ad arrivare al più moderno “movimento sociale”. Impressionante, coraggioso e crudele atto di auto-chirurgia, il libro di Cosmo Sallustio Salvemini ci insegna, una volta in più, che chiunque affermi di agire “nell’interesse del popolo” non dovrebbe limitarsi ed autodefinirsi “democratico” ma dovrebbe avere l’onestà intellettuale di essere demorandomcratico. Il potere, anche se acquisito attraverso mezzi legali, non può mai autolegittimarsi. Il sorteggio è la vera chiusura del cerchio. Un po’ come succedeva nella democrazia ateniese di Pericle, dove le cariche istituzionali venivano assegnate casualmente tra i soli cittadini illuminati, esperti ed onesti. E no, secondo Salvemini e, ancora prima, il suo parente Gaetano non è un’utopia.