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Celebrati a Molfetta i funerali di don Mimmo Amato con grande partecipazione e commozione
08 ottobre 2015

MOLFETTA – Una Molfetta sgomenta e incredula, un’atmosfera di dignitosa commozione mal trattenuta, lo sforzo di tanti, autorità comprese di non cedere alle lacrime non consone al ruolo istituzionale, ma la forza dell’amore per un uomo buono e amico di tutti, alla fine ha avuto il sopravvento. Era questo il clima che si respirava alle esequie nella Cattedrale di Molfetta, di Mons. Domenico Amato, per tutti don Mimmo, scomparso prematuramente a soli 55 anni, a causa di un improvvisa ischemia cerebrale che ha spento la sua esistenza in pochi giorni.

Una grande tristezza, pur nella convinzione che il ritorno alla casa del Padre è uno dei misteri che l’uomo non può comprendere, ma che un cristiano deve accettare: «Noi siamo tutti ospiti e pellegrini su questa terra, nell’attesa dell’incontro finale», ha detto l’arcivescovo metropolita di Bari mons. Francesco Cacucci, presidente della conferenza episcopale pugliese che ha concelebrato la messa con mons. Donato Negro, vescovo di Molfetta dopo la morte di don Tonino che oggi regge la sede di Otranto e mons. Felice di Molfetta, vescovo emerito di Cerignola. La cerimonia è stata trasmessa in diretta da Tele Dehon, da cui sono tratte alcune immagini.
Don Mimmo è andato via troppo in fretta e troppo rapidamente: e il dolore è stato, perciò, più grande e una morte incomprensibile, ingiustificabile, inaccettabile, per chi ha conosciuto questo prete, profondamente prete, come ha ricordato Gino Sparapano, successore di don Mimmo nella direzione del settimanale diocesano Luce e Vita: «Eccoci qua, don Mimmo, a porgerti un saluto che, con tono e parole diverse, avremmo voluto riservare per altra circostanza che tutti aspettavamo e avevamo motivo di aspettare. Il tuo lungo trentennio sacerdotale si è composto di tante sfaccettature che delineano il volto di un prete, totalmente prete, profondamente prete».

Anche il sindaco di Molfetta, Paola Natalicchio, fortemente commossa, ha sottolineato questa rassegnazione, che però è anche rabbia: «Lasciamelo dire, adesso, che non c'è più spazio nemmeno per la scaramanzia. Tutti, in queste settimane, abbiamo segretamente sognato che potessi diventare il nostro nuovo vescovo. Eri pronto, prontissimo a una chiamata importante. E' arrivata la chiamata sbagliata, don Mimmo. E non ti arrabbiare adesso se dico sbagliata. Se mi occupo di giudicare cose che sono proibite al giudizio della nostra finitezza. Ma sento bruciare lo strappo alla vita che hai subito. Sento pesare l'assenza, l'ingiusta sottrazione».

È il grido di dolore lanciato anche da Sparapano: «Facciamo nostre le parole di Paolo VI, pronunciate in occasione della morte di Aldo Moro, per dare voce al nostro stato d’animo, oggi. Abbiamo intensificato la nostra preghiera, ci siamo affidati agli amici che abbiamo in cielo, alla Vergine Maria; abbiamo stretto ancor di più i nostri legami, ci siamo aggrappati a ogni barlume di speranza per la salute di don Mimmo Amato, di questo prete buono, saggio, disponibile e amico. E tu non hai esaudito la nostra supplica».

Don Mimmo Amato, poco dopo aver festeggiato i 30 anni di sacerdozio, si è fatto carico dell’impegno gravoso di reggere la Diocesi di Molfetta, Giovinazzo, Terlizzi e Ruvo, dopo la scomparsa anch’essa repentina di don Gino Martella: «Gli eventi che questa Chiesa locale ha vissuto recentemente con la morte del Vescovo e dell’animatore diocesano testimoniano che siamo uomini che attendono e sappiamo che l’attesa è per l’incontro con Gesù, che è il figlio di Dio. È venuto a mancare un nostro caro fratello che ha lasciato la sua bella testimonianza. Tanti di noi lo hanno vissuto come padre, fratello e amico. Anche io ho avuto la gioia di beneficiare del suo servizio nella Diocesi di Bari negli ultimi 5 anni in modo più diretto. Lui fa da collegamento tra il nostro pellegrinaggio e la meta finale. Noi preghiamo per lui perché la misericordia del Signore lo avvolga e si senta partecipe della gioia dei santi e dei martiri in Paradiso, ma anche lui continuerà a vegliare su questa Chiesa», ha detto mons. Cacucci.

E la Chiesa locale che non si rassegna alla doppia perdita: «Don Mimmo, trovarci in questa Cattedrale e non trovarti in piedi con noi al centro dell'altare ci coglie impreparati. Un doloroso disagio ci accompagna in queste ore. Guardiamo la tua bara di legno increduli. Vorremmo vederti uscire adesso dalla sagrestia, o dal seminario vescovile. Con i tuoi paramenti, quel tuo sorriso sincero, i tuoi occhiali sul naso, i capelli neri sempre a posto, le braccia allargate, in mezzo alle candele e all'incenso. In mezzo a noi, come sempre. Fuori da ogni gerarchia, da ogni dogmatismo, da ogni inutile formalità – ha aggiunto il sindaco Natalicchio -.
Non ti risparmiavi, non conoscevi spavento nell'avvicinamento alla essenza delle cose. Il tuo pensiero alto e raffinato sapeva spogliarsi di ogni vestito. Sapeva salire, ma saliva perché voleva scendere. Scendere dove c'era bisogno. Scendere a toccare le cose. A farlo, il Vangelo, in mezzo alla comunità. Tu che eri stato parroco di periferia sapevi bene che il Vangelo non sta in alto ma sta sotto. Fuori dal centro, fuori dalle comodità. E allora facevi il Vangelo come si fa il pane: con l'impegno e con le mani».

E così, come le cose belle che durano poco, anche la vicenda terrena di don Mimmo si è conclusa, lasciando un nodo in gola a tutti (anche a chi scrive, che gli fu amico), che racchiude i propri sentimenti, le proprie emozioni, una grande tristezza e le lacrime che non trattieni più, mentre il feretro lascia la chiesa sulle spalle dei sacerdoti per percorrere l’ultimo viaggio terreno e cominciare quello celeste.

Ciao Don Mimmo, oggi siamo più soli, ma lo saremo meno se tu da lassù veglierai su questa comunità alla quale hai dato tanto, senza chiedere nulla, ma che oggi sono tutti qui a tributare un omaggio troppo prematuro che avrebbero volontariamente allontanato nel tempo. Don Mimmo, un sacerdote molto amato: nonem omen avrebbero detto i latini.
Continuiamo a chiederci il perché di questa improvvisa partenza. Ma vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole. Il resto è silenzio.

© Riproduzione riservata

Autore: Felice de Sanctis
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