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Caputo Mariano, lo scrivano di Molfetta
21 maggio 2014

La violenza e volgarità del linguaggio grillino deve aver definitivamente contagiato il consigliere comunale di Molfetta Futura, Mariano Caputo, che, sempre in cerca di visibilità, dopo aver testualmente detto durante l’ultima seduta della massima assise cittadina che una decisione del sindaco “va dritta in c... a questa città alla quale la maggioranza racconta solo caz…” continua con lo stesso tono sulla vicenda della chiusura degli uffici del Giudice di Pace a Molfetta.

In una prima lettera aperta attacca il sindaco su una “vergogna storica”. Quale? L’operazione mani sulla città? L’inchiesta del porto? Ma no… la chiusura degli uffici del Giudice di pace, disposta non certo dal sindaco ma dal governo Monti con il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156.
La cosa vergognosa – scrive il consigliere dell’opposizione di centrodestra - è che il Sindaco Natalicchio seppure informata da tempo sulla necessità di attivare le procedure necessarie al mantenimento dell’ufficio non ha trasmesso nei termini previsti dalla legge la richiesta determinando la chiusura dell’ufficio”.  
Il sindaco di Molfetta, Paola Natalicchio, ha risposto a questa lettera con una nota nella quale ha sottolineato: “che le tabelle con l’elenco degli uffici del giudice di Pace soppressi sono state pubblicate il 28 febbraio 2013 sul Bollettino ufficiale del Ministero della giustizia e sul sito Internet dello stesso dicastero. Da tale data è decorso il termine di 60 giorni per le domande di conservazione degli uffici da parte degli enti locali interessati. Dunque come si evince dalle istruzioni del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria pubblicate sul sito del Ministero della giustizia, le domande sarebbero dovute pervenire entro il 29 aprile 2013. Quando evidentemente al governo della città c’era il commissario prefettizio”.
Non ci sono state altre proroghe espresse, tanto che Mariano Caputo non le cita né nella prima nota né nella seconda in cui ritorna sulla questione con un altro comunicato nel quale attacca il sindaco che “continua a raccontare frottole ai cittadini” e parlando di disponibilità non meglio manifestata del Ministero di Giustizia “a rivedere la chiusura degli uffici prima dell’emissione del decreto ministeriale di soppressione”.
Il sindaco Natalicchio aveva specificato nella sua nota che una istanza di mantenimento al Ministero era stata effettuata “nonostante non sia stato possibile nei termini previsti”, il 18 aprile 2014 “in risposta a Decreto Ministeriale del  7 marzo  recante le disposizioni per la gestione degli uffici soppressi, nella quale ha confermato la disponibilità dei locali comunali e del personale delegato alla sede del giudice di pace di Molfetta. Richiesta – aggiunge il sindaco – che si inserisce nel tentativo, anche parlamentare, di portare il legislatore ad un eventuale allargamento delle sedi considerando i carichi di lavoro trasferiti attualmente a Trani”.
Dunque il confronto si sposta ancora sui tavoli romani, vista la disponibilità confermata dal sindaco di provvedere alle spese di mantenimento degli uffici.
Non sappiamo se questa istanza verrà accolta e in che misura il governo è pronto a riaprire il tavolo, ma non possiamo non evidenziare che questa confusione con cui l’opposizione di centrodestra finisce per dipingere tutti i provvedimenti dell’amministrazione comunale, sta travalicando i termini del confronto politico, come ha dimostrato la storia del peperoncino e del manifesto offensivo contro Paola Natalicchio.
Nella sua ansia di dispensare denunce e consigli, citando atti e lettere ed esibendosi anche come cantante in consiglio comunale, Caputo dimentica spesso una cosa fondamentale quando si scrive: la grammatica italiana. Nella sua penultima lettera dai banchi dell’opposizione l’ex assessore ai lavori pubblici (senza delega e senza potere nell’amministrazione Azzollini) ha scritto testualmente: “Purtroppo constatiamo, anche quest’anno, lo stato di degrado del mare e del litorale molfettese, ovviamente frutto dell’inerzia di questa amministrazione che avrebbero dovuto preservare il problema, la quale, più che spendersi con progetti inutili ad oggi non opera nella pulizia delle spiagge”.
Ma qui siamo a livelli di Totò scrivano in Miseria e nobiltà.

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Totò: Giovanotto, carta, calamaio e penna, su, avanti, scriviamo! Dunque, hai scritto? Peppino: Eh! Un momento, no! Totò: E comincia, su! Peppino: Carta, calamaio e penna... Totò: Oh!... Peppino: 'A carta… Totò: Oh!... Signorina... signorina... Peppino: Dove sta? Totò: Chi è? Peppino: La signorina. Totò: Quale signorina? Peppino: Hai detto "signorina!" Totò: È entrata una signorina? Peppino: E che ne so!... Avanti! Totò: Animale! Signorina è l'intestazione autonoma... della lettera... Oh! Signorina... Non era buona quella signorina lì? Peppino: L'ho macchiata. Totò: Signorina, veniamo... veniamo... Peppino: Veniamo... Totò: Noi... Peppino: Noi... Totò: Con questa mia addirvi... Peppino: Con questa... Totò: Veniamo noi con questa mia addirvi... Peppino: Mia... a dirvi... Totò: Addirvi, una parola... addirvi! Peppino: A dirvi una parola... Totò: Che... Peppino: Che! Totò: Che! Peppino: Che? Totò: Che! Peppino: Uno... quanti? Totò: Che? Peppino: Uno che? Totò: Uno che! Peppino: Che. Totò: Che! Scusate se sono poche. Peppino: Che... Totò: Che, scusate se sono poche, ma settecentomila lire, punto e virgola, noi, noi ci fanno specie che questanno, una parola, questanno c'è stato una grande moria delle vacche... Peppino: Una grande... Totò: Come voi ben sapete. Punto! Peppino: Punto. Totò: Due punti! Ma sì, fai vedere che abbondiamo, abbondandis adbondandum. Questa moneta servono... questa moneta servono... questa moneta servono a che voi vi consolate... Aho! Scrivi presto! Peppino: Con l'insalata... Totò: Che voi vi consolate... Peppino: Ah! con... avevo capito con l'insalata... Totò: Voi vi consolate... non mi fare perdere il filo, che ce l'ho tutto qui! Peppino: Avevo capito con l'insalata! Totò: Dai dispiacere... dai dispiacere che avreta... che avreta... che avreta... e già, è femmina, è femminile, che avreta perché... perché? Peppino: Non so! Totò: Che è non so? Peppino: Perché che cosa? Totò: Perché che? Oh! Perché… Peppino: Ah! Perché qua... Totò: Dai dispiaceri che avreta perché… è aggettivo qualificativo, no? Peppino: Io scrivo... Totò: Perché dovete lasciare nostro nipote, che gli zii, che siamo noi medesimo di persona - ma che stai facendo 'na faticata? Si asciuga il sudore! - che siamo noi medesimi di persona, vi mandano questo... Peppino: Questo... Totò: Perché il giovanotto è studente che studia, che si deve prendere una laura... Peppino: Laura.... Totò: Laura, che deve tenere la testa al solito posto, cioè... Peppino: Cioè... Totò: Sul collo. Punto, punto e virgola, punto e un punto e virgola. Peppino: Troppa roba! Totò: Salut... Lascia fare! Che dicono che noi siamo provinciali, che siamo tirati. Peppino: Ma è troppo! Totò: Salutandovi indistintamente... salutandovi indistintamente... sbrigati! Salutandovi indistintamente, i fratelli Caponi, che siamo noi... apri una parente, apri una parente e dici che siamo noi, i fratelli Caponi. Peppino: Caponi... Totò: Hai aperto la parente? Chiudila! Peppino: Ecco fatto. Totò: Volevi aggiungere qualcosa? Peppino: Ma io se... beh!.. senza nulla a pretendere, non c'è... non c'è bisogno... Totò: In data odierna. Peppino: Beh!, ma poi si capisce... Totò: Va bene, si capisce. Totò: Piega i lembi, avanti, svelto. Peppino: Ecco fatto! Totò: Chiudi, andiamo. Peppino: Ecco fatto, andiamo




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