Azzollini, dimissioni da sindaco a ottobre? No, nessun obbligo con un cavillo giuridico
Quindici r ivela il possibile “tr ucco”
Scenario apocalittico all’orizzonte politico di Molfetta. Le dimissioni del sindaco senatore Pdl Antonio Azzollini 180 giorni prima della data di scadenza del mandato di sindaco per l’incompatibilità elettiva sindaco-senatore sono state lo spauracchio di questi mesi. Il richiamo è palese nella delibera per il rinnovo dei contratti dirigenziali e persino nell’ultimo Consiglio comunale le dimissioni sono state considerate ormai imminenti. Eppure, Azzollini potrebbe resistere fino all’ultimo istante utile sulla poltrona di sindaco, prima dell’accettazione della candidatura al Senato. Anzi, accettare la ricandidatura al Senato, senza doversi necessariamente dimettere da sindaco. Poi dovrebbe solo attendere un pronunciamento sulla “decadenza del già decadente” per scadenza naturale del mandato di sindaco: decisione che potrebbe essere emanata anche a campagna elettorale compiuta, considerando i tempi d’intervento della Prefettura. È probabile che a ottobre il “supremo catapano” non elimini l’incompatibilità sindaco-senatore e si ricandidi al Senato con la fascia tricolore sul petto, favorito dalla prossimo decadenza del mandato amministrativo. In pratica, si altererebbero i principi democratici di sana e legittima competitività della campagna elettorale. Un precedente assoluto in Italia, che assumerebbe i contorni da repubblica ex sovietica. Potrebbe essere un’eventualità da cavillo giuridico, ma nel caso Azzollini scegliesse proprio questa strada, solo una vera e autentica civile e democratica rivolta popolare potrebbe costringerlo a un passo indietro. IL CAVILLO GIURIDICO Secondo il DPR n.361/57, con le modifiche introdotte dall’art.7 della Legge n.270/05, il sindaco di un Comune con popolazione superiore ai 20mila abitanti è ineleggibile a Senato e Camera, mentre decade dalla carica di sindaco se si candida al Senato. Inoltre, la Legge n.533/93 prevede la cessazione del mandato elettivo del sindaco almeno 180 giorni prima della data di scadenza per l’incompatibilità elettiva di sindaco-senatore. Cruciale è, però, il principio di incompatibilità elettiva, che si materializzerebbe con l’elezione e che, comunque, sarà vagliato dalla Commissione parlamentare. Infatti, l’ineleggibilità parlamentare influisce solo sulla capacità di ogni cittadino italiano di essere eletto al Senato o alla Camera, ma non sulla sua candidabilità. Dunque, l’Azzollini sindaco, già decadente per via dello scioglimento naturale del Consiglio comunale, potrebbe candidarsi al Senato, ma con pieni poteri per il disbrigo degli atti di “ordinaria amministrazione comunale” che non richiedono la convocazione del consiglio, in attesa della decadenza effettiva dal ruolo una volta accettata la ricandidatura al senato. La norma che stabilisce l’ineleggibilità alla carica di senatore sembrerebbe essere rafforzata anche dall’art.62 del Testo Unico degli Enti Locali: «Fermo restando quanto previsto dall’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 e dall’articolo 5 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, l’accettazione della candidatura a deputato o senatore comporta, in ogni caso, per i sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti e per i presidenti delle province la decadenza dalle cariche elettive ricoperte». Piccola, ma non insignificante distinzione: la norma si pronuncia solo sulla «decadenza dalle cariche elettive (già, ndr) ricoperte», non su ineleggibilità o incandidabilità. L’INELEGGIBILITA’ L’ineleggibilità, come già spiegato, non pregiudica la candidatura, ma sarebbe rilevata solo nell’ipotesi in cui il candidato fosse effettivamente eletto. La decisione sarebbe poi demandata alla Commissione per le incompatibilità che ha sempre espresso il proprio parere con notevole ritardo rispetto all’elezione e sempre in favore del presunto ineleggibile. Quale valore giuridico effettivo ha oggi l’ineleggibilità dopo le interpretazioni della Giunta per le incompatibilità di Camera e Senato? Pari a zero. Infatti, per il sindaco candidato alle elezioni politiche (Senato o Camera), le Giunte per le elezioni, competenti a norma dell’art.66 della Costituzione italiana, hanno considerato la causa d’ineleggibilità come sopravvenuta, non come preesistente, riconducendola nell’alveo delle incompatibilità e consentendo a sindaci e presidenti di Provincia di optare per la carica di parlamentare ad elezione avvenuta. Questo il trucco. Quindi, Azzollini non avrebbe l’obbligo di dimettersi dalla carica di sindaco entro 180 giorni, perché quell’obbligo è praticamente inesistente per un sindaco che non intenda o non possa più candidarsi. In pratica, non avrebbe la necessità di ricandidarsi a sindaco e farsi eleggere dopo che è stato eletto senatore a sindaco di Molfetta, preservando i due incarichi. Mutato lo scenario, mutata l’interpretazione della stessa norma. Nel caso fosse rieletto, quando la Commissione dovrà affrontare il problema, Azzollini sarà già ampiamente decaduto, oltre che per fine mandato, anche per l’intervento della Prefettura dopo l’accettazione della candidatura. Allo stesso tempo, la legge non definisce i tempi d’intervento della decadenza formale dal mandato, anche per un sindaco già decaduto a scadenza naturale, ma ancora in carica sino all’insediamento del successivo. Così si vanifica la norma non solo per il candidato non eletto (nessun problema sulla ineleggibilità perché non è stato eletto), ma soprattutto per quello eletto, considerata l’interpretazione consolidata della Commissione parlamentare (causa sopravvenuta). Perciò, il seggio del Senato non si perde in ogni caso, anche se un sindaco a fine mandato, non si dimette fino all’ultimo giorno della campagna elettorale. DEMOCRAZIA IN OSTAGGIO Di fronte all’assenza di precedenti giuridici, è verosimile che Azzollini elabori l’ultima e rivoluzionaria interpretazione della legge: il sindaco già in decadenza naturale di mandato, che non voglia o non possa più ricandidarsi per il vincolo dei due mandati consecutivi, potrebbe anche non dimettersi prima dei 180 giorni. Ma neanche 40 giorni prima delle elezioni legislative all’atto dell’accettazione della candidatura. Possibilità che non farebbe decadere in automatico anche l’amministrazione, guidata dal vicesindaco, forse lo stesso designato a capeggiare la coalizione, ma solo dopo l’intervenuta decadenza. Sarà estremamente difficile riconsegnare Molfetta alla democrazia, in ostaggio oramai da parecchi anni. Soprattutto se il candidato sindaco (fantoccio) di centrodestra, dopo essere stato eletto, possa essere da subito “obbligato” alle dimissioni, consentendo allo stesso Azzollini una nuova ricandidatura a sindaco (i mandati non sarebbero più consecutivi), con o senza il seggio senatoriale. Ed è forse questo il vero motivo dell’estrema difficoltà nel reperimento di un uomo che faccia da perno in questa “schizofrenica” strategia. La strumentalizzazione della legge e dei suoi cavilli giuridicointerpretativi potrebbe creare a Molfetta un corto circuito morale, etico e democratico durante la campagna elettorale con un’amministrazione ancora in piedi, guidata da Azzollini (prima della decadenza effettiva dopo l’accettazione della candidatura al Senato) o dal suo vicesindaco. Ogni eventuale problema interpretativo sarebbe rinviato alla Giunta delle incompatibilità al Senato e a una giustizia oramai silente, nonostante “gli armadi interi pieni di carte” che fino a oggi hanno prodotto solo il vuoto spinto.