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Attendere che la guerra finisca come Godot? Superare l’ansia e lavorare per la pace
15 marzo 2023

Se ci pensiamo bene, tutta la nostra vita è fatta di tante piccole e grandi attese: quelle personali, quelle degli altri nei nostri confronti e quelle collettive. Attese che viviamo con sentimenti contrastanti e che possono o meno risolversi in realtà. Alla fine del “nostro” inverno del Sud, per esempio, credo che un po’ tutti, in certi momenti, siamo colti da una sottile, spesso appena percepita attesa accompagnata alla speranza. Ci basta percorrere alcune strade delle nostre città, rasentando giardini pubblici o privati, o dando una occhiata alla campagna, magari quando siamo in macchina e andiamo al lavoro. I giorni di sole, che in Puglia non ci vengono negati anche in pieno inverno, si rivestono di presagi. Sono lì sui bordi delle strade, in una fioritura, su un gruppo d’erbe spontanee o nei campi, accanto alle casette, dove si ripongono gli attrezzi per il lavoro, o fra gli ulivi che riposano silenziosi: spuntano le chiome fiorite delle mimose e dei ciliegi, si schiudono gemme di biancospini. M’accade così, quando percorro la Statale 16 bis, di non poter fare a meno, ogni anno, d’esser attratto da questo straordinario spettacolo, che mi parla dell’attesa e del significato che questa parola riveste nella nostra esistenza. Viene marzo, quei fiori e tutto di quegli alberi (come d’altra parte fa ogni pianta) ci manda un messaggio, ci parla: “Sappiamo di aver commesso forse un errore – sussurrano nel vento – può giungere ancora un grande freddo e bruciare i nostri capelli, ma noi dobbiamo dirti, caro uomo, che qualcosa ogni anno ci nasce nel cuore e dobbiamo comunicartelo. Siamo nati per questo, perché tu possa riempire le tue giornate di speranza. Noi siamo l’attesa della primavera!”. Fermo l’auto su una piazzola di sosta. Non è prudente continuare a guidare se quel parlare mi dà da pensare. Rispondo allora a quegli alberi fioriti che loro non sono i soli a volerci far riflettere sul senso dell’attesa. La bellezza dell’attesa, e l’ansia che a lei si accompagna, è stata celebrata da secoli nella letteratura, nella poesia, nel teatro, nella musica e in tante altre discipline (la pittura, la filosofia, lo sport…) Ecco, l’ansia appunto! L’attesa può bloccare l’energia, togliere le forze, annullare il desiderio. Quanti uomini e donne fra le loro quattro mura, o in quelle del mondo, vivono nell’attesa di una luce, di una spiegazione al male e al bene, della morte, di come colmare una solitudine? “In qualche posto, in qualche modo, siamo sempre in attesa”, dice Philip Roth. E oggi? Quando assistiamo, ormai “in diretta”, ai massacri che si stanno compiendo in Ucraina e in altre parti della terra, non viviamo, più o meno consapevolmente, nell’attesa che tutto quello che vediamo abbia una fine? E lei, l’attesa, è lì, silenziosa presenza in un angolo della nostra mente. Arriverà la pace? Non arriverà? E quando arriverà, se dovesse arrivare? I personaggi di Beckett, aspettano che arrivi Godot, sapendo che qualcosa di imminente sembra giungere, ma che in realtà non arriverà mai. Tuttavia noi dobbiamo chiederci: “Potrà arrivare un tempo senza guerre nella storia della umanità? Oppure, volta per volta, noi che non siamo quelli di Godot, dovremmo arrenderci e lasciarci andare ad una passività colpevole? No, non siamo come loro! Ci tocca con coraggio affrontare la realtà, riempire il presente di azioni concrete che trasformino l’attesa in una occasione feconda di possibilità e risultati. E dobbiamo farlo, nei nostri rapporti quotidiani con gli altri, abbandonando l’indifferenza, riempiendo piazze e momenti di aggregazione, chiedendo con forza a chi ci governa di lavorare per la pace e non per la guerra. Per farlo, dobbiamo, dunque, vivere l’attesa con la capacità di sperare. È lo stesso messaggio di quegli alberi dei quali parlavano prima; ci ricordano le parole di Don Tonino Bello: “Se oggi non sappiamo attendere più, è perché siamo a corto di speranza”. L’attesa “attiva” deve, allora, accompagnarsi sempre alla speranza che la primavera arrivi dopo ogni inverno, altrimenti tutto diventa inutile. © Riproduzione riservata

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