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Assistenza psicologica nelle scuole: così Molfetta previene il disagio giovanile Nelle scuole di ogni ordine e grado della città quattro psicologhe professioniste dialogheranno con studenti, genitori e docenti
05 novembre 2010

MOLFETTA - L’assistenza psicologica entra direttamente nelle scuole. Anche quest’anno il Comune di Molfetta avvia il progetto di consulenza psicologica per prevenire casi di disagio o disturbi comportamentali tra adolescenti e giovani. L’iniziativa rientra tra le azioni del Piano Sociale di Zona 2010-2013 e si svolge in collaborazione con le scuole elementari e le scuole medie inferiori e superiori della città: quattro professioniste, sorteggiate tra gli iscritti all’albo regionale degli psicologi, svolgeranno 50 ore al mese di consulenza a diretto contatto con studenti, genitori e insegnanti. In tutte le scuole che hanno aderito all’iniziativa del Comune, le psicologhe opereranno attraverso uno “sportello amico” dedicato ad attività di ascolto e consulenza individuale; sono previsti, inoltre, percorsi formativi per gruppi-classe dedicati all’educazione relazionale-emotiva e socio-affettiva, incontri di formazione per genitori e counselling rivolto ai docenti.
Due sono gli obiettivi indicati nel progetto: ridurre il disagio scolastico, sociale, psicologico e familiare dei giovani e sostenere buoni modelli educativi a favore dei genitori.
«Le psicologhe non hanno ruoli terapeutici o di psicodiagnosi» precisa il dirigente del Settore Socio Educativo Giuseppe de Bari. «Il loro intervento consiste nell’osservare, ascoltare, individuare le forme di disagio ed eventualmente riferire ai servizi territoriali ASL competenti al fine di individuare insieme le migliori soluzioni di prevenzione». Confermata, per il secondo anno consecutivo, l’introduzione di un “Report” di fine progetto che le psicologhe completeranno al termine del loro lavoro come documentazione dei casi affrontati.
L’assessore ai Servizi Socio Educativi e alla Pubblica Istruzione, Luigi Roselli, sottolinea che «l’iniziativa è partita quasi in coincidenza con l’inizio dell’anno scolastico e quindi con largo anticipo rispetto agli altri anni. Si tratta di un’esperienza positiva che intendiamo consolidare e migliorare stimolando il coinvolgimento, sempre volontario, di studenti e famiglie. Crediamo che la scuola sia il luogo migliore per aiutare a riconoscere e affrontare tempestivamente alcune difficoltà specifiche che, se non affrontate in tempo, potrebbero evolvere negativamente». 

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In Svezia, il minore è al tempo stesso considerato come un cittadino a pieno titolo e come un individuo senza difesa, da proteggere quasi allo stesso titolo di altre minoranze: lapponi, immigrati ecc.. Dal 1973, esiste un ombudsman, un difensore civico, per l'infanzia, che svolge il ruolo di un "portavoce" dei bambini e la cui funzione è di sensibilizzare e orientare l'opinione pubblica in materia delle loro necessità e diritti. L'ombudsman non ha legalmente il diritto di intervenire nei casi particolari; in compenso, può esercitare pressioni sui pubblici servizi e i rappresentanti politici, proporre misure suscettibili di migliorare la condizione dei minori, responsabilizzare gli adulti nei confronti dei bambini e infine, attraverso un servizio telefonico permanente, fornire aiuto e sostegno ai piccoli in grave difficoltà. Vediamo dunque che la società svedese riconosce al minore ( come prima per la donna, come per l'immigrato, o qualsiasi altra minoranza ) dei diritti specifici che una specifica istituzione è incaricata di tutelare, con il duplice scopo di favorire l'integrazione più armoniosa del bambino nel consorzio sociale e di rispettare la sua individualità. Per esempio, nella società svedese il minore ha il diritto di conoscere il nome del proprio padre biologico, un diritto che viene garantito contro qualsiasi riserva e qualsiasi tabù. In primo piano vi è il diritto alla propria vita: nel caso specifico, si ritiene che la memoria delle origini costituisca una ricchezza. In Svezia, in caso di separazione dei genitori, si procede in modo analogo, e al figlio viene riconosciuto il diritto ad agire autonomamente, a seconda dell'età e del grado di maturità. La parità di diritti del figlio entra in collisione con la difesa della famiglia, rendendo necessaria e possibile, fino a un certo punto, una deprivatizzazione della privacy.



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