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Alluvioni ed altri disastri, perché manca la solidarietà
13 novembre 2010

In particolare per il Veneto, l’Autunno nei primi giorni di novembre, sembra costituire un periodo “notevole”.

Andiamo un po’ indietro negli anni, a quel 14 novembre del 1951. Erano passati circa sei anni dalla fine della disastrosa avventura bellica (2° Guerra mondiale): tutte le Nazioni si “leccavano le ferite” sia le Nazioni vincitrici ed ancor più quelle che avevano scatenato la follia ed erano state sconfitte.
 
Dicevamo: il 14 novembre il fiume Po, a seguito delle grandi precipitazioni favorite da condizioni perturbate e da venti meridionali forti che si stavano verificando in Veneto ma soprattutto nella Pianura Padana, costretto dagli argini che l’uomo nel corso dei secoli, per poterne sfruttare le acque e per convogliarne il flusso, aveva eretto un po’ dappertutto, in particolare sulle sue bocche a mare: appunto il Polesine, esondò, invadendo con le sue acque un territorio immenso, poco a monte del suo delta.
I danni furono epocali, ancor più sentiti e sofferti a causa delle precarie condizioni di vita degli Italiani nel primo dopoguerra.
 
Le statistiche scarne parlavano di 84 vittime (i corpi di alcune delle quali non furono mai trovati); 24.000 capi di bestiame annegati (erano tantissimi per l’epoca ed è facilmente immaginabile il danno subito dagli allevatori nel periodo topico post bellico quando la miseria era diffusa); furono allagati più di 100.000 ha di terreno coltivabile e pascoli; i Profughi che cercarono scampo dal disastro furono da 180.000 a 190.000; dalla data dell’evento catastrofico al 1961, si parla di un esodo definitivo di abitanti pari a più di 80.000 persone che abbandonarono case e tutto.
 
Primi giorni di novembre del 2010: 59 anni dopo l’evento sommariamente descritto sopra, ecco che più o meno le stesse condizioni meteorologiche (forti e persistenti venti meridionali) provocano precipitazioni quantificate in circa 500mm di pioggia in 48 ore (significa che in due giorni sono caduti 500 litri di pioggia per ogni metro quadrato di territorio) nelle Province di Padova, Verona, Vicenza e Venezia (il cuore industriale ed economico del Nord Est)!
L’Italia è una delle nazioni più ricche del Pianeta; il “benessere” (almeno per alcuni) è una felice realtà; in particolare per le popolazioni di quelle terre. 500mm di pioggia provocano grosso modo lo stesso disastro che provocò, all’incirca negli stessi territori, nel 1951 la piena del Po. Le cifre – sfortunatamente ancora provvisorie – dicono: Persone “alluvionate” 150.000; Padova e provincia 30% del territorio allagato; Verona 600 ha di territorio allagati; Venezia: notoriamente soggetta, in condizioni di venti dai quadranti meridionali, al fenomeno dell’”acqua alta”, per un giorno il livello della Laguna si è sollevato di 101cm rispetto allo zero mare; Vicenza 30% del territorio allagato ed in provincia 1.550 ha sotto l’acqua. I danni finora quantificati ammontano a 2 vittime, 150.000 capi di bestiame annegati, danni materiali stimati in un miliardi di € (prima stima dell’Autorità regionale), danni inquantificati al tessuto delle piccole Imprese del Territorio, le associazioni di Agricoltori stimano (secondo noi ancora cautelativamente) in € 250.000.000 il valore delle colture perse o danneggiate, sfollate circa 85.000 persone.
 
In occasione dell’alluvione del 1951, in tutta Italia (e se è per questo, in tutto il mondo) si scatenò una gara di solidarietà veramente inaspettata. Tutti gli Italiani, chi era, nonostante tutto, ancora benestante ed anche chi stentava perfino a menare un minimo di vita miserabile, fecero a gara per DONARE! Si donava di tutto: coperte, indumenti, stoviglie, chi poteva, generi alimentari, chi poteva, denaro. La macchina dei soccorsi (Stato, Chiesa, Volontari, singoli individui, Associazioni), pur nelle ancora precarie condizioni delle vie di comunicazione (ricordiamo che dalla nostra Regione la sola S.S.16 – che attraversava tutte le città e paesi delle coste adriatiche - collegava quelle regioni e quindi ci volevano circa 12 -15 ore di macchina) funzionò bene, per quanto è dato sapere dai notiziari radio che aggiornavano le notizie tragiche dal Polesine. Fu istituita una “tassa” per l’alluvione. La solidarietà di TUTTI oseremmo dire, leniva in parte le pene dei poveri alluvionati (addirittura fu coniato un dispregiativo che definiva “alluvionato” una persona indigente o misera!): eravamo, come si suol dire tutti nella stessa barca!.
 
Il disastro di oggi è paragonabile a quello del 1951 con la differenza che le condizioni socio economiche sono di gran lunga migliori, le vie di comunicazione più veloci, l’organizzazione più efficiente, la ricchezza del Paese infinitamente maggiore, i media ci aggiornano continuamente sull’evoluzione delle situazioni.
 
Constatiamo però che oggi non si è ancora organizzato, più o meno spontaneamente, quel “ponte” di aiuti umanitari così spontaneo e così generoso – tenuto conto delle condizioni disastrose della Nazione – che caratterizzò l’evento del ’51.
 
Quali potrebbero essere le ragioni di questa apparente apatia degli Italiani verso quelle popolazioni di Italiani?
 
Vorremmo azzardare delle ipotesi:
·       Forse siamo diventati più cinici? Non crediamo, perché in occasione del terremoto d’Abruzzo ed altre calamità, abbiamo fatto, chi più chi meno, la nostra parte.
·       Forse, a causa delle condizioni sociali e culturali che, un FEDERALISMO becero, sta creando nella nostra Nazione, sentiamo i nostri Fratelli alluvionati un po’ più lontani, spinti anche noi da una sorta di senso di ripicca verso chi (alcuni, per fortuna) in quei Territori teorizza un’autarchia stupida e provinciale che sta danneggiando inesorabilmente il tessuto della solidarietà e vicinanza sociale che sono sempre dovute nelle calamità, non importa a chi capitano.
·       Non crediamo che il “disinteresse” sia provocato dalle condizioni economiche attuali (tanti disoccupati e/o inoccupati, famiglie che stentano a …tirare avanti); no, eravamo messi di gran lunga peggio sessanta anni fa, eppure: quanto slancio e quanta solidarietà da parte di noi Italiani per altri Italiani.
 
Le ragioni potrebbero essere queste o altre che chiunque, secondo il proprio sentire, potrebbe portare. Resta tuttavia il fatto che siamo cambiati (forse in peggio) e siamo stati inconsapevolmente spinti, da alcuni “teorici” dell’ ognuno per séa rimuovere il sentimento di solidarietà e di appartenenza ad un'unica Nazione, nel bene e nel male.                                                                                 
 
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Autore: Tommaso Gaudio
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Forse il tenore e la forma del mio scritto, in risposta alle asserzioni di Parente, ha generato qualche piccolo fraintendimento nel forum. Se è così me ne assumo piena responsabilità: vuol dire che non sono riuscito a comunicare efficacemente il mio pensiero (non solo all'ineffabile Parente). Per me non c'è assolutamente nulla di dispregiativo quando parliamo dell'Africa (e anche degli altri Continenti, ciascuno con le sue peculiarità culturali, etniche, sociali) e dei suoi Abitanti. Condivido in pieno quanto asserito da un altro Partecipante, sulla convinzione che è stato esattamente il Colonialismo la madre di tutte - o di almeno gran parte delle sciagure di quei Popoli. La forma di sfruttamento totale più odiosa e dannosa per chi ne è vittima (io lo accomuno ad una sorta di schiavismo in chiave maggiore), che ha coperto, se non annullato civiltà che a loro modo erano estremamente evolute e sofisticate: non dimentichiamo MAI quel che i rappresentanti di sua maestà CATTOLICA di Spagna (coadiuvati attivamente dalla Chiesa di allora) hanno perpetrato contro gli INCAS e gli AZTECHI, o la "guerra" dichiarata dai MAU MAU, in Kenia, contro gli occupanti britannici. In conclusione, la CULTURA è fatta di originalità con pari dignità. Nessuno dovrebbe avere il diritto di ergersi ad essere superiore, men che meno chi predica certi concetti, che credevamo scomparsi proprio all'indomani del grande Conflitto, ma che sempre più tornano in auge, forse per nostalgia razziale????
visto che si vuole la contrapposizione Nord-Sud , che contrapposizione sia!!!! ...il non volersi piu' sentire una COLONIA, il rivendicare con fierezza le nostre radici e' gia' un voler fare i conti con se stessi, con i propri errori e quindi ammettere, implicitamente, delle colpe!!! sfatiamo dei miti... non sono tanto convinto che siano lavoratori indefessi coloro i quali calpestano il suolo al di la' della linea Gotica ( inchiesta Spatuzza docet); riguardo la monnezza se si scava un po'( non molto) si scopre che forse quel surplus proviene dal tanto operoso Nord ( inchiesta Marcegaglia docet) e lo stato emergenziale perenne dello smaltimento dei rifiuti e' una condizione vantaggiosissima per il tessuto industriale del Nord medesimo; a questo proposito consiglio di rileggersi GOMORRA o, per i piu' pigri, rivedersi il film ( il personaggio interpretato dal grandissimo Tony Servillo e' molto eloquente in merito); sara' di parte, ma rende benissimo l'idea!!! ... della serie "non si fanno mancare nulla", riguardo la Malasanita'( termine improprio) non c'e' solo la Sicilia e la Calabria a far da battistrada ma non dimentichiamoci della clinica San Carlo e, soprattutto, del processo alla clinica Santa Rita ( andato a sentenza); infine, non tralasciamo la madre di tutte le infamie, TANGENTOPOLI...credo che questi siano riferimenti piu' che imparziali, visto che sono FATTI!!!!!...preferisco PETER PAN con tutti i suoi errori ( e ce ne sono) a una manica di invertebrati, razzisti e collusi!!!! P.S. come mai questi indefessi nordisti, tanto ligi al dovere votano LEGA pur essendo stata coinvolta in Tangentopoli e altre schifezze varie?...forse, forse non sono tanto diversi da noi, i "lavoratori" da Perugia in su', questa e' la dura e cruda verita'!!!!!...

Simpatica e distratta la diatriba del “ritorno in Africa” fra i contendenti Gaudio e Parente: quanto mai naturale e veritiera se dall'Africa è iniziata l'avventura umana così come asseriva Darwin. E forse non si sbagliava. Era un Homo erectus, il nostro più diretto antenato. Un milione e mezzo di anni fa annegò e fu calpestato da un ippopotamo L'antropologo Alan Walker lo ha riportato alla luce con la moglie Pat, ne ha costruito il suo ruolo nell'evoluzione. “Così abbiamo scoperto Adamo” – hanno detto. Il cranio nero appartiene a una nuova specie di ominide: un anello mancante di due milioni e mezzo di anni. Il 22 agosto 1984 tra le colline aride del Kenia settentrionale, con una temperatura di 57 gradi, ci fu una eccezionale scoperta. Una spedizione della National Geographic Society era accampata sulla riva occidentale del Lago Turkana e setacciava il terreno alla ricerca di fossili. Tra i sassi affiorò prima un pezzetto di osso bianco. Era un rettangolo di tre centimetri per due. L'esperienza del capo della spedizione il sig. Kamoya Kimenu, fece subito pensare che si trattava di un frammento del cranio di un ominide. Lo mostrò all'esperto del gruppo, il paleoantropologo l'inglese Alan Walker, che riconobbe l'osso frontale di un Homo erectus, la prima specie di homo apparsa sulla terra. Nei giorni successivi, vennero alla luce altre ossa. Prima la scatola cranica, poi le costole, frammenti del volto, il bacino, le vertebre, le ossa lunghe di braccia e gambe, infine i denti. I cacciatori di fossili avevano trovato lo scheletro completo di un ominide, un ragazzo, vissuto un milione e mezzo di anni fa. Abbiamo sempre pensato che l'antenato dell'Homo sapiens fosse basso e tarchiato. Il fossile del Turkana ci ha dimostrato che invece era alto e snello. Adamo? Siamo partiti dall'Africa, e all'Africa ritorneremo carissimi Gaudio e Parente. Un saluto.


Un elemento importante è il fatto che gli uomini non possono vivere senza una qualche specie di collaborazione con gli altri. In tutti i tipi possibili di civiltà, l'uomo deve collaborare con gli altri se vuole sopravvivere, sia per difendersi dai nemici o dai pericolo della natura, sia per poter lavorare e produrre. Persino Robinson Crusoe aveva la compagnia di Venerdì; senza di lui probabilmente non solo sarebbe diventato pazzo, ma sarebbe senz'altro morto. La natura umana non è una somma totale di impulsi innati e biologicamente fissi e nemmeno è un'inerte ombra di modelli culturali a cui si adatti agevolmente; è il prodotto dell'evoluzione umana, ma anche certi meccanismi e certi leggi intrinseche. Nella natura umana esistono fattori che sono fissi e immutabili: la necessità di soddisfare gli impulsi condizionati dalla fisiologia e la necessità di evitare l'isolamento e la solitudine morale. Il bisogno incoercibile di evitare l'isolamento morale è stato descritto vigorosamente da Balzac in questo brano de “La sofferenza dell'inventore”: “Ma impara una cosa, imprimitela nella mente che è ancora malleabile: l'uomo ha in orrore la solitudine. E di tutte le specie di solitudine, la solitudine morale è la più terribile. I primi eremiti vivevano con Dio, abitavano in quel mondo che è il più popolato di tutti, il mondo degli spiriti. Il primo pensiero dell'uomo, lebbroso o prigioniero, peccatore o invalido è questo: avere qualcuno che condivida il suo destino. Per soddisfare questa aspirazione, che è la vita stessa, egli impiega tutte le sue forze, tutto il suo potere, l'energia della sua vita intera. Satana avrebbe trovato dei compagni se non avesse avuto questa spinta indomabile? Su questo tema si potrebbe scrivere un'intera epopea, che costituirebbe il prologo a “Il Paradiso perduto” perché Il Paradiso perduto non è altro che l'apologia della ribellione”.
L'ottimo Parente commenta il mio scritto con una sua dichiarazione che sembra essere un "boomerang" per il chi l'ha fatta. Cerco di spiegare il mio punto di vista: Lui sostiene che se non avvessimo partecipato attivamente alla follia della 2° G.M., da ...protagonisti, forse non avremmo ancora (io in particolare) "assaggiato il pane" e saremmo ancora a livello dell'Africa (al quale stiamo tornando). Caro amico, ma ti rendi conto di quello che scrivi? Dal tenore del tuo scritto deduco che, secondo il tuo modo di pensare, il "VENTENNIO" sia stato in tutto e per tutto "salutare" per gli Italiani. Poi con un perfetto dietro front insinui che in quel tempo alcuni (molti degli Italiani) non ..."conoscevano" nemmeno il pane (leggi: erano nella miseria più nera, perché se manca anche il PANE, sarebbe meglio morire: neanche ad un poveraccio si nega un tozzo di pane). Credo si tratti di un ossimoro, il tuo. Cioé tu affermi che solo grazie alla guerra (disgraziata, nelle condizioni di miseria, lo dici tu stesso nella tua dichiarazione, in cui versava l'Italia sotto il Fascismo) - salutare, malgrado le tragedie, le rovine, i morti, e tutte le altre belle cose che i conflitti portano ai vincitori e sopratutto ai vinti - siamo riusciti a mangiare (conoscere dici tu!) il pane. Da questo si deduce che se fossimo rimasti col Fascismo, non avremmo ancora conosciuto il pane! ...Fra poco torneremo in Africa! Non so tu, ma io, in alcuni momenti, sento che in Africa (ovvero in certi Paesi retti da dittature non ancora violente, pur tuttavia striscianti) ci siamo già (con tutto il dovuto rispetto per quelle Terre e per i loro Abitanti che non credo siano tanto diversi da noi), anzi si spera, a breve di TORNARE IN EUROPA DOVE, ALMENO GEOGRAFICAMENTE, E' SITUATA L'ITALIA. Saluti.

I veneti sono un popolo operoso, ma solo in rari casi simpatico e cordiale. Nella maggior parte dei casi sono ignoranti, irosi, pieni di sé e della loro "ricchezza", sono razzisti e classisti, votano la Lega e il PdL, ed altro che sbarazzarsi della Padania, sono i primi a volerla, più dei lombardi! La ciliegina sulla torta sono le ultime dichiarazioni di Zaia, "Governatore" (quanto odio questo appellativo americanizzante da Impero Romano) della Regione alluvionata, che piuttosto che stare a rimboccarsi le maniche come fanno i suoi cittadini per risollevare le sorti del territorio devastato anche da anni d'incuria e dalle conseguenze della speculazione edilizia galoppante, vorrebbe che il governo risparmiasse il più possibile sui restauri di Pompei, perché in fondo, a suo dire, non sono che ruderi... A questo punto il Veneto si meriterebbe di essere lasciato senza aiuti e senza riduzioni di tasse per anni. Lasciare che si riduca come le regioni colpite dal terremoto dell'Irpinia, e che quei boriosi ignoranti piccol-imprenditori che votano Lega e schifano i "Terùn" si riducano come gli aquilani: sfollati, baraccati, disoccupati, per anni e anni. Che il ricchissimo Veneto divenga peggio della Campania e della Calabria, con le pezze al culo; che debba mendicare. I veneti operosi ed intelligenti, quei pochi che si salvano, emigreranno al sud come oggi i meridionali emigrano a nord, ed ivi faranno impresa, riuscendo magari anche a risollevare le sorti economiche, politiche e sociali delle regioni dove si stabiliranno. Gli altri, quelli che costituiscono la base della Lega, del razzismo, del secessionismo, che marciscano nel fango! Questa è l'occasione buona per fargli assaggiare un po' dell'amara medicina che decenni di sfruttamento e sottosviluppo forzato voluto dall'establishment politico/economico del Nord ha voluto somministrare al mezzogiorno!!

IPOTESI - In passato ci si fidava delle parole dello “straniero”, fino a prova contraria. Non dubitavamo dell'onestà di una persona finchè non scoprivamo che ci mentiva. Oggi, invece, le giovani generazioni diffidano dello “straniero” considerandolo con sospetto, perché vivono in un mondo di eccessi e di contraddizioni con la loro esperienza quotidiana e con le notizie che ricevono ogni giorno. Essi si identificano più che altro con le azioni e confessioni dei protagonisti dei reality show televisivi di successo. Il messaggio lanciato da questi spettacoli ci dicono che bisogna diffidare dello “straniero”. Questi reality televisivi che hanno catturato l'immaginazione di milioni di telespettatori sono stati le prove generali della spendibilità degli esseri umani. Essi mandano il messaggio che nessuno è indispensabile e che nessuno può pretendere di guadagnare qualcosa solo perché ha contribuito in modo determinante al lavoro comune, e ancor meno perché ha semplicemente partecipato. Il messaggio è: la vita è un gioco duro fatto per i duri. Ogni nuovo gioco rimette il conteggio a zero, i meriti passati non contano più e si vale quel che si vale per il tempo della gara. Ogni giocatore gioca per sé, salvo che per progredire bisogna allinearsi con alcuni giocatori ed escluderne altri che a loro volta non si farebbero scrupolo di escludere i primi se ne avessero l'occasione. Ma il fine ultimo è di escludere anche quei giocatori con cui si è collaborato quando non c'è più bisogno di loro. Se non diventi più forte e più spregiudicato degli altri, sarai fatto fuori senza rimorsi. Siamo tornati nel mondo di Darwin: solo i più forti sopravvivono, o meglio, il fatto che sopravvivono è prova che siano i più forti. (Z.Bauman - Homo consumens)
1° Parte. - Personalmente dissento dalla “solidarietà che non c'è". La solidarietà esiste e mai come in questi tempi confusi, è più che solidale. Basta pensare alla tante e molte Associazioni di Volontariato esistenti e operose su tutto il territorio nazionale, in tutto il pianeta. Forse non basta o forse necessita di più collaborazione popolare, di una maggiore compattezza e mediazione politica; di un maggior controllo alle tante “false” operazioni di solidarietà che hanno sfiduciato una buona parte della gente. Colgo l'occasione di ringraziare le Associazioni e tutti coloro che vi fanno parte, sacrificando il proprio tempo libero. Tutto il resto si potrebbe collocarlo su di un problema culturale contemporaneo. A definire il problema nella sua centralità, diffido del mio istinto, e mi affido allo studioso, allo scienziato, all'esperto, perché molti sono i risvolti psicologici e morali della questione. – Un tempo le speranze erano invero tali da mozzare il fiato. I portatori di Lumi, i dotto, gli intellettuali credevano di avere qualcosa di grande importanza da offrire a una umanità malata e in attesa; credevano che gli studi umanistici, una volta seguiti e assimilati, avrebbe reso le persone più umane; che avrebbero riplasmato la vita degli esseri umani, i loro rapporti, la loro società. La cultura, prodotto collettivo e proprietà cara agli intellettuali, era vista come l'unica possibilità che l'umanità aveva di respingere i pericoli congiunti dell'anarchia sociale, dell'egoismo individuale, dell'unilaterale, mutilante e sfigurante sviluppo del sé. La cultura doveva essere uno sforzo guidato, ma entusiasticamente e universalmente condiviso, per raggiungere la perfezione. (segue)

2° Parte. - Nessuno ha espresso questa speranza più acutamente di Matthew Arnold: La cultura, che è lo studio della perfezione, ci conduce a concepire la vera perfezione umana come una perfezione armoniosa, che sviluppa tutti i lati della nostra umanità; e come una perfezione generale che sviluppa tutte le parti della nostra società. L'idea della perfezione come di una condizione interiore della mente e dello spirito urta contro la civiltà meccanica e materiale che è apprezzata da noi. L'idea della perfezione come di una espansione generale della famiglia umana urta col nostro forte individualismo, col nostro odio per ogni limitazione al di sfrenarsi della personalità individuale, con la nostra massima del “ciascun per sé”. Soprattutto l'idea della perfezione come armoniosa espansione della nostra natura umana è in contrasto con la nostra mancanza di flessibilità, con la nostra inettitudine a vedere più lati di una stessa cosa, col nostro concentrato, attivo assorbimento nella particolare ricerca che ci troviamo a perseguire. Ma la cultura indefessamente si studia, non di erigere a norma su cui modellarsi ciò che possa piacere a qualsiasi persona incolta; ma di avvicinarsi sempre più a un senso di ciò che è veramente bello, grazioso, decoroso, e di far sì che esso piaccia alla persona colta. – Quel che individui posti al culmine della civiltà vedevano come grazioso e decoroso, era veramente grazioso e decoroso. Non esistevano altri metri di giudizio con i quali misurare la bellezza e il valore. (Tratto da: La decadenza degli intellettuali” – Z.Bauman)

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