In particolare per il Veneto, l’Autunno nei primi giorni di novembre, sembra costituire un periodo “notevole”.
Andiamo un po’ indietro negli anni, a quel 14 novembre del 1951. Erano passati circa sei anni dalla fine della disastrosa avventura bellica (2° Guerra mondiale): tutte le Nazioni si “leccavano le ferite” sia le Nazioni vincitrici ed ancor più quelle che avevano scatenato la follia ed erano state sconfitte.
Dicevamo: il 14 novembre il fiume Po, a seguito delle grandi precipitazioni favorite da condizioni perturbate e da venti meridionali forti che si stavano verificando in Veneto ma soprattutto nella Pianura Padana, costretto dagli argini che l’uomo nel corso dei secoli, per poterne sfruttare le acque e per convogliarne il flusso, aveva eretto un po’ dappertutto, in particolare sulle sue bocche a mare: appunto il Polesine, esondò, invadendo con le sue acque un territorio immenso, poco a monte del suo delta.
I danni furono epocali, ancor più sentiti e sofferti a causa delle precarie condizioni di vita degli Italiani nel primo dopoguerra.
Le statistiche scarne parlavano di 84 vittime (i corpi di alcune delle quali non furono mai trovati); 24.000 capi di bestiame annegati (erano tantissimi per l’epoca ed è facilmente immaginabile il danno subito dagli allevatori nel periodo topico post bellico quando la miseria era diffusa); furono allagati più di 100.000 ha di terreno coltivabile e pascoli; i Profughi che cercarono scampo dal disastro furono da 180.000 a 190.000; dalla data dell’evento catastrofico al 1961, si parla di un esodo definitivo di abitanti pari a più di 80.000 persone che abbandonarono case e tutto.
Primi giorni di novembre del 2010: 59 anni dopo l’evento sommariamente descritto sopra, ecco che più o meno le stesse condizioni meteorologiche (forti e persistenti venti meridionali) provocano precipitazioni quantificate in circa 500mm di pioggia in 48 ore (significa che in due giorni sono caduti 500 litri di pioggia per ogni metro quadrato di territorio) nelle Province di Padova, Verona, Vicenza e Venezia (il cuore industriale ed economico del Nord Est)!
L’Italia è una delle nazioni più ricche del Pianeta; il “benessere” (almeno per alcuni) è una felice realtà; in particolare per le popolazioni di quelle terre. 500mm di pioggia provocano grosso modo lo stesso disastro che provocò, all’incirca negli stessi territori, nel 1951 la piena del Po. Le cifre – sfortunatamente ancora provvisorie – dicono: Persone “alluvionate” 150.000; Padova e provincia 30% del territorio allagato; Verona 600 ha di territorio allagati; Venezia: notoriamente soggetta, in condizioni di venti dai quadranti meridionali, al fenomeno dell’”acqua alta”, per un giorno il livello della Laguna si è sollevato di 101cm rispetto allo zero mare; Vicenza 30% del territorio allagato ed in provincia 1.550 ha sotto l’acqua. I danni finora quantificati ammontano a 2 vittime, 150.000 capi di bestiame annegati, danni materiali stimati in un miliardi di € (prima stima dell’Autorità regionale), danni inquantificati al tessuto delle piccole Imprese del Territorio, le associazioni di Agricoltori stimano (secondo noi ancora cautelativamente) in € 250.000.000 il valore delle colture perse o danneggiate, sfollate circa 85.000 persone.
In occasione dell’alluvione del 1951, in tutta Italia (e se è per questo, in tutto il mondo) si scatenò una gara di solidarietà veramente inaspettata. Tutti gli Italiani, chi era, nonostante tutto, ancora benestante ed anche chi stentava perfino a menare un minimo di vita miserabile, fecero a gara per DONARE! Si donava di tutto: coperte, indumenti, stoviglie, chi poteva, generi alimentari, chi poteva, denaro. La macchina dei soccorsi (Stato, Chiesa, Volontari, singoli individui, Associazioni), pur nelle ancora precarie condizioni delle vie di comunicazione (ricordiamo che dalla nostra Regione la sola S.S.16 – che attraversava tutte le città e paesi delle coste adriatiche - collegava quelle regioni e quindi ci volevano circa 12 -15 ore di macchina) funzionò bene, per quanto è dato sapere dai notiziari radio che aggiornavano le notizie tragiche dal Polesine. Fu istituita una “tassa” per l’alluvione. La solidarietà di TUTTI oseremmo dire, leniva in parte le pene dei poveri alluvionati (addirittura fu coniato un dispregiativo che definiva “alluvionato” una persona indigente o misera!): eravamo, come si suol dire tutti nella stessa barca!.
Il disastro di oggi è paragonabile a quello del 1951 con la differenza che le condizioni socio economiche sono di gran lunga migliori, le vie di comunicazione più veloci, l’organizzazione più efficiente, la ricchezza del Paese infinitamente maggiore, i media ci aggiornano continuamente sull’evoluzione delle situazioni.
Constatiamo però che oggi non si è ancora organizzato, più o meno spontaneamente, quel “ponte” di aiuti umanitari così spontaneo e così generoso – tenuto conto delle condizioni disastrose della Nazione – che caratterizzò l’evento del ’51.
Quali potrebbero essere le ragioni di questa apparente apatia degli Italiani verso quelle popolazioni di Italiani?
Vorremmo azzardare delle ipotesi:
· Forse siamo diventati più cinici? Non crediamo, perché in occasione del terremoto d’Abruzzo ed altre calamità, abbiamo fatto, chi più chi meno, la nostra parte.
· Forse, a causa delle condizioni sociali e culturali che, un FEDERALISMO becero, sta creando nella nostra Nazione, sentiamo i nostri Fratelli alluvionati un po’ più lontani, spinti anche noi da una sorta di senso di ripicca verso chi (alcuni, per fortuna) in quei Territori teorizza un’autarchia stupida e provinciale che sta danneggiando inesorabilmente il tessuto della solidarietà e vicinanza sociale che sono sempre dovute nelle calamità, non importa a chi capitano.
· Non crediamo che il “disinteresse” sia provocato dalle condizioni economiche attuali (tanti disoccupati e/o inoccupati, famiglie che stentano a …tirare avanti); no, eravamo messi di gran lunga peggio sessanta anni fa, eppure: quanto slancio e quanta solidarietà da parte di noi Italiani per altri Italiani.
Le ragioni potrebbero essere queste o altre che chiunque, secondo il proprio sentire, potrebbe portare. Resta tuttavia il fatto che siamo cambiati (forse in peggio) e siamo stati inconsapevolmente spinti, da alcuni “teorici” dell’ ognuno per séa rimuovere il sentimento di solidarietà e di appartenenza ad un'unica Nazione, nel bene e nel male.
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