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Albanesi e senegalesi, le nuove leve della pesca molfettese Alcuni lontani da casa e dalle famiglie, altri hanno portato qui moglie e figli e si sono integrati
15 marzo 2005

Ormai da qualche anno i pescherecci ormeggiati nel porto di Molfetta hanno nel loro equipaggio un numero sempre crescente di migranti provenienti dall'Albania e dal Senegal. Le storie di questi marinai che hanno lasciato il loro Paese, la loro famiglia, i loro affetti più cari per cercare fortuna sui nostri pescherecci sono insieme tristi e cariche di una grande fiducia nel futuro. Molti di loro sono mariti e padri. Alcuni non vedono la loro famiglia da anni e anche se non lo dicono portano nel cuore una immensa nostalgia di casa. Quando parlano del loro Paese, gli occhi cominciano a luccicare. Nella loro memoria, forse, scorrono gli anni della loro giovinezza, quando solcavano i mari che bagnano la loro terra. Un giorno, per inseguire la speranza di un futuro migliore per loro e per i loro cari, sono giunti nella nostra città. Rimpiazzano i giovani italiani che non vogliono fare più i marinai e ricordano non poco i nostri padri e i nostri nonni pescatori un po' per vocazione e un po' per necessità. Luigi, un albanese di 41 anni, nel suo paese faceva il pescatore da quando aveva 13 anni. Nel '97 ha deciso di inseguire il suo “sogno italiano” ed è giunto a Molfetta. Qui ha conosciuto un armatore ed ha cominciato a lavorare per lui. Mane (nella foto), un allegro senegalese due anni più giovane, è nella nostra città da due anni. Anche lui nel suo paese faceva il pescatore e lavorava su un peschereccio italiano. Salifù, anche lui senegalese, ha gli occhi spaesati di chi è arrivato da poco. La lingua non la conosce ancora bene e in mente ha ancora l'oceano che bagna le coste del suo Paese. Luigi, è diverso il lavoro che fai qui rispetto a quello che facevi in Albania? “La pesca, qui in Italia, è più avanzata. In Albania tutto è più antiquato, dalle barche agli strumenti utilizzati”. Come ti trovi nella nostra città? “Qui mi trovo benissimo. Il mio contratto di lavoro è perfettamente regolare. Mi sono integrato bene e a Molfetta vive anche mia moglie e mia figlia. Ho trovato grande solidarietà nella vostra città, tutti mi hanno aiutato. Anche quando mia figlia è stata male, è stata curata molto bene. Forse in Albania sarebbe morta”. Mane e Salifù, anche voi avete moglie e figli qui a Molfetta? “No. Le nostre mogli e i nostri figli non sono qui con noi, sono rimasti in Senegal. Ci teniamo in contatto con loro attraverso il telefono e alcune lettere. Alle nostre famiglie rimaste in Senegal mandiamo quasi tutti i soldi che guadagniamo col nostro lavoro”. Mane, cosa fate nel vostro tempo libero a Molfetta? “Telefoniamo ai nostri famigliari e passeggiamo molto. Qualche volta andiamo anche a Bari. In più, mangiamo assieme ai nostri amici, tutti insieme”. Quanto guadagnate? “Tra gli ottocento e i novecento euro. Di più di quanto guadagneremmo in patria”. Luigi, torni spesso in Albania? “Avendo moglie e figlia qui non torno molto spesso nel mio paese. Recentemente è morta mia madre e allora sono tornato per qualche giorno”. Mane e Salifù, anche voi riuscite a tornare in Senegal ogni tanto? “No. Non siamo ancora riusciti a tornare a casa. Forse tra qualche mese, dopo molto tempo, riusciremo a rivedere le nostre famiglie”. Francesco Dell'Olio francesco.dellolio@quindici-molfetta.it
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