Zona ASI e Fashion District. I punti di forza da cui ripartire
La Puglia non rischia di non entrare nella zona Obiettivo 1 perché lo è già… La situazione che si sta delineando nella nostra città è molto delicata, sotto tutti i punti di vista. Il futuro passa dal rilancio sia del tessuto sociale che economico e in gioco c'è anche quale significato vogliamo dare sia all'insediamento della città della moda (in termini di impatto occupazionale e produttivo) sia alla valorizzazione del nostro tessuto industriale (rilancio zona ASI e PIP).
Ho letto attentamente l'articolo di Antonello Mastantuoni (“Quale centrosinistra per governare Molfetta”) e esattamente su questo che baso le mie “analisi” e risposte provando forse a capovolgere alcuni assunti e provare a indirizzare alcune delle sue letture verso altre direzioni. L'importanza strategica del porto è il punto di partenza per sperare e nel frattempo operare nel dirimere determinate controversie radicate nel nostro tessuto. Quello che sta accadendo nella nostra città è forse un misto tra disaffezione istituzionale (come anche nel resto della nostra nazione) e propensione al risparmio derivato da una inevitabile e forte crisi congiunturale. La valorizzazione del porto può, secondo il mio punto di vista, essere il punto di inizio per arrivare nuovi capitali. L'attrazione, tuttavia, è solo il primo passo. Occorre infatti favorire l'avvio di processi endogeni di accumulazione, attivando un circolo virtuoso di crescita dell'economia locale. Gli interventi volti a promuovere iniziative esterne devono, in sostanza, favorire forme di integrazione con le attività locali, in modo da determinare non solo un generico dinamismo economico e occupazionale, ma anche una crescita della capacità di apprendimento dei soggetti locali che sostenga lo sviluppo. In questa ottica, in virtù di operazioni di rivalutazione della zona ASI e dell'impatto sicuramente positivo che avrà la città della moda nella nostra città, il porto potrà essere considerato come strategico e nevralgico per scambi commerciali. Insisto sulla risorsa della zona ASI poiché i dati sono confortanti nonostante forse il quadro che ci circonda non è dei più positivi. Il settore dell'industria rappresenta il punto di partenza per sperare nella crescita e operare in termini di bilancio e programmazione.
Il Progetto integrato territoriale Area Nord Barese, più semplicemente indicato come PIT 2 sarà la base per la analisi.
Tra il 1995 e il 2001 l'impatto della zona ASI sulla nostra città è stato evidente. La composizione settoriale del valore aggiunto PIT Nord Barese 2001 presenta in valori percentuali rispettivamente alla agricoltura il 4.6, alla industria 23,3 e alle altre attività il 72.0. Da una prima analisi, appare evidente la crescita sostenuta del valore aggiunto pro-capite, anche se si mantiene su livelli inferiori rispetto alla provincia e alla regione. Il valore aggiunto pro-capite (in milioni di lire) passa da 12,0 a 16,8 rispettivamente dal 1995 al 2001. In prospettiva futura la città della moda e un “nuovo piano produttivo” porterebbero alla uscita dalla stagnazione. Questa ultima affermazione è avallata dai dati di valore aggiunto per unità di lavoro (milioni di lire correnti, anno 2001) a Molfetta, dove la agricoltura porta il 46.8, nella industria il 56,8 e nelle altre attività il 74,0. Operando su questi numeri appare evidente che la produttività della nostra città può anche innalzarsi. Sperare che il tasso di industrializzazione della nostra città pari allo 0,6 per cento, con un nuovo piano produttivo e con la città della moda possa arrivare anche a superare l'1%. L'obiettivo è ambizioso ma possibile… Mentre nell'agricoltura la produttività del lavoro registra il differenziale più alto, superando di oltre 6 milioni di lire per unità dio lavoro quella medio regionale, per altri macrosettori il territorio sperimenta divari di produttività più contenuti che, seppure inferiori alla economia regionale non superano il 2,1%. Dal raffronto con la struttura economica regionale emerge inoltre un saggio di produttività del lavoro con scarsa dispersione infrasettoriale ed una più accentuata variabilità infrasettoriale. Emerge infatti, a fronte di un saggio di sviluppo complessivo sostanzialmente in linea tra i due aggregati territoriali, un contributo differenziato tra i settori. Incrociando i dati di occupazione e di produttività per ognuno di essi, emergono differenziali significativi fra le due aree, che meglio possono spiegare le divergenze di sviluppo economico imputabile al fattore di produzione lavoro. Questo significa che se puntassimo nei prossimi anni nella formulazione di un piano produttivo compatibile e sostenibile avremmo e “rischieremo” di avere un nuovo successo e un aumento della produttività, proprio come quella che si è registrata tra il 1995 e il 2001. La zona ASI non deve essere considerato come un mostro di distruzione ambientale, ma come elemento e propulsore di innovazione e rivalutazione del territorio.
L'industria per la città di Molfetta è il vero punto di forza nella produzione della ricchezza locale. Nell'anno 2001 ha rappresentato (e con una buona programmazione rappresenterà )un incremento di valore aggiunto per unità di lavoro pari a 37.000/milioni di lire in più rispetto a quello regionale, sperimentando nel contempo un incremento di occupazione doppio rispetto al dato medio pugliese. E' significativo come questi dati indichino nella produzione manifatturiera il vero punto di forza del sistema economico dell'area. La massimizzazione del settore, al tempo stesso, deve essere operata non con logiche assistenzialistiche o appoggio a “poteri forti” ma operare in funzione di investimenti in R&S (ricerca e sviluppo). Il modello è ancora per alcuni chiuso; lo dimostrano i cali di export di alcune nostre aziende pronte al fallimento nel giro di pochi anni se non dovessero correggere la propria linea strategica.
Considero, quindi lo sviluppo dell'ASI e del PIP come elementi e strade per creare forza occupazionale. Considerando queste prospettive è possibile, in proiezione, puntare a più di 5500/6771 unità ( se dovessimo mantenere il ritmo di 1500 nuovo assunzioni ad anno e se si dovessero operare nuove aperture di insediamenti produttivi in spazi vuoti in alcuna delle zone ASI) nuove forze occupazionali nell'arco di 3 anni. L'obiettivo e la fattibilità del progetto seppur ambizioso passa da una buona programmazione e una ottima definizione di un PIP che operi uno sviluppo integrato tra territorio e forse endogene.
L'ipotesi di un porto nevralgico, lo sfruttamento dei vantaggi derivati dalla Città della moda e la definizione di un nuovo PIP come anche con la creazione di strumenti di agevolazione per nuovi insediamenti nella zona ASI ( che porterebbe sicuramente a nuove forze occupazionali) porterebbe Molfetta a trarre ulteriore impulso dalla realizzazione di un investimento di origine esogena, il fashion outlet, ritenuto in grado di armonizzarsi all'interno del sistema e di apportare ulteriore valore al processo di sviluppo locale, in particolare rafforzando la vocazione dell'area comunale come polo territoriale di servizi e di quella sovracomunale sotto il profilo turistico.
Vanni Salvemini