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You don’t care
15 gennaio 2000

Parafrasando lo slogan scelto dai Democratici di sinistra per il loro congresso, “I care” (mi interessa, mi importa, mi sta a cuore), potremmo descrivere efficacemente la situazione politica della nostra città in senso opposto. Potremmo benissimo dire “you don’t care” (non vi importa) riferito ad alcuni consiglieri comunali della maggioranza, che sembrano non avere a cuore le sorti della città, ma di essere preoccupati più del loro presente (e futuro) politico, anche a costo di gettare alle ortiche tutto il lavoro fatto finora e soprattutto il futuro della città in un momento di svolta, delicato, che ne potrebbe compromettere le sorti per i prossimi vent’anni. Chi come noi segue per mestiere le vicende politiche ed economiche di Molfetta, rappresenta un po’ la memoria storica della città e può testimoniare i guasti arrecati al paese dall’instabilità politica, da pretese personali e personalismi del passato, i cui prezzi la città paga ancora oggi. Basti citare uno per tutti: l’edilizia, un fenomeno atipico nel panorama nazionale, che può essere oggetto di studio (per i suoi riflessi negativi) per gli esperti del settore. L’edilizia, lo abbiamo ripetuto spesso, ha bloccato la crescita economica di Molfetta, concentrando tutta l’attività attorno a un settore considerato portante, ma che ha soffocato ogni altra iniziativa imprenditoriale, grazie ai profitti che assicurava in virtù degli alti prezzi delle case, che non hanno paragone per dimensione nemmeno con quelli delle grandi città. Comprare una casa a Molfetta è sempre stato un dramma, ha costretto intere famiglie a indebitarsi in qualche caso per due generazioni, e non si è ancora riusciti a calmierare un mercato drogato e assurdo. Oggi, poi, come effetto di scelte sbagliate ci troviamo a discutere di una sentenza del Consiglio di Stato che annulla alcune concessioni edilizie e innesca un meccanismo economico-giudiziario dagli esiti, temporali ed economici, imprevedibili. Chi paga per questi errori, sanzionati oggi dalla magistratura amministrativa? E’ quello che la gente si chiede. Se ci sono delle responsabilità, è giusto che vengano accertate e sanzionate. Intanto si spera che venga approvato al più presto il Piano regolatore generale che, oltre a sanare questi “guasti”, potrebbe rilanciare l’edilizia e calmierare il mercato della casa. Ma il nostro piano, pur essendo da tempo all’ordine del giorno della giunta regionale, non viene ancora esaminato: ci sono giochi politico-elettorali della maggioranza di centro-destra in vista delle elezioni regionali, malgrado i comunicati stampa diffusi dall’on. Amoruso (An) con cui si dichiara di voler fare pressione sul presidente Distaso, il vice presidente Palese e l’assessore all’urbanistica Fiorentino, perché lo strumento urbanistico sia varato al più presto? Tornando ai consiglieri di maggioranza “dissidenti”, vorremmo ricordare che amministrare la cosa pubblica non è come gestire il bilancio familiare o quello condominiale, perché sono in gioco interessi collettivi e scelte le cui ricadute si ripercuotono per decenni. Non si può giocare con i problemi della città per una pretesa “visibilità”, accampando scuse di natura politica e costringendo l’amministrazione comunale a cercare il sostegno di consiglieri dell’opposizione, in quello che appare più un mercato delle vacche, che una scelta politica. Tutto ciò per non soggiacere al ricatto politico di chi oggi approfitta della situazione di debolezza, di fronte all’approvazione di provvedimenti (vedi il bilancio) dove occorre una maggioranza qualificata, per alzare il prezzo. E così assistiamo in questi giorni al tentativo di coinvolgere consiglieri di opposizione nella gestione della città. Non sappiamo se la scelta di Franco Altomare di passare ai “Democratici” e quella, che sembra ormai prossima, di De Nicolò e De Sario di aderire alla maggioranza sia una decisione autonoma o sollecitata. Se sia maturata nella convinzione di avere scelto uno schieramento sbagliato (tranne Altomare che era sceso in campo in una formazione che poteva essere considerata, almeno sulla carta, di centro-sinistra), quello di centro-destra, e quindi di essere “pentiti”, oppure nasconda richieste di poltrone o di candidature alle vicine consultazioni regionali. Una cosa è certa: le operazioni di trasformismo politico non ci sono mai piaciute, anche se oggi, con la fine delle ideologie, sono diventate all’ordine del giorno e si assiste perfino a casi di sindaci che cambiano schieramento, come è avvenuto nella vicina Giovinazzo. Non è questo il centro-sinistra che ha chiesto voti per governare la città. Certo, di fronte a una carenza di qualità ed esperienze politiche di molti consiglieri comunali, una situazione di questo genere era prevedibile e l’avevamo prevista. Ma l’interrogativo che ci tormenta in queste ore è se può essere accettata, pur turandosi il naso (e forse anche lo stomaco), una situazione di questo genere per salvare la città, la cui economia langue e ha ora l’occasione di un rilancio con la nuova zona artigianale, la zona industriale, lo stesso piano regolatore ecc., oppure occorre andare a nuove elezioni sperando che i cittadini diano una maggioranza più forte alla città, col rischio, però, che questo non avvenga e nel frattempo si blocchi tutta una serie di iniziative destinate a cambiare il volto, soprattutto economico, di Molfetta? Questo è sicuramente il motivo dell’operazione politica in corso, ribadito anche dallo stesso sindaco Guglielmo Minervini in un recente comizio, ma se i consiglieri comunali avessero avuto come regola di vita quell’I care di don Milani, può darsi che non saremmo arrivati a questo punto. Non sappiamo come si concluderà questa vicenda, ma se le conseguenze saranno negative, non esiteremo a denunciarle, perché la città non è più disposta a pagare prezzi alti per giochi politici che non comprende e che non hanno alcuna spiegazione logica.
Autore: Felice de Sanctis
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