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Una giornata da pendolare sofferente fra treni sporchi e ritardi infiniti INCHIESTA
15 gennaio 2006

Dura vita quella dei pendolari, un popolo di temerari studenti, impiegati, docenti che partono da Molfetta ogni giorno in treno per raggiungere l'università o il luogo di lavoro. E' un vero e proprio mestiere: si devono accumulare anni di esperienza per imparare ad interpretare gli annunci di ritardo e a convivere con le resse nelle ore di punta. La partenza Il pendolare professionista sa già che la mattina bisogna valutare e prevenire numerose variabili: dal numero di persone che possono salire sul regionale ai ritardi oramai inevitabili e quasi mai motivati. Nelle fasce orarie più frequentate, nel migliore dei casi, ci si ritrova accalcati alle porte delle carrozze del treno appena arrivato per riuscire a salire per primi: il posto a sedere è il primo vero traguardo della giornata, scomodo, stretto e sporco, un sedile da dividere con borse, zaini e vicini di posto già di malumore di prima mattina. Nelle giornate peggiori si deve, per cause di forza maggiore, passare alla seconda meta preferita del pendolare medio: le pareti dell'ingresso delle carrozze, compagne insostituibili e confortanti dei viaggiatori meno competitivi. Se agli ultimi posti, il pendolare medio si dovrà affidare unicamente alla personale abilità nel mantenere l'equilibrio senza nessun punto fermo, se non gli altri malcapitati a lui stretti nel nugolo di gente che si viene a formare. In caso di ritardo, la suddetta corsa al posto viene solo rinviata, con l'inevitabile aggiunta del malumore che le attese senza motivazione precisa sanno sapientemente dare. Il viaggio Lo status di pendolare sul sedile sarebbe quello più invidiato, se non fosse per il riscaldamento fin troppo efficiente che d'inverno rende l'aria irrespirabile, e per i temibili sedili in similpelle che in estate, nelle carrozze senza impianto di condizionamento, sono una vera tortura: è proprio da qui che nasce il riscatto della categoria “viaggiatore in piedi”! I treni regionali più moderni non vengono mai usati per le fasce orarie più frequentate e il caro vecchio regionale a due piani la fa ancora da padrone con carrozze che, per vecchiaia manifesta, possono avere a scelta: mancanza di riscaldamento, sedili malamente rattoppati, bagni non funzionati, finestrini e, soprattutto, porte bloccate, vero e proprio spauracchio del pendolare moderno. Il viaggio, poi, è sempre una incognita. Le variazioni di orario per i ritardi sono all'ordine del giorno, ed è proprio su queste ultime che aleggia sempre un poco rassicurante alone di mistero; nessuno mai ha ben chiare le motivazioni di un ritardo, chiedere informazioni è arduo e rischioso, la risposta vaga è sempre in agguato. E si vivono, così, esperienze che hanno un sapore epico: soste interminabili alle porte della stazione in pieno luglio, per lasciar transitare intercity o eurostar, treni che tornano indietro per scambi malfunzionanti o per motrici stanche e affaticate. Il ritorno a casa E così, dopo una lunga giornata di lavoro o di studio, lo stanco pendolare deve con coraggio affrontare il viaggio di ritorno, combattendo contro le stesse incognite già fronteggiate poche ore prima. Si aggiungono come compagni di viaggio, operatori che, armati di detergenti spray, curiosamente disinfettano solo alcune superfici delle carrozze diffondendo un penetrante e fastidioso odore che infesta ogni centimetro cubo di aria. Le riflessioni del pendolare Il viaggio è una dura lotta per la sopravvivenza, una sorta di lunga meditazione zen che giunge ad una rassegnata conclusione: è proprio dura la vita del pendolare! Alessia Ragno
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