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Un libro di Gianluca De Candia. La vera amabilità del cristianesimo
15 giugno 2009

Ho conosciuto l’Autore di questo libro perché era venuto a benedire la casa. Apro la porta e mi trovo davanti un ragazzino in Lacoste che sembrava Gregory Peck (un attore dei miei tempi). Ho pensato che fosse il chierichetto, e ho guardato alle sue spalle aspettandomi di vedere il “vero” prete. Invece il prete era proprio lui, Gianluca De Candia, esausto (quella era l’ultima tappa del suo giro). Io più che una miscredente sono un’eretica (ho anche scritto un libro, “Vangelo secondo Maria”, dove la Madonna si ribella a Dio), e non ho mai perdonato la punitiva educazione cattolica subita nell’infanzia, dove tutto era peccato, anche mangiare un gelato. Ci parlavano di un Dio d’amore che però sapeva solo minacciare, e il fuoco dell’inferno ci lambiva alla più innocente bambinata. E la rozza malizia dei confessori, e l’idolatria delle suore dalle quali andavo a scuola, e i colpi di riga sui geloni (ma soltanto ai bambini poveri). Attualmente, poi, esasperata da una Chiesa che chiede perdono per lo sterminio delle streghe e degli eretici, e poi non si fa scrupolo di indire una crociata contro gli omosessuali (per necessità storica, la campagna mediatica al posto dei roghi). Così non ho resistito alla tentazione di provocarlo, criticando la politica del Vaticano. Immaginavo le solite risposte scontate e bigotte. Ma don De Candia mi lasciò sbalordita. La stanchezza era sparita d’un tratto. Si buttò con slancio nell’esposizione del pensiero religioso più profondo e audace, libero, arioso, che denunciava una cultura straordinaria (e non solo in rapporto alla giovane età). Ne nacque una discussione viva, dove si diede a conoscere il teologo, e la fortissima personalità morale di chi aveva una vera vocazione. Don De Candia aveva deciso da bambino di diventare sacerdote. Servire Dio era la sua impresa, il suo sogno, voleva essere un vero operaio: fare per Gesù. Fare per gli altri. E fare è anche scoprire, non accontentarsi delle verità dogmatiche. Fare è scavare, rinnovare per essere sempre più vicino al Vangelo (come il suo maestro ideale, don Tonino Bello). Quella per me fu la vera benedizione pasquale: oltre all’acqua santa, nella nostra casa don De Candia aveva portato La Parola. Una parola vera, non una litanìa. Il suo fervore (calmo, mai esaltato) non gli impediva un senso dell’ironia prodigioso: parlò dell’ “umorismo di Dio”. Quando uscì feci per dargli l’obolo preparato per la benedizione, e lui disse “No, se vuole passi in parrocchia e li destini come vuole”. “Ma è l’uso…” E il prete, sorridendo: “Un uso molto villano, dal quale vorrei astenermi. Non posso associare la benedizione ai soldi”. Tutto questo ho poi ritrovato nel suo libro. L’audacia, la profondità, l’allegria terribile di una fede rivoluzionaria come rivoluzionario è il vangelo- fatta per liberare, non per imprigionare. E nessuna illusione. Ma tutta intera la speranza. Il libro comincia con una figura femminile che si spoglia: è la Teologia, che si toglie di dosso gli orpelli delle solennità, dell’oscurità, della vanità- gli ermellini, i riconoscimenti accademici, le ridicole medaglie, le gravi cinture, e finalmente si ritrova col suo semplice (e quanto più elegante!) abito nero, che la rende più libera e agile. Pronta ad andare fra la gente. Senza il peso delle onorificenze, delle catene dorate che l’hanno incurvata nei secoli. E’ forse difficile il Vangelo? No, chiunque può comprenderlo, nella sua tremenda sfida. E perché allora la Teologia dev’essere per gli iniziati? Già il titolo (e il sottotitolo): “La vera amabilità del Cristianesimo. Charme e stile di una fede post-moderna”, avverte che non ci troviamo nel chiuso di una sagrestia ma in un fresco giardino. Che ci sarà la brezza, che ci sarà la musica, che nessuno ci minaccerà dell’inferno ma ci farà scoprire il divino che abbiamo dentro. Che siamo invitati ad una festa: la festa dello spirito, di noi uomini limitati nel tempo, ma con la nostalgia dell’eterno. «Guai a voi, dottori della Legge, che avete rubato le chiavi della scienza!» Le parole di Gesù si allungano sul nostro più tempo con forza sempre maggiore. C’è come uno steccato che circonda il sapere e lo rende accessibile a pochi, che intimidisce e tiene lontani. Poi ogni tanto qualcuno apre i cancelli, ed entra chi vuole. Così fece il laico Bertrand Russell quando, nauseato dal linguaggio oscuro dei sommari filosofici per le scuole, scrisse la sua Storia della Filosofia Occidentale in un linguaggio semplice e familiare. Così il religioso Gianluca De Candia ci parla di Dio e dell’uomo, con una semplicità ricchissima. La vera amabilità del Cristianesimo è questo testo, col suo stile elegante e originale, che sorprende ad ogni riga con espressioni semplici ma inconsuete, modernissimo nel suo non essere contaminato dai luoghi comuni del linguaggio moderno. Oltre a Pascal e Francesco di Sales vi troverete arie della musica barocca, i miti pagani («la flessuosa edera del paganesimo»), Shakespeare, la pittura moderna, la tragedia greca – e tutto questo con «sprezzatura» (altra parola chiave del libro), ovvero con grazia («non si può parlare della Grazia, senza grazia»). «E’ l’amore che traccia il sentiero e l’intelletto è presto lì dove è l’amore». Il libro è un discorso sull’amore nelle sue tante forme, e tutte divine: anche l’amicizia, anche il rapporto maestro-allievo. Lo “stil novo” che invoca Don Gianluca De Candia è qui, in questo libro permeato di un eroismo sorridente, mobile, cosmopolita - e fermissimo nella fede. Fede nella rivoluzione permanente che dovrebbe essere il Cristianesimo, e che la Chiesa nei secoli ha così spesso eluso. Gianluca De Candia ha detto: «molti oggi hanno un fortissimo senso di colpa, ma nessun del peccato …». Il “peccato” è la rigidità. In questo libro il pensiero si muove, (nuota, duella, danza, lotta, vola) con tutte le sue creazioni meravigliose, dall’arte all’amore alla religione. IL LIBRO La vera amabilità del Cristianesimo col suo stile elegante e originale, sorprende ad ogni riga con espressioni semplici ma inconsuete, modernissimo nel suo non essere contaminato dai luoghi comuni del linguaggio moderno. Oltre a Pascal e Francesco di Sales vi troverete arie della musica barocca, i miti pagani («la flessuosa edera del paganesimo»), Shakespeare, la pittura moderna, la tragedia greca – l’audacia, la profondità, l’allegria terribile di una fede rivoluzionaria, e nessuna illusione. Ma tutta intera la speranza. E tutto questo con «sprezzatura» (altra parola chiave del libro), ovvero con grazia («non si può parlare della Grazia, senza grazia»). In queste pagine il pensiero si muove, (nuota, duella, danza, lotta, vola) con tutte le sue creazioni meravigliose, dall’arte all’amore alla religione.

Autore: Barbara Alberti
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