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Tornare a fare politica fra la gente e a parlare con più voci IL DIBATTITO SULLA SINISTRA PERDUTA – Pietro Capurso del Pd
15 febbraio 2023

Il PD è un partito di sinistra? E’ una domanda che molti si pongono anche se giungono a risposte diverse. Il PD è nato nel 2007, dopo l’esperienza dell’ulivo dalla fusione del PDS e della Margherita, per tentare di conquistare il cosiddetto elettorato moderato e diventare, finalmente, partito di governo. Si pensava che fosse giunto il momento di creare una forza riformista capace di parlare all’intero Paese e non soltanto al proprio elettorato di riferimento che, ormai, vista la crisi del mondo del lavoro, diventava sempre più esiguo. Con alterne vicende e risultati elettorali contrastanti, ha governato l’Italia per diversi anni. Ha governato bene? Secondo i risultati dell’ultima consultazione elettorale non si direbbe, eppure questa volta si presentava con il programma più decisamente di sinistra della sua storia. Quindi, probabilmente, è stato l’elettorato moderato a non averlo votato, mentre quello più popolare ha deciso di astenersi incolpando il PD di non aver realizzato, negli anni in cui ha governato, una politica a favore del mondo del lavoro e del welfare state anche se il PD, bisogna riconoscerlo, ha raggiunto il suo massimo storico, in termini di voti, durante le elezioni europee del 2014, anno in cui il governo Renzi approvava la pessima riforma del mercato del lavoro meglio nota come job act. Allora come è potuto accadere questo tracollo elettorale? Probabilmente il vecchio popolo di sinistra, quello che frequentava le sede del partito, che scendeva in piazza per manifestare, che materialmente organizzava i comizi, che affiggeva i manifesti, non si riconosce più in un partito di notabili e amministratori e preferisce non votare oppure, come accade in tanti Comuni, votare una delle numerose liste civiche. Ma se tanta parte del vecchio elettorato di sinistra non vota più PD, come mai non vota gli altri partiti di sinistra? Forse perché, sebbene si critichi il PD di non essere un partito di sinistra, nell’immaginario collettivo rimane sempre l’erede del PCI e le formazioni, cosiddette di sinistra, non riescono ad attrarre, con le loro proposte, un elettorato spaesato e confuso. A Molfetta è accaduta la stessa cosa? In parte sì. Il Partito Democratico è passato dai 4.704 voti del 2013 ai 3.192 nel 2017 fino ad arrivare al suo minimo storico di 1.663 del 2022. Anche se parliamo di tre contesti diversi è indubbio che il PD ha perso la sua anima popolare e la capacità attrattiva. Tuttavia, sebbene attaccato da destra e da sinistra, rimane l’unico partito a Molfetta (non prendo in considerazione Rifondazione comunista per la marginalità politica ed elettorale) dove ancora si discute di politica. Il problema, se mai, è come fare in modo che il circolo di Molfetta torni ad essere punto di riferimento di quei tanti compagni che si sono allontanati e dell’intero mondo progressista e riformista di Molfetta che, sebbene critico, continua ad aspettare una svolta. Il Circolo PD di Molfetta deve riprendere i contatti con i sindacati, le associazioni no profit di volontariato e con le organizzazioni di categoria; tornare a fare opposizione nelle piazze, organizzare incontri da dove far scaturire proposte di cambiamento sociale, economico e culturale. Deve, insomma, tornare a vivere e scrollarsi di dosso la falsa nomea di essere un partito ad un’unica voce, dove esiste un unico interlocutore e aprirsi al dibattito plurale interno. Solo così, forse, tornerà ad essere l’epicentro del centrosinistra e offrire un’alternativa al degrado civico-populista della politica a Molfetta. 

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