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Tornano i predoni dell'agro? Zona agricola, liberalizzati i villoni?
15 settembre 2012

Non è bastata l’operazione “Mani sulla città”. Tantomeno le indagini ancora in corso. Gli arresti dell’ex dirigente del Settore Territorio del Comune di Molfetta, ing. Rocco Altomare (poi scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare nel dicembre 2011) non hanno calmierato la speculazione edilizia a Molfetta. Negli ultimi 6 mesi numerosi sono stati i permessi in sanatoria concessi dal Settore Territorio per l’ampliamento o la ristrutturazione di immobili collocati nell’agro (depositi, vani tecnici, ecc.). Quasi un lento e inesorabile ritorno al recente passato, culminato con la pubblicazione di un provvedimento giuntale shock lo scorso 14 agosto, ma già pronto dal 16 luglio. LA REVOCA SHOCK La giunta Azzollini, su proposta del dirigente ad interim del Settore Territorio, ing. Enzo Balducci, ha revocato la delibera G.C. n.140 del 2008 e tutti i conseguenti provvedimenti con cui si sospendevano le attività edilizie nell’agro in attesa dell’approvazione del Piano particolareggiato dell’Agro. Quella delibera era stata impostata su 3 articoli delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del Prgc di Molfetta che consentivano la sola manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili esistenti (42.8) e il risanamento per torri o costruzioni pregevoli nel rispetto dell’ambiente (42.7), mentre vietavano edificazioni o alterazioni ambientali permanenti nelle parti del territorio interessate da lame e altri solchi erosivi (42.9). Un provvedimento legittimo che doveva essere rispettato. Invece, come Quindici ha spiegato nel numero di luglio-agosto 2011, nell’operazione del 23 giugno 2011 la Procura di Trani ha accertato tra i presunti reati commessi «la lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio», diverse irregolarità per interventi subordinati a permessi di costruire (vani tecnici, cisterne, complessi ad uso agricolo tramutati in unità abitative), discutibili cambi di destinazione d’uso e «false attestazioni contenute nella Dia (dichiarazione di inizio attività, ndr) e nel certificato di collaudo». Revocata la delibera n.140, sarà ora il Consiglio comunale a scegliere se abolire gli artt. 42.7, 42.8, 42.9 delle NTA del Prgc, oppure solo il 42.8. ma in questo caso il provvedimento dovrà poi passare dalla Regione Puglia. IL CONCETTO DI STRUMENTALITA’ «I vincoli strumentali, ossia quei vincoli che subordinano l’edificabilità di un’area all’inserimento della stessa in un programma pluriennale oppure alla formazione di uno strumento esecutivo, sono soggetti a decadenza dopo un periodo quinquennale di efficacia previsto dall’ex art.2 Legge n.1187/68, oggi art.9 DPR n.327/01». Secondo questa interpretazione, i vincoli imposti dagli artt. 42.7, 42.8, 42.9 delle NTA nella delibera n.140 e nel Prgc sarebbero già decaduti perché strumentali. Una posizione rafforzata con la sentenza n.1765/09 del Consiglio di Stato, secondo cui i vincoli strumentali sono soggetti a decadenza quinquennale. Quelli imposti dalle NTA del Prgc sono realmente strumentali? Un vincolo è strumentale quando subordina l’edificabilità di un’area al suo inserimento in un programma pluriennale oppure alla formazione di uno strumento esecutivo o attuativo. I tre articoli in questione, però, non fissano dei vincoli strumentali. Scartato il 42.7 che non presenta alcuna «strumentalità», l’eventuale abolizione dell’art. 42.9 non avrebbe alcuna efficacia, perché la tutela delle lame è affidata a leggi regionali e nazionali, sovraordinate ai provvedimenti comunali. Mentre l’art. 42.8 potrebbe essere teoricamente considerato strumentale, ma in realtà esprimerebbe solo una scelta pianificatoria. Stessa considerazione quella posta dall’ing. Balducci a Quindici, consapevole che gli artt. 42.7 e 42.9 non sono dei vincoli strumentali, rispetto al 42.8, su cui deciderà il consiglio. Una specie di “vizio” tecnico risiedeva proprio nella delibera n.140 che l’amministrazione, letta la relazione del dirigente ad interim del Settore Territorio, ha revocato. Per di più, secondo la sentenza n.1944/10 del Consiglio di Stato i vincoli soggetti a decadenza sono quelli espropriativi, che incidono sul bene (inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale) o che diminuiscono il suo valore di scambio. Di contro, non hanno questa caratteristica le destinazioni di zona contenute negli strumenti urbanistici che interessino categorie indeterminate di beni e ne prescrivano modalità conformative di utilizzo dell’ordinato assetto del territorio e della salvaguardia dei valori urbanistici e ambientali presenti. SOTTIGLIEZZE INTERPRETATIVE Attenendosi alla sentenza n.1765/09 riportata nella relazione, sarebbe illegittimo un piano particolareggiato applicato in attuazione di un vincolo strumentale e non conformativo, dopo il termine quinquennale di efficacia del vincolo stesso. In pratica, il Comune di Molfetta avrebbe esercitato un potere già consumato, approvando anche uno strumento di secondo livello (il Piano dell’Agro) prima di provvedere alla disciplina pianificatoria sovraordinata alle parti decadute. Dunque, una possibile irregolarità comunale già compiuta, cui si associa l’inadempienza per non aver mai provveduto a una preliminare disciplina pianificatoria sovraordinata ai vincoli. Allo stesso tempo, l’art.9 del DPR n.327/01 ammette un reitero del vincolo, ma solo per una comprovata motivazione. Che nel caso specifico doveva essere da un lato il sequestro del Piano dell’Agro per le indagini della Procura di Trani, dall’altro le misure di salvaguardia scattate con l’adozione del piano stesso da parte del Consiglio comunale. Insomma, relazione e delibera sembrerebbero essere in contrasto con il Piano dell’Agro, perché gli interventi di demolizione, ricostruzione e ampliamento degli immobili rurali sono subordinati alla qualifica del soggetto (imprenditore agricolo). A questo punto, si potrebbe anche considerare l’art.9 del DPR n.380/01 (Testo Unico sull’Edilizia), per altro basilare per la stessa delibera revocata. Questo articolo in assenza di una pianificazione urbanistica limita le attività edilizie a interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria e di risanamento conservativo per le singole unità immobiliari. Inoltre, nelle aree sprovviste degli strumenti urbanistici attuativi stabiliti dagli strumenti urbanistici generali (è il caso della zona agricola di Molfetta), prevede anche interventi di ristrutturazione edilizia. Ma nel caso di demolizione e ricostruzione, volumetria e sagoma devono rispecchiare lo stato preesistente, eccetto le sole innovazioni per l’adeguamento alla normativa antisismica. Banditi i villoni disseminati nell’agro. IL PIANO CASA Potrebbe apparire piuttosto forzato anche il riferimento al Piano Casa della Regione Puglia, inapplicato, secondo Balducci, per la delibera n.140 e per i vincoli imposti dal Prgc: «tutto questo ha determinato un appesantimento della situazione economica legata al settore edilizio della piccola e media impresa, nonché della classe professionale». Infatti, l’art.6 della Legge Regionale n.14/09 (Piano Casa), modificata e aggiornata dalla Legge Regionale n.21/11, impone dei limiti di applicazione, in particolare nelle zone in cui lo strumento urbanistico generale consenta soltanto la realizzazione di interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento conservativo o subordini gli interventi di ristrutturazione edilizia all’approvazione di uno strumento urbanistico esecutivo (il caso di Molfetta). In pratica, questo limite ricalca l’art.42.8 della NTA del Prgc con la cui abolizione l’amministrazione Azzollini vorrebbe superare anche la legge regionale. Un meccanismo impossibile e non del tutto lineare. Tra l’altro, la Regione Puglia si è già espressa sull’applicabilità della L.R. n.14 per territorio di Molfetta in una nota del marzo 2012: non sono ammissibili interventi straordinari di ampliamento, demolizione ricostruzione edifici che, pur se definiti residenziali, sussistono nell’ambito di zone omogenee del Prgc che non sono destinate alla residenza (zona agricola). Ecco perché, secondo la Regione Puglia, nelle zone agricole quel tipo di interventi sono ammissibili solo per gli edifici rurali ad uso abitativo, dunque connessi all’esercizio dell’attività agricola da parte del soggetto titolato. Posizione non condivisa dall’ing. Balducci, perché secondo le NTA gli interventi di ampliamento, demolizione e ricostruzione sono consentiti per immobili con destinazione residenziale evincibile dal certificato di agibilità ovvero dal titolo abilitativo principale (tra cui si potrebbero anche includere edifici rurali ad uso residenziale). Un’indicazione che per Balducci divergerebbe dalla nota regionale. Tuttavia, l’ing. Balducci ha anche proposto di corredare la domanda di permesso di costruire per nuovi edifici ad uso agricolo (annessi agricoli) o per interventi di ristrutturazione con un Piano di Miglioramento Aziendale che dimostri l’utilità dell’intervento. I PREDONI DELL’AGRO Molfetta necessita di nuove unità immobiliari? Per di più, il futuro Piano Urbanistico Generale, come fissato dallo stesso Documento Regionale di Assetto Generale della Regione Puglia, deve tendere alla riqualificazione delle zone urbane degradate e delle aree a verde, non certo a una nuova espansione edilizia. Marchiano il silenzio delle associazioni, dei partiti di opposizione, delle associazioni ambientaliste e dei cittadini stessi all’indomani della pubblicazione della delibera sull’albo pretorio online, considerato che per altre questioni anche minori la mobilitazione è stata massiccia. Qualcuno potrebbe sospettare interessi trasversali. Di sicuro, questa scelta amministrativa potrebbe liberalizzare l’edificazione nell’agro di Molfetta, riattirando i fari di una silenziosa Magistratura. Sarà l’ennesimo stupro dell’agro? Sarà il consiglio a decidere e ad assumere una così pesante responsabilità.

Autore: Marcello La Forgia
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