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Tommaso Minervini non è Molfetta
18 agosto 2025
MOLFETTA
- Tommaso Minervini non è Molfetta, va detto a chiare lettere dopo l’arresto ai domiciliari del sindaco e soprattutto dopo le accuse che stanno venendo fuori dall’ordinanza del Gip del Tribunale di Trani, dott.ssa Marina Chiddo, che ha disposto la custodia cautelare per lui e la dirigente della Socialità Lidia De Leonardis.
Ovviamente si tratta di accuse che andranno verificate nei vari gradi di giudizio e fino ad allora Tommaso Minervini ha diritto di godere della presunzione di innocenza. Ma vediamo alcune delle accuse che gli vengono mosse: Il sindaco Minervini, avrebbe realizzato «condotte delittuose» mettendosi in «un totale asservimento alla imprenditoria privata, in cambio di utili non di natura economica ma di tipo non soltanto elettorale, ma anche di gloria e onori personali, per aver realizzato opere pubbliche rilevanti per la città».
Come – secondo il Gip - considerava Minervini la città di Molfetta? «Il sindaco Minervini ha sempre agito come unico proprietario del bene pubblico, della città, da poter gestire come se fosse una cosa privata». Chi è Tommaso Minervini, secondo il giudice? «Una personalità forte ed autoritaria» capace di intromettersi «in ogni singolo bando o appalto, esorbitando dai poteri a lui conferiti dalla legge, fino ad imporre continue pressioni al dirigente Alessandro Binetti e letteralmente consegnandolo alla gestione degli imprenditori con lui collusi, animati unicamente da lucro». Insomma sembrano escluse le finalità di lucro, ma non quelle di potere, come avevamo intitolato l’editoriale del mese scorso: “Bramosia del potere”. Un narcisismo assoluto che, mutuando lo slogan “Un uomo, una città” del suo mentore l’ex sindaco e senatore Beniamino Finocchiaro (altra figura, altro spessore), si è inventato il motto “Tommaso Minervini è Molfetta”. Nulla di originale, molto di presuntuoso. E tanta presunzione la dice lunga anche della filosofia amministrativa di un uomo, che non ha il diritto di legare il destino di una città a quello suo personale.
Anche la chiesa locale avrebbe potuto assumere prudentemente un atteggiamento più distaccato dal sindaco, per evitare un contraccolpo di immagine negativa. Tommaso, come ha efficacemente scritto Lazzaro Gigante, attento osservatore e commentatore delle cose locali, soprattutto politiche, “era pronto a tutto pur di guarirsi dal senso di mediocrità”. L’esaltazione delle sue virtù e delle opere in un’egolatria senza limiti, in realtà nascondeva un complesso di inferiorità nei confronti di Finocchiaro, il quale, negli ultimi anni della sua vita, col suo fiuto politico e umano, aveva preso le distanze dal suo ex “allievo” e lo aveva criticato pesantemente.
E’ vero che il delirio di onnipotenza e l’assenza di controlli sono il segno dei tempi sovranisti che viviamo (vedi i Meloni, Trump, Putin, Netanyahu, Musk, Orban e così via), ma è ora che i cittadini tornino ad essere protagonisti del loro destino. Allora, ci chiediamo, Molfetta deve legare il suo destino al sindaco indagato? Quanti anni la città dovrà portarsi dietro questa storia giudiziaria, con tutte le conseguenze catastrofiche che ne potranno derivare sul piano amministrativo. Ecco perché appare ancora più grave il comportamento dell’amministrazione comunale che continua l’attività come se nulla fosse accaduto, come se l’assenza del sindaco fosse dovuta a un passeggero malessere fisico. La maggioranza col suo comportamento e il suo rumoroso silenzio, rischia di essere trascinata nel vortice negativo di questa vicenda. Sembra che il sindaco sia stato “scaricato”: dove sono i suoi
laudatores temporis acti
quei lodatori del tempo passato di oraziana memoria? Come si spiega il silenzio di Saverio Tammacco, che qualcuno considerava il sindaco ombra e l’artefice dei finanziamenti regionali? Dove sono i consiglieri comunali opportunisti che passano dalle critiche pesanti all’elogio sperticato, dopo aver ottenuto qualche incarico? Ora non vantano più le meravigliose opere dell’uomo che sta trasformando Molfetta? E le liste civiche del ricatto continuo, alcune con personaggi discussi e discutibili, che avevano trasformato la politica in un centro di affari personali? Anch’esse tacciono? Un silenzio colpevole? Quante miserabili debolezze umane caratterizzano la nostra politica. I cittadini si chiedono: era questo il significato del vantato silenzio ipocrita nella realizzazione delle opere pubbliche? Si sapeva già che si stavano percorrendo strade illecite, almeno secondo le accuse della magistratura? Sarebbe comprensibile la spiegazione del silenzio dopo l’arresto del sindaco e della potente dirigente De Leonardis che distruggeva le cimici messe nel suo ufficio?
Ma le facce di bronzo, no. Non si possono tollerare gli amministratori che, per non staccarsi, dalle poltrone, continuano a comportarsi come se nulla fosse accaduto, come se Molfetta ancora una volta non fosse balzata negativamente alla ribalta italiana sulle prime pagine dei giornali e sui servizi televisivi perfino sulle reti nazionali. Prendere le distanze dal sindaco, era la giusta maniera per sottolineare come assessori, consiglieri, presidente del consiglio comunale, non fossero coinvolti in questi presunti illeciti, tant’è che su di loro non è emerso nulla di illecito. Allora perché questo silenzio assordante? Per coprirlo, magari ci mettono un bel “Battiti live” con la sua risonanza mediatica, per cancellare le vergogne di queste settimane? Forse loro non sanno che l’eco mediatica di un concerto di qualche giorno, non cancella le eco giudiziarie che stanno travolgendo anche i funzionari comunali, che, dalle indagini, sembrano essere vittime dell’arroganza e della prepotenza di chi governa. Il risultato è una città paralizzata che vive in un’atmosfera nebulosa. Tutto per la vanagloria e l’autoesaltazione di un sindaco, dei suoi sodali e di una coalizione “ciambotto” estranea ai bisogni della città e con un’evidente incapacità amministrativa (dove sono gli esperti?), ancor più oggi che vive decapitata. No, la città non può essere messa agli arresti. La città non può essere “di proprietà” di un sindaco e ostaggio della sua maggioranza. Molfetta non è Tommaso Minervini, né vuole esserlo. Le dimissioni sono doverose per chi vuole recuperare un po’ di dignità, dimostrando quel rispetto verso i cittadini, sempre vantato a parole. Ora è arrivato il momento di metterlo in pratica, liberando la città da un giogo politico – affaristico che ne ha condizionato lo sviluppo economico e soprattutto sociale.
Felice de Sanctis
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