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Tommaso Minervini è Molfetta Riconfermato sindaco ma i problemi restano
15 luglio 2022

Lo sfidante di Tommaso Minervi- ni, il magistrato Lillino Drago non ce l’ha fatta a superare il gap di voti del primo turno. Così il sinda- co uscente è stato riconfermato e tenterà di portare avanti il suo progetto di continui- tà, come ha promesso durante la campagna elettorale. Minervini ha ottenuto il 52,86% dei voti (11.871 elettori), mentre a Drago sono an- dati il 47,14% dei voti (10588 elettori). Mai come questa volta lo scontro è stato brutto e senza esclusione di colpi da en- trambe le parti. Uno scontro che offre la cifra di questa competizione elettorale. Ab- biamo già citato il disprezzo con cui gli uo- mini di Minervini hanno classificato il giudice Drago, definendolo “l’altro” nella lettura dei risultati. A questo becero linguaggio si sono aggiunti gli insulti fatti davanti al comitato elettorale dell’avversa- rio, la cifra di alcuni sostenitori del sindaco uscente, privi di ogni forma di civismo e di rispetto per gli altri. A maggior ragione in questa tornata elet- torale, ha perso la politica sia per la bassa af- fluenza alle urne, sia per la proposizione di liste civiche legate a personaggi più che a idee e programmi. Quanto il nuovo sindaco con questi dati e queste premesse possa considerarsi il rappre- sentante della città, è tutto da vedere. Mi- nervini oggi rappresenta la minoranza dei cittadini di Molfetta e questo dato dovrebbe far riflettere, anche se gli assenti hanno sem- pre torto. Ma il disgusto per una politica divenuta terreno di scontro non ideologico, ma di in- teressi, ha spinto buona parte dei cittadini a disertare i seggi, lasciano la palla e la decisione a chi è andato a votare perché rispondeva a pressioni di interessi e ha mobilitato le sue truppe per vincere questa battaglia. Questa Molfetta minore non si lascia indietro il passato, non scommette sul cambiamento, ma sceglie la cosiddetta “continuità”. La sinistra paga il prezzo di non aver avuto in mano l’amministrazione comunale, con tutti i vantaggi che ne derivano. Ma paga anche la scelta di un candidato sindaco debole, poco conosciuto in città, che non è riuscito a rappresentare il malcontento esistente e dilagante in città. La politica oggi non si fa più con le ideologie e le appartenenze politiche, bensì con l’aggregazione di interessi, magari intorno ad un leader o presunto tale. Per battere questo civismo, che spesso degenera in populismo, non è bastato un magistrato. Forse sarebbe stato utile l’individuazione di un leader con un proprio carisma, un personaggio noto all’opinione pubblica, non un influencer come si dice oggi, ma quasi: un politico d’impatto. E’ mancato anche il tempo per costruire un’alternativa, sicuramente per pigrizia, forse per mancanza di organizzazione in una coalizione poco coesa per affrontare una sfida importante contro un candidato, Minervini, che poteva contare su ben 11 liste (e sarà difficile ora accontentare tutti) anche se eterogenee, che hanno avuto come collante la sete di potere e una comunanza di interessi da difendere. Tommaso Minervini, dopo la sua vittoria ha accusato i partiti nazionali e le forze politiche regionali di aver violentato le cosiddette autonomie locali (le liste civiche del ciambotto, ora si nobilitano così). Senza alcuna lista o partito nazionale, insomma, siamo al populismo puro e all’antipolitica, come metodo di gestione del potere. In pratica, per Minervini è meglio il ciambotto 2, che per lui diventa “concretezza amministrativa”, rispetto ad un’idea di città con una visione per il futuro. Minervini ha avuto anche il vantaggio di essere sindaco in carica a gestire queste elezioni. E, di questi tempi, non è poco. Queste elezioni ci consegnano una città degradata e profondamente divisa, con problemi irrisolti e un futuro tutto da immaginare, nel segno della... continuità. © Riproduzione riservata

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