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Teatrino del consiglio: cravatte multicolori e donne emarginate
15 luglio 2008

Quasi una rimpatriata tra vecchi amici. O, ad essere più maliziosi, una partita a quattro cantoni, quel gioco in cui ci sono quattro angoli, i giocatori che cambiano di angolo, ma sono sempre gli stessi ad occupare il campo di gioco. A ben guardare l'arrivo alla spicciolata di consiglieri e assessori a Palazzo Giovene pronti a lanciarsi nella prima riunione del Consiglio comunale, sembra quasi di essere al rientro dopo una breve vacanza estiva. Più primaverile, in questo caso, ma i protagonisti non sono così sorpresi di ritrovarsi tutti qui. Arriva quasi prima di tutti il più Amato dai molfettesi, che tiene, dato che ancora non l'ha fatto, a ribadirlo, con un adesivo che riporta la scritta “Number One”. Serve un po' per decifrarlo, perché da lontano pareva un'ancora di Popeyana memoria, e quasi sarebbe stato preferibile dal punto di vista del gusto, il che è tutto dire. Dal punto di vista estetico, per le pupille Pino Amato è in effetti una miniera d'oro: arriva in una tenuta completamente bianca, giacca bianca su camicia bianca, che fa molto Materazzi alla festa scudetto. E chissà, magari, il sedicente significato vorrebbe essere lo stesso. Non c'è la protesta della consulta femminile per la mancanza di rappresentanza rosa nella giunta, ipotizzata nei giorni precedenti, anche se l'argomento verrà fuori, dai banchi dell'opposizione, per bocca del consigliere Giovanni Abbattista. I più tesi sono i nuovi, gli esordienti assoluti, tra cui i giovani Angela Paola Latino e Pietro Mastropasqua, entrambi con famiglia al seguito. Mastropasqua (che ne uscirà vicepresidente del Consiglio comunale, in rappresentanza della maggioranza, Amato quello della minoranza) sembra infischiarsene della scaramanzia, mettendo in mostra una cravatta viola (glicine, ci suggeriranno gli esperti). Il settore-cravatte è un altro aspetto appagante per l'esteta, tra il suddetto viola, il verde del subentrato Leonardo Scardigno, il rosso di Pino de Candia (ma in questo caso, si tratta di un lungo retaggio), rosa di Nicola Piergiovanni, e addirittura, e c'è da tenersi forte, uno spettacolare arancione su giacca e camicia nera dell'ardito Giovanni Annese. A considerare quanto ci diano da parlare le cravatte, probabilmente la questione femminile, ritirata fuori non senza ironia da Carmela Minuto nel finale (perché il veleno, si sa, è nella coda), non è così campata in aria. E non si parla solo di giunta: quattro sole consigliere con la “e” finale, la Minuto, la Latino, la Claudio, e la Brattoli, e quest'ultima, per giunta, “ripescata”. Si inizia espletando le formalità, ma come spesso accade, nella formalità risiedono i fuoriprogramma migliori: al primo appello, la minoranza, che aveva già preso posizione tra i banchi, si fa chiamare assente. Se voleva essere una eloquente forma di protesta, non è così eloquente, dato che qualcosa non funziona: nessuno avvisa Antonello Zaza, che rimane seduto (e presente) con sguardo perplesso, e alla fine si decide ad uscire per andare a vedere cosa succede. Ufficializzazione di consiglio e giunta, poi prende la parola Mino Salvemini, che afferma come “sia doveroso non prendere posizione” sulla convalida del sindaco: lui, il sindaco, farebbe la fortuna di un regista trasteverino negli anni '70, in cerca di un caratterista di prim'ordine, perché Antonio Azzollini è un nido di espressioni facciali, tra l'ilare e il sufficiente, con cui sottolinea il discorso di Salvemini. Molto più in sordina, quasi ascetico, Pietro Uva, quando viene punzecchiato da Abbattista (assieme a Mauro Magarelli e Vincenzo Spadavecchia) sul doppio mandato consecutivo da assessore: caramella in bocca, occhi al cielo, quasi rapito dalla visione celeste del terzo mandato. Si va avanti nel caldo, solo atmosferico, con consumazioni industriali di acqua minerale. Come in una partita di football americano, lo spettacolo è nell'intervallo. Spettacolo umoristico, in questo caso: a metà seduta, la minoranza, tramite Salvemini, chiede dieci minuti di sospensione. Il presidente del Consiglio comunale, Nicola Camporeale, di larghissima mano, ne elargisce quindici: “Sono le 18.35, ci vediamo alle 18.50”. “Ma anche prima!”, gli fanno dai banchi i consiglieri della minoranza. “D'accordo. Allora ci vediamo alle 18.55”. Inarrivabile. Nel “secondo tempo”, l'appello di Abbattista, subito dopo l'ufficializzazione della giunta, al quale abbiamo già accennato: si batte ancora sul dubbio di legittimità di Azzollini, che allarga le braccia seccato, poi Abbattista parla del doppio mandato che Uva, Magarelli e Spadavecchia hanno già concluso da assessore (invece la maggioranza ritiene non concluso quello dell'amministrazione Minervini), sottolineando comunque quanto siano stati suffragati. “A parte Uva, ovvio”, chiude Abbattista, scatenando l'ilarità dell'aula. Il veleno è nella coda. La replica di Azzollini renderebbe ancora più orgoglioso quel regista di cui sopra: con fare istrionico, sottolinea appena cinque volte quanto “inesperto” sia Abbattista, esordiente nel Consiglio comunale, per cui lo comprende. “Eppure sei un ottimo avvocato, certe cose non dovrebbero sfuggirti. 'N ziè mè u facive quenn t' chiemibbe. Scimm 'nnenz!”. David di Donatello.
Autore: Vincenzo Azzollini
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