Quasi una rimpatriata tra vecchi amici. O, ad essere
più maliziosi, una partita a quattro cantoni,
quel gioco in cui ci sono quattro angoli,
i giocatori che cambiano di angolo, ma sono sempre
gli stessi ad occupare il campo di gioco.
A ben guardare l'arrivo alla spicciolata di consiglieri
e assessori a Palazzo Giovene pronti a lanciarsi
nella prima riunione del Consiglio comunale, sembra
quasi di essere al rientro dopo una breve vacanza
estiva. Più primaverile, in questo caso, ma i protagonisti
non sono così sorpresi di ritrovarsi tutti qui.
Arriva quasi prima di tutti il più Amato dai molfettesi,
che tiene, dato che ancora non l'ha fatto, a ribadirlo,
con un adesivo che riporta la scritta “Number
One”. Serve un po' per decifrarlo, perché da lontano
pareva un'ancora di Popeyana memoria, e quasi sarebbe
stato preferibile dal punto di vista del gusto,
il che è tutto dire. Dal punto di vista estetico, per le
pupille Pino Amato è in effetti una miniera d'oro:
arriva in una tenuta completamente bianca, giacca
bianca su camicia bianca, che fa molto Materazzi alla
festa scudetto. E chissà, magari, il sedicente significato
vorrebbe essere lo stesso. Non c'è la protesta della
consulta femminile per la mancanza di rappresentanza
rosa nella giunta, ipotizzata nei giorni precedenti,
anche se l'argomento verrà fuori, dai banchi dell'opposizione,
per bocca del consigliere Giovanni Abbattista.
I più tesi sono i nuovi, gli esordienti assoluti,
tra cui i giovani Angela Paola Latino e Pietro Mastropasqua,
entrambi con famiglia al seguito.
Mastropasqua (che ne uscirà vicepresidente del
Consiglio comunale, in rappresentanza della maggioranza,
Amato quello della minoranza) sembra infischiarsene
della scaramanzia, mettendo in mostra
una cravatta viola (glicine, ci suggeriranno gli esperti).
Il settore-cravatte è un altro aspetto appagante
per l'esteta, tra il suddetto viola, il verde del subentrato
Leonardo Scardigno, il rosso di Pino de
Candia (ma in questo caso, si tratta di un lungo retaggio),
rosa di Nicola Piergiovanni, e addirittura,
e c'è da tenersi forte, uno spettacolare arancione su
giacca e camicia nera dell'ardito Giovanni Annese.
A considerare quanto ci diano da parlare le cravatte,
probabilmente la questione femminile, ritirata
fuori non senza ironia da Carmela Minuto nel
finale (perché il veleno, si sa, è nella coda), non è
così campata in aria. E non si parla solo di giunta:
quattro sole consigliere con la “e” finale, la Minuto,
la Latino, la Claudio, e la Brattoli, e quest'ultima,
per giunta, “ripescata”.
Si inizia espletando le formalità, ma come spesso
accade, nella formalità risiedono i fuoriprogramma
migliori: al primo appello, la minoranza, che aveva
già preso posizione tra i banchi, si fa chiamare assente.
Se voleva essere una eloquente forma di protesta,
non è così eloquente, dato che qualcosa non funziona:
nessuno avvisa Antonello Zaza, che rimane seduto
(e presente) con sguardo perplesso, e alla fine si
decide ad uscire per andare a vedere cosa succede.
Ufficializzazione di consiglio e giunta, poi prende
la parola Mino Salvemini, che afferma come
“sia doveroso non prendere posizione” sulla convalida
del sindaco: lui, il sindaco, farebbe la fortuna di
un regista trasteverino negli anni '70, in cerca di un
caratterista di prim'ordine, perché Antonio Azzollini
è un nido di espressioni facciali, tra l'ilare e il
sufficiente, con cui sottolinea il discorso di Salvemini.
Molto più in sordina, quasi ascetico, Pietro Uva,
quando viene punzecchiato da Abbattista (assieme
a Mauro Magarelli e Vincenzo Spadavecchia)
sul doppio mandato consecutivo da assessore: caramella
in bocca, occhi al cielo, quasi rapito dalla visione
celeste del terzo mandato.
Si va avanti nel caldo, solo atmosferico, con consumazioni
industriali di acqua minerale.
Come in una partita di football americano, lo
spettacolo è nell'intervallo. Spettacolo umoristico,
in questo caso: a metà seduta, la minoranza, tramite
Salvemini, chiede dieci minuti di sospensione. Il presidente
del Consiglio comunale, Nicola Camporeale,
di larghissima mano, ne elargisce quindici: “Sono
le 18.35, ci vediamo alle 18.50”.
“Ma anche prima!”, gli fanno dai banchi i consiglieri
della minoranza. “D'accordo. Allora ci vediamo
alle 18.55”. Inarrivabile.
Nel “secondo tempo”, l'appello di Abbattista, subito
dopo l'ufficializzazione della giunta, al quale
abbiamo già accennato: si batte ancora sul dubbio
di legittimità di Azzollini, che allarga le braccia seccato,
poi Abbattista parla del doppio mandato che
Uva, Magarelli e Spadavecchia hanno già concluso
da assessore (invece la maggioranza ritiene non
concluso quello dell'amministrazione Minervini),
sottolineando comunque quanto siano stati suffragati.
“A parte Uva, ovvio”, chiude Abbattista, scatenando
l'ilarità dell'aula. Il veleno è nella coda.
La replica di Azzollini renderebbe ancora più orgoglioso
quel regista di cui sopra: con fare istrionico,
sottolinea appena cinque volte quanto “inesperto”
sia Abbattista, esordiente nel Consiglio comunale,
per cui lo comprende. “Eppure sei un ottimo avvocato,
certe cose non dovrebbero sfuggirti. 'N ziè mè
u facive quenn t' chiemibbe. Scimm 'nnenz!”.
David di Donatello.
Autore: Vincenzo Azzollini