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Studi molfettesi: una morte annunciata Il numero speciale su Gaetano Salvemini
15 maggio 2004

di Ignazio Pansini E' uscito il n. 13-14 di “Studi Molfettesi” (nella foto, la copertina), dedicato interamente a Gaetano Salvemini, e curato da Marco Ignazio de Santis. Il primo saggio, dello stesso curatore, ha per titolo “ Picca, Salvemini, Mons. Picone e l'esperimento riformista molfettese del 1902-1904”. Attraverso lo spoglio ampio ed accurato della stampa locale, provinciale e nazionale, della memorialistica, e dei carteggi dell'epoca, l'autore ricostruisce il tentativo salveminiano di compattare una coalizione riformista formata da repubblicani, radicali e socialisti. L'esperimento riuscì, e dal 23 marzo 1902 al 21 luglio 1904 ebbe luogo a Molfetta una vicenda amministrativa che, come molto opportunamente sottolinea l'autore, ha un grande valore paradigmatico. Cerchiamo di spiegarne brevemente le ragioni. Innanzi tutto, il Programma dei partiti popolari, elaborato essenzialmente da Salvemini e faticosamente concordato con repubblicani e radicali, è impostato su cinque punti fondamentali: riforma finanziaria, con abolizione dei vecchi dazi sui generi alimentari, ed introduzione dell'imposta progressiva di famiglia; riforma dell'istruzione, con istituzione di scuole serali, di refezioni scolastiche, e con la regificazione definitiva del Liceo-Ginnasio, che costituiva ormai da anni una vera e propria mina vagante nella vita politica molfettese; riforma amministrativa, con municipalizzazione di alcuni servizi pubblici, snellimento delle procedure burocratiche, regolarizzazione delle pratiche concorsuali per gli impieghi pubblici, agevolazioni per il risparmio e per l'accesso al piccolo prestito; riforma della beneficenza, con l'istituzione di una farmacia comunale e di una condotta medica; infine riforma igienica, con l'avvio di un programma organico di risanamento dei quartieri malsani. Questo formidabile corpus riformistico, fatto proprio dalla coalizione vincente e dal sindaco Francesco Picca, infaticabilmente pubblicizzato dalla conferenze propagandistiche di Salvemini e di altri socialisti, rendeva la nostra città un laboratorio politico d'avanguardia, e non solo nel Mezzogiorno. Ma quando le riforme si fanno sul serio, cominciano subito i guai. La nuova amministrazione dovette affrontare innanzi tutto l'opposizione dei clerico-moderati, guidati dal vescovo, mons.Pasquale Picone. I temi di maggior contrasto riguardavano l'istruzione e la beneficenza. Certamente,la polemica sui canoni d'affitto e sugli sfratti dei locali del Seminario e della Madonna dei Martiri, alimentata dal vescovo con motivazioni pretestuosamente amministrative, ma sostanzialmente politiche, nascondeva in realtà l'intenzione di non perdere potere ed influenza in due campi, quelli appunto educativo ed assistenziale, tradizionalmente appannaggio della Chiesa, e delle istituzione ad essa strettamente legate. Ma era una lotta di retroguardia, e, all'epoca, ormai perdente: l'opposizione clericale era sostanzialmente debole, anche perché ben individuabile nei propositi e prevedibile nelle mosse. In realtà, il suo maggior nemico, la coalizione popolare lo covava nel proprio seno: erano i repubblicani. Per la prima volta, ed in maniera incontrovertibile, lo studio di de Santis documenta i maneggi, le ambiguità, i veri e propri sabotaggi dei pansiniani, che indussero il sindaco Picca alle dimissioni, e provocarono la fine del governo popolare. Dal 1893 al primo dopoguerra, quel partito si configura a Molfetta come un contenitore spregiudicato di interessi forti, di clientele burocratiche e ceti parassitari, disposto a collocarsi indifferentemente a destra o a sinistra dello schieramento, con un unico, granitico programma: il mantenimento del potere. Parafrasando un famosa ed amara frase di Tommaso Fiore, ed alla luce anche delle vicende nostrane degli ultimi anni e degli ultimi giorni, si potrebbe intitolare “Pietro Pansini for ever” un capitolo rilevante della storia politica molfettese del Novecento. Ma Salvemini, Picca e compagni dovevano vedersela anche alla propria sinistra, con i massimalisti della locale sezione socialista, che premevano per l'attuazione integrale ed immediata del programma, e maldigerivano le continue mediazioni con i pansiniani. Allora, come oggi, e come sempre, le ragioni dei massimalisti, in genere giuste in linea di principio, possono rivelarsi disastrose in sede politica. Mi viene in mente a proposito l'irresistibile scena del film di Ken Loach, “Terra e Libertà”, con la vecchina che nella Barcellona del 1938 vede comunisti ed anarchici che si scambiano dai balconi insulti e fucilate, e grida disgustata: “Sparate ai fascisti,coglioni!”. Molto opportunamente, de Santis riporta ampi stralci della corrispondenza e degli articoli di Salvemini, che illuminano le varie fasi della breve ma intensa vicenda riformista, e che si connettono perfettamente alla parte narrativa. Inutile sottolineare la dialettica argomentativa e la godibilità dell'ironia salveminiane: il povero Pansini ne esce stritolato, Sergio Panunzio si becca una lezione di realismo politico, della quale non fece tesoro allora, e soprattutto in seguito, e noi emergiamo un po' dai miasmi dell'attuale palude. Il numero speciale della rivista si avvale di altri tre saggi, due di Pasquale Minervini e uno di Vincenzo Valente. Nel primo, “Trepidazione a Molfetta per Salvemini e Maltese nel terremoto di Messina e consuetudine di Salvemini con Picca dopo il disastro”, Minervini getta nuova luce sulla tragica vicenda siciliana, in cui perse la vita anche il prof. Raffaele Maltese, amico del Nostro; nel secondo, “Gaetano Salvemini per gli asili d'infanzia e i bambini orfani e disagiati”, si offre nuova documentazione sul grande e noto impegno dello storico a favore dei bambini sfortunati. Infine Valente,nel lavoro “Adelchi Valente e Gaetano Salvemini”, ci narra di un suo zio, che fu amico del Molfettese e collaborò all' “Unità”. Con questo numero, si esauriscono i fondi destinati alla pubblicazione di una rivista che fu fortemente voluta dall'amministrazione di Guglielmo Minervini. Sostenuta dalla attiva collaborazione di numerosi studiosi, diversi per temperamento e formazione, ma accomunati tutti dall'amore per la ricerca libera e disinteressata, diretta con autorevolezza e dedizione da Marco Ignazio de Santis, essa attende invano da tempo che gli attuali amministratori di questa città vogliano impiegare qualche briciola del loro tempo prezioso, per far sì che possa continuare. Se questo tempo non potrà, o non vorrà, trovarsi, essa, comunque, continuerà.
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