Storie di disperati e di furbi È l’Italia che non cambia
Reddito di cittadinanza, una misura in difesa della povertà, che è finita nel mirino del governo Meloni, che vuole sopprimerla. La notizia ha gettato nella disperazione migliaia di persone che devono a questa misura economica la loro sopravvivenza. Come sempre in Italia invece di migliorare le leggi, si sopprimono, sostituendole con altre che spesso sono peggiori del male. Che il reddito di cittadinanza dovesse essere corretto, non c’erano dubbi. Soprattutto per quanto riguarda i controlli, altra incapacità tutta italica, per cui i furbi riescono sempre a farla franca. Ma una cosa sono i controlli e gli abusi, altra è stabilire per legge chi può lavorare, senza considerare i vari casi e soprattutto trovare un lavoro che non c’è, al Sud in particolare. Tra i casi drammatici, ce ne sono alcuni che citiamo per capire la gravità della situazione della povertà e la superficialità di chi vuole eliminare il reddito ai poveri, ma favorire evasori e corrotti. Una donna vittima di violenza domestica, deve provvedere al figlio disabile, per il quale il padre non passa gli alimenti. Ma c’è anche la donna che non può lavorare perché deve occuparsi di una figlia maggiorenne che soffre di una grave patologia e ha bisogno di assistenza continua. L’assegno di cittadinanza non le ha risolto il problema, ma l’aiuta. Come fa questa donna a cercare un lavoro come chiede Meloni? «Ho 58 anni – ci dice un operaio disoccupato – la mia ditta ha chiuso e alla mia età è difficile trovare un lavoro, perché nessuno mi vuole. Eppure ho una esperienza, non sono incapace nel mio mestiere. Con quello che ho messo da parte sopravvivo, perché devo mantenere la famiglia. Il reddito mi ha salvato dalla disperazione. Ora non dormo la notte perché ho paura che me lo tolgano». Spesso si tratta di persone che hanno bisogno, ma per dignità si vergognano a chiederlo e lo fanno attraverso i Caf (diventati quasi servizi sociali), cercando di restare anonimi. Un ex impiegato, rimasto disoccupato a 60 anni, si vergognava a chiedere il reddito di cittadinanza (“mi sembrava di chiedere l’elemosina, di non avere dignità”), ma ha provato a cercare lavoro, senza successo: «non voglio la carità, mi voglio guadagnare da vivere con le mie mani, con la mia testa, ma sono due anni che giro a vuoto. Mi trovi la Meloni il lavoro, invece di dire chiacchiere. A parlare sono tutti bravi!». Una signora di 50 anni ha girato l’Europa per lavoro, poi ha scoperto di essere malata ed è stata costretta a fermarsi. Ha rimediato un assegno di invalidità. «Poi nel 2019 è arrivato l’assegno di cittadinanza e alla misera pensione si sono aggiunte 500 euro al mese. Non è una soluzione, ma per fortuna ci sono amici che mi aiutano con la spesa al supermercato». I percettori del reddito rifiutano la definizione di “parassiti”, vogliono lavorare, ma nemmeno il Comune li impegna nei progetti. «Facciamo lavoretti ogni tanto e ci arrangiamo, ma si tratta sempre di lavori precari e malpagati. Il reddito di cittadinanza ci ha dato un sollievo. Ora lo vogliono togliere, ma ci diano un lavoro sicuro, altrimenti tacciano, perché loro non sanno cosa significa mantenere una famiglia con pochi spiccioli». Ad aggravare la situazione sono intervenuti i rincari di luce e gas: «Percepisco 800 euro di reddito di cittadinanza, ma con gli aumenti delle bollette e di tutti i prodotti, non riesco ad arrivare alla fine del mese. Per fortuna ci sono alcuni parenti che ci aiutano», racconta una donna di 54 anni. Ma anche i giovani non stanno meglio: ««Facevo la segretaria in un ufficio, dalle 8 del mattino alle 8 di sera con solo un’ora di pausa: mi davano 500 euro al mese. Ovviamente in nero, racconta Paola, 42 anni. Sempre in nero ho lavorato. Ho fatto la domestica, la commessa in una cioccolateria, l’assistente in uno studio dentistico. Ogni volta che chiedevo di essere regolarizzata, mi veniva risposto che non si poteva perché i costi erano troppo alti. Da quando prendo il Reddito ho detto basta. Vorrei trovarmi un lavoro regolare, ma gli stipendi che propongono in giro sono troppo bassi». Le retribuzioni in nero, che piacciono tanto al governo che con la manovra economica e innalzamento del tetto al contante fino a 5.000 euro, le favorisce, sono la vera piaga da sanare, ma nessuno finora è riuscito a porvi rimedio. Ecco perché le affermazioni di qualche ministro che sostiene che il lavoro in giro ci sia e che gli imprenditori non trovano manodopera, è una presa in giro. Certo che non trovano manodopera, perché le retribuzioni che offrono sono basse e una parte di queste è in nero. «La politica non capisce due cose - spiega Mauro, disoccupato di 35 anni - la prima è che siamo una risorsa sprecata, perché invece di impiegarci nei progetti ci lasciano a casa e a noi non fa piacere. La seconda cosa è che ci vorrebbero controlli seri, perché come ci sono i finti invalidi ci sono anche coloro che non dovrebbero avere il reddito, come coloro che fanno finta di separarsi per prenderlo due volte. E queste persone, per noi, sono solo un danno. Se i nostri ministri sono ignoranti, si informino e migliorino la legge, invece di sopprimerla. Facessero funzionare i centri per l’impiego, quelli sì che sono inutili con gente occupata a prendere soldi pubblici, senza riuscire a trovare un lavoro per chi ha bisogno. Troppe parole e pochi fatti. E per noi dalla precarietà alla disperazione, il passo è breve». Ma ci sono migliaia di furbi, sconosciuti a controllori distratti o incapaci: c’è chi lavora in nero e risulta disoccupato e nullatenente pur possedendo una decina di auto, si è separato dalla moglie solo per avere il reddito di cittadinanza (lo percepiscono entrambi). «Se lo Stato non è capace di farsi rispettare, mica posso essere così fesso da dichiarare i redditi. Sai quanta gente lavora in nero come me e fa la bella vita. Non sono il primo e non sarò l’ultimo. Anche se mi scoprono, pagherò una multa o la contesterò, tanto c’è sempre un condono in vista. Perderà il reddito di cittadinanza, ma avrò messo da parte tanti soldi da poter arrivare alla pensione». E l’Italia ragazzi e tu non ci puoi fare nulla! © Riproduzione riservata
Autore: Angelica Vecchio