Sotto il cielo dei Miti
Penelope, Prometeo, Elettra, Palamede, Icaro, Enea e tante altre figure di mortali, di eroi e di dei, narrati sin dai tempi più remoti e fondamento della nostra cultura, hanno preso vita nei suggestivi scenari del Pulo e del giardino del Museo Archeologico del Pulo di Molfetta, grazie alla rassegna promossa dal Teatrermitage, con il sostegno del Comune di Molfetta. Sbaglierebbe, però, chi pensasse che le loro vicende siano da coniugare al passato, siano favole per intrattenere adulti eruditi. È vero che eroi e dei non esistono ma le loro storie ci riguardano da vicino; ascoltandole scopriamo qualcosa di noi, dei nostri atteggiamenti, dei nostri difetti e dei nostri pregi, dei nostri desideri e delle nostre paure. Scopriamo dei gelosi e vendicativi, mortali innamorati e coraggiosi, eroi capaci di sfidare gli dei e di peccare di tracotanza e, soprattutto, scopriamo l’attualità delle situazioni narrate. Il pensiero corre, ad esempio, alla vicenda di Penelope: la fedele sposa di Odisseo che attende il ritorno del marito tessendo una tela che di notte disfa, rielaborata da Raffella Giancipoli in “Cara Penelope”. La protagonista diventa Anna (che tutti in paese hanno soprannominato Penelope), che cuce ogni giorno attendendo il ritorno del marito marinaio e accudendo suo figlio. La donna racconta la sua solitudine, le sue illusioni, il culto degli oggetti che le ricordano i tempi carichi di speranze, le sue disillusioni, il rendersi conto che il marito, da sempre, aveva anteposto i suoi desideri, i suoi progetti a quelli della moglie. Un racconto che è un crescendo di dolore sino alla ribellione e al colpo di scena finale, quando il marito torna convinto che nulla sia cambiato nella mente e nel cuore di Anna. Una donna volitiva e irriverente: così viene presentata Elettra da Patrizia Labianca in “Elettra. La Madre Guerra”, una figlia che vuole vendicare il padre, considerato un eroe. Ma la violenza genera violenza. Gaetano Colella (compagnia Armamaxa) ha interpretato un Icaro reso deforme dallo schianto a cui è sopravvissuto (“Icaro Caduto”, per la regia di Enrico Messina), un fanciullo divenuto uomo covando un crescente odio verso un padre che di lui non si è molto curato, perso com’era nei suoi esperimenti (al punto da mettere a repentaglio la vita del piccolo Icaro quando aveva pochi mesi). La compagnia CartiCù ha proposto una narrazione apparentemente divertita, a tratti irriverente, ma molto profonda dell’” Eneide” con Giuseppe Ciciriello voce narrante, accompagnato da Piero Santoro (fisarmonica) e Ferdinando Filomeno (fiati). Enea, figlio di una notte d’amore tra Afrodite e il pastore Anchise (che sarà punito da Zeus), conduce i sopravvissuti alla distruzione di Troia attraverso il Mediterraneo, verso una nuova terra, sperando nel futuro, nonostante l’ostilità degli dei. Uno scenario drammaticamente attuale, se pensiamo alle centinaia di disperati che sfidano il mare alla ricerca di una vita migliore e non sempre sono fortunati come il mitico Enea, che fonderà città e dalla cui stirpe nasceranno Romolo e Remo (ndr). L’eterno dramma dell’uomo accusato ingiustamente e ingiustamente condannato è stato portato in scena da Vito D’Ingeo ed Elio Colasanto in “Je suis Palamede”. Intensa e appassionata l’arringa difensiva dell’eroe greco, le cui vicende sono narrate da Gorgia, Ditti Cretese, Darte Frigio, Filostrato, e ritenuto “inventore” di alcune lettere dell’alfabeto, di leggi scritte, dei numeri, di calcoli astronomici, di giochi antesignani degli scacchi. Andata in scena nella dolina, la performance ha trovato un insolito aiuto nella natura. Proprio nei momenti più intensi dell’arringa, stormi di corvi hanno cominciato a volteggiare, quasi un presagio del tragico epilogo della vicenda. Il dio greco Dioniso, Bacco per i Romani, Liber per gli Italici, e il suo infelice amore per il giovane Ampelo che sarà ucciso da un toro (punto da un tafano) è stato narrato da Vittorio Continelli. Ampelo spirerà tra le braccia di Dioniso e il suo corpo esamine si trasformerà in vite dando agli uomini il “dolce dono del vino”. Dedicate ai ragazzi ma coinvolgenti anche per gli adulti le narrazioni proposte dallo stesso Vittorio Continelli e dal Teatro dei Cipis. Continelli ha narrato le vicende di Deucalione e Pirra (figli, rispettivamente, di Prometeo e di Epimeteo), protagonisti del mito greco del diluvio universale. Per volontà degli dei, riescono a salvarsi per ridare vita al genere umano. Il racconto evoca un pianeta eccessivamente sfruttato, una terra diventata improduttiva, sterile ma che, grazie all’opportunità che gli dei danno ai due protagonisti, tornerà ad ospitare la vita. Prometeo è il protagonista del mito portato in scena da Giulia Petruzzella (Teatro dei Cipis) che, con la collaborazione dei giovanissimi spettatori, ha rappresentato il mito del titano che, sfidando Zeus, dona il fuoco agli uomini (che lo stesso Prometeo aveva avuto il compito di creare dal fango) per aiutarli a vivere e progredire. La sua disobbedienza al padre degli dei gli costerà cara: sarà condannato a un atroce supplizio. Ma tutto termina con una grande festa. Tutte le rappresentazioni sono state apprezzate dagli spettatori; del resto, altissima si è rivelata la qualità dei testi che hanno offerto numerosi spunti di riflessione, né appare fuori luogo definire magistrali le performance di tutti gli attori. Ogni spettacolo, inoltre, è stato preceduto da “esplorazioni guidate” alla scoperta della dolina e dei reperti custoditi nelle sale della Casina Cappelluti. Vincente si è rivelata, dunque, la scelta di coniugare archeologia, mito, teatro e natura. Per “Sotto il Cielo dei Miti” si può affermare, senza tema di smentita, “buona la prima”, con l’auspicio che la rassegna sia confermata anche nei prossimi anni. La risposta del pubblico sembra testimoniare la volontà di tornare ad appassionarsi, a commuoversi, a indignarsi, a gioire condividendo i sentimenti portati sulla scena. © Riproduzione riservata