Sono “buoni” a nulla?
Lo scorso 29 maggio è stato pubblicato sull’albo pretorio del Comune di Molfetta un avviso denominato “Facciamo i buoni. Compra a Molfetta” con cui l’Amministrazione comunale vuole sondare la disponibilità degli esercenti commercciali per una sperimentazione nel settore del commercio di vicinato, una iniziativa che si propone come risposta alla crisi prodotta dalle chiusure causate dalla pandemia Covid-19. Di che si tratta? L’Amministrazione vuole sperimentare in un periodo che va dal 6 giugno al 31 luglio prossimo l’utilizzo di voucher che siano spendibili esclusivamente nel comune di Molfetta e nel circuito costituito dai commercianti aderenti all’iniziativa “con esclusione di quelli operanti all’interno dei Centri commerciali”. Come funzionerebbe il sistema? Le attività commerciali aderenti all’iniziativa riceverebbero dal Comune una dotazione iniziale di voucher del valore ognuno di 20€, si impegnerebbero a praticare uno sconto del 10% al cliente sul prezzo di cartellino esposto al pubblico e allo stesso tempo il commerciante per una spesa minima di 40€ fornirebbe al cliente un voucher del valore di 20€ utilizzabile in altra attività commerciale aderente al circuito in cui potrebbe essere speso sempre a fronte di una spesa minima di 40€. Ogni voucher potrebbe essere “girato” più di una volta da un esercente all’altro e ognuno apporrebbe timbro e firma sul retro del voucher. Alla fine del periodo di sperimentazione il commerciante riscuoterebbe dal Comune l’equivalente in euro dei voucher da lui incassati, nel numero massimo del triplo dei voucher ricevuti. L’Amministrazione stima di impegnare 50.000€ per introdurre una sorta di “moneta complementare” e pubblicizzare il circuito degli esercenti aderenti a questa sperimentazione. Questa massa di “moneta complementare” a quella effettiva degli euro che ognuno di noi utilizza, secondo l’Amministrazione comunale, dovrebbe servire da leva per stimolare e movimentare un corrispettivo di moneta reale nel circuito dell’economia locale pari almeno a 200.000€. Qual è l’obiettivo? Rilanciare l’economia cittadina e in particolare il commercio urbano di prossimità “in un momento di difficoltà come quello attuale, in cui rischiano di sfaldarsi relazioni economiche e sociali nella Città”. A fronte di ciò sovvengono alcune riflessioni. In primo luogo, ci sembra evidente che non da oggi il commercio urbano viva un momento di difficoltà e che le relazioni economiche e sociali si siano sfaldate non poco, soprattutto a seguito del cambiamento epocale introdotto dall’avvento della grande distribuzione commerciale. Giova ricordare che l’insediamento massiccio delle grandi catene della distribuzione nella nostra zona industriale ha tagliato le gambe al commercio di vicinato ben più di altre città limitrofe, a riprova che altre scelte all’epoca potevano essere fatte ma non sono state fatte né dalle amministrazioni di centrodestra che da quelle di centrosinistra, i cui esponenti oggi si ripropongono come amici del commercio di prossimità dopo aver favorito i grandi insediamenti sia per una certa mentalità provinciale (del tipo “arriva il progresso, che cosa ci possiamo fare”) sia per la “ripartizione” di nuovi posti di lavoro da gestire. Poche forze politiche si sono dichiarate all’epoca contrarie, tra cui la sinistra comunista cittadina – insieme ad altri sparuti comitati di commercianti – che comprensibilmente denunciava il paradosso di una zona industriale in cui andavano a insediarsi attività prettamente commerciali. C’era anche chi pur dichiarandosi contrario in linea di principio ai nuovi insediamenti della GDO (grande distribuzione organizzata) faceva appello alla sinergia che avrebbe dovuto esserci tra commercianti e Pubblica amministrazione per intercettare nella città storica ttraverso il marketing, le iniziative di strada, il trasporto pubblico una parte dei flussi provinciali e regionali che sarebbero calati sulla Molfetta 2, quella della zona industriale. Ovviamente nulla di tutto ciò ha potuto garantire la tenuta del tessuto economico urbano, nè le iniziative stagionali di promozione né il pullulare delle tante associazioni commerciali di strada né tanto meno è stato sufficiente il maquillage periodico dell’arredo urbano – panchine, fioriere, marciapiedi, illuminazione – che spesso abbiamo sentito invocare da alcuni commercianti del “salotto buono” molfettese come asso nella manica. Questa breve premessa storica generale era d’obbligo e non andrebbe mai dimenticata proprio perché chi dimentica errori e relative responsabilità politiche, istituzionali ed economiche è destinato – come vedremo – a ripetere gli stessi errori. Quali errori? Ad es. l’improvvisazione propagandistica ed estemporanea di iniziative come questa dei voucher promossa dall’Amministrazione, uno strumento – quello dei voucher e delle monete locali complementari – che in sè sarebbe anche una iniziativa coraggiosa ma calato a freddo senza un contesto di programmazione e preparazione alle spalle rischia di finire in barzelletta, tanto più se l’iniziativa sembra scopiazzata male e studiata poco. Si tratta di un’iniziativa propogandistica perché annunciata in pompa magna a quanto pare senza effettivo dibattito e costruzione collegiale tra Amministrazione e organizzazioni di categoria dei commercianti ed associazioni di strada. Estemporanea perché concepita in breve tempo e della durata ancor più breve di due mesi scarsi. Come possa una misura nuova e innovativa nello spirito produrre risultati dal 6 giugno al 31 luglio, in un lasso di tempo così breve, è davvero difficile da capire. In questo senso hanno centrato il bersaglio i consiglieri comunali di Rifondazione Comunista/Compagni di Strada, Paola de Candia e Beppe Zanna, che hanno denunciato il sapore pre-elettorale della iniziativa che rischia di risolversi in mance e mancette quando invece ci sarebbe bisogno di un ripensamento radicale e di una riforma coraggiosa del settore del commercio e più in generale dell’economia urbana. Perché così come non ha senso ragionare di commercio cittadino avendo in mente soltanto il ristretto quadrilatero commerciale del centro ma includendo anche i quartieri di Levante, Ponente, 167 vecchia e nuova, così non ha senso ragionare di rilancio dell’ecnomia urbana pensando solo al settore del commercio, senza includere quello dei settori primari e dell’artigianato. In questo senso hanno rilanciato la proposta di Resp@ (https://www.molfettalive.it/news/politica/946045/prc-nel-2017-proposte- per-rilanciare-il-commercio-cittadino), la Rete economica solidale pubblica ideata nel 2017 dalla coalizione di sinistra, che punta alla creazione di un consorzio stabile tra operatori economici locali, Pubblica amministrazione e partecipazione dei cittadini che grazie alla programmazione, alla scontistica permanente, alla promozione di un marchio cittadino, a un “manager di strada” e alla creazione di circuito monetario complementare, anche su piattaforma digitale (sul modello di Sardex.net), potrebbe provare a far ripartire l’economia urbana e invertire la tendenza ventennale al declino. Per questo consorzio di rete andrebbero esclusivamente concentrate e destinate le risorse pubbliche comunali invece di disperderle in mille rivoli e inefficaci patrocinii- mancia dell’associazione X piuttosto che l’organizzazione di categoria Y. Si tratta di una proposta – quella rilanciata dai consiglieri de Candia e Zanna – che avrebbe potuto e dovuto essere istruita, studiata nei dettagli, metabolizzata all’interno del DUC (Distretto Urbano del Commercio), spiegata massicciamente a tutti gli operatori per poi infrastrutturarla, e invece niente di tutto questo è stato fatto. Questo organismo creato nel dicembre 2017 con il concorso di Comune e associazioni di categoria dei commercianti avrebbe dovuto essere la cabina di regia in cui elaborare prima di tutto un Piano strategico di rilancio del commercio locale e, invece, dopo due anni e mezzo la città si ritrova sprovvista di questo strumento, con le risorse economiche del DUC sperperate in locandine, iniziative spot, manifestazioni estemporanee senza nessun filo rosso, senza nessuna strategia che non sia appunto – come sembra – quello del consenso a breve termine, magari in vista di prossimi appuntamenti elettorali come quello delle elezioni regionali. Quel che colpisce è che a fronte di una crisi acclarata e conclamata da vent’anni non si trova la forza di reagire invertendo la tendenza o quanto meno provando a intraprendere nuove strade, eppure non mancano alcuni operatori locale che si espongono, manifestano intraprendenza, preparazione, capacità analitica della realtà e proposta di visione strategica. Quel che manca è il ruolo attivo, serio e responsabile di quanti ricoprono responsabilità isituzionali e tra questi includiamo anche le organizzazioni di categoria e associazioni di strada dei commercianti. La loro buona volontà si esaurisce nel ruolo di meri organizzatori di iniziative estemporanee senza svolgere un effettivo e incisivo ruolo di attore strategico propositivo, del resto non si spiega altrimenti il silenzio e il mutismo rispetto alle iniziative dell’Amministrazione mentre altre categorie quando non sono d’accordo prendono pubblicamente posizione e rilanciano le loro proposte facendo progredire il dibattito e la vita cittadina. A Molfetta, invece, sembra regnare una “pace” utile solo a preparare campagne elettorali e rinfocolare discussioni in luoghi ristretti non aperti al pubblico vasto degli operatori economici, manifestazioni stagionali ed estemporanee nonché richieste di piccoli contributi e patrocinii, presenza inattiva nei luoghi di programmazione come il DUC che non fa quello per cui doveva nascere, ad es. una bozza di Piano strategico del commercio che dopo 30 mesi di tempo è ancora latitante. A quasi tre anni di distanza dall’insediamento di questa Amministrazione e dalla nascita del Distretto Urbano del Commercio bisognerà pur dire che le politiche in questo settore fanno acqua e che la responsabilità risiede non solo nella limitatezza culturale, politica e strategica della Giunta Minervini ma anche nella silenziosa collateralità ad essa delle organizzazioni di categoria e delle associazioni di strada che rappresentano i commercianti molfettesi e i loro imprenditori. Un mix di insipienza amministrativa e di corte vedute che già in altre epoche ha prodotto illusioni e amare delusioni non solo per il commercio cittadino ma anche per l’intera economica urbana, basti guardare alla stagione dei primi anni Duemila, quella appunto dell’apertura della Gdo. Ci troviamo davvero in una situazione tragica nella nostra città già provata dall’ondata insediativa della grande distribuzione a inizio anni Duemila e dalla grande crisi del 2007-2008 che in Puglia a partire dal 2014 ha ridotto il numero di aziende nel settore del commercio, pur aumentandone gli impiegati. Oggi si aggiunge anche la crisi indotta dalla emergenza sanitaria Covid-19 e temiamo che senza cambiare mentalità e prospettiva, questo potrebbe essere l’ulteriore colpo irrecuperabile all’economia urbana e al commercio della città di Molfetta. © Riproduzione riservata