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SI’ o NO, il referendum del 4 dicembre. Ecco come potrebbe cambiare la nostra Costituzione
15 novembre 2016

Una battaglia all’ultimo voto destinata a segnare comunque vada, in modo incisivo i futuri equilibri politici del nostro Paese. È il referendum indetto per il 4 dicembre e con il quale i cittadini italiani si esprimeranno sulle modifiche costituzionali approvate dal governo Renzi. Al centro del quesito referndario c’è la riforma costituzionale detta Renzi-Boschi approvata dal Parlamento il 12 aprile del 2016 dopo quasi due anni di dibattito parlamentare (il disegno di legge è stato presentato alla Camera l’8aprile del 2014) e che modifica radicalmente l’assetto costituzionale del nostro paese. La riforma, come è possibile leggere nel disegno di legge si prefigge «il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione » . Le modifiche più significative riguardano elezione, funzionamento, compiti del Senato, elezione del Presidente della Repubblica, referendum popolari, procedimenti legislativi e decretazione d’urgenza. IL “NUOVO” SENATO Uno dei punti più rilevanti della Riforma e al centro di una lunga serie di polemiche riguarda il Senato. Il numero dei senatori viene ridotto da 315 a 100 membri e la loro elezione sarà affidata ai Consigli regionali (che eleggeranno i senatori fra i loro stessi componenti e fra i sindaci dei propri territori) e non più direttamente ai cittadini. Il Senato sarà composto da 74 consiglieri regionali e 21 sindaci (alla Puglia dovrebbe toccare l’elezione di 6 senatori). 5 senatori potranno essere nominati per altissimi meriti da parte del Presidente della Repubblica: avranno un incarico di 7 anni non più replicabile. Scompare dunque la figura dei senatori a vita (fatta eccezione per i presidenti della Repubblica emeriti e per i senatori a vita già nominati: Mario Monti, Elena Cattaneo, Renzo Piano, Carlo Rubbia). La camera “alta” vedrà notevolmente ridimensionate le proprie funzioni istituzionali: non voterà più la fiducia al governo e nemmeno potrà esprimersi sull’approvazione dei disegni di legge che avranno bisogno del disco verde dalla sola Camera dei Deputati. Il Senato potrà richiedere di esaminare i vari provvedimenti ed entro trenta giorni esprimere un parere puramente consultivo. Avrà inoltre il compito di valutare le politiche pubbliche e le attività delle pubbliche amministrazioni, la verifica dell’attuazione delle leggi dello Stato e l’espressione di pareri sulle nomine di competenza del Governo; tutte le funzioni sono sempre esercitate “in concorso” con l’altra camera. La modifica del Senato segna la fine del bicameralismo perfetto poiché la Camera dei Deputati sarà l ‘unica ad esercitare pienamente la funzione legislativa, di indirizzo politico e di controllo sul Governo, diventando la sola titolare del rapporto di fiducia con il Governo. I nuovi senatori manterranno l’immunità parlamentare ma non avranno diritto a nessuna indennità (ma certamente avranno accesso a una diaria ancora da definire per le spese di soggiorno a Roma). Il Senato diventa così, secondo le intenzioni del Governo, rappresentante delle istituzioni territoriali, esercitando funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altrienti costitutivi della Repubblica, e tra questi e l’Unione Europea, partecipando quindi alla formazione e all’attuazione delle politiche comunitarie, verificandone l’impatto diretto sui territori. L’ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Sarà eletto dal Parlamento riunito in seduta comune e non più anche dai delegati regionali. Cambia anche la maggioranza necessaria per l’elezione: mentre prima, dalla quarta votazione, era sufficiente la maggioranza assoluta dopo i due terzi richiesti per le prime tre votazioni, il nuovo testo dal quarto scrutinio richiede la maggioranza dei tre quinti dell’assemblea e dal settimo dei tre quinti dei votanti. Il Presidente della Repubblica resta la prima carica dello Stato mentre quello della Camera ricoprirà la seconda (e non più quello del Senato) esercitando le funzioni del Presidente della Repubblica in ogni caso che egli non possa adempierle. Per l’elezione di un nuovo Presidente della Repubblica, il Parlamento è convocato in seduta comune dal Presidente della Camera o, nel caso stia sostituendo il Presidente nelle sue funzioni, dal Presidente del Senato. Per quanto riguarda l’elezione dei giudici della Corte costituzionale, i cinque (su quindici) di nomina parlamentare sono eletti separatamente dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica, che ne eleggono rispettivamente tre e due, e non più dal Parlamento in seduta comune. VIA CNEL E PROVINCE La riforma prevede la rimozione dalla Carta dei riferimenti alle province, l’abolizione del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL). La rimozione dalla Carte costituzionale di ogni riferimento alle province (tranne quelle di Trento e Bolzano) è conseguente a una modifica del 2001 seguita dalla legge Delrio del 2014 che istituisce le città metropolitane. Il Cnel invece è un organismo di rilievo costituzionale istituto nel 1957 e che ha competenza per la legislazione economica e sociale. LA POSIZIONE DEI PARTITI La riforma costituzionale fortemente voluta dal presidente del consiglio Matteo Renzi, rappresenta uno dei più rilevanti punti programmatici del suo corso politico. È stata approvata dopo un infuocato dibattito parlamentare da tutte le forze del governo: la maggioranza del Pd, Nuovo Centrodestra (Angelino Alfano), Scelta Civica, Udc. Contrarie le opposizioni: Movimento 5 Stelle, Lega Nord, Forza Italia e Sinistra Italiana. Lo stesso partito democratico promotore della riforma risulta diviso: da una parte la maggioranza che si è schierata sulle posizioni del suo segretario, dall’altra la minoranza, incarnata dalla sinistra del partito e che vede in Massimo D’Alema e Pierluigi Bersani i suoi leader più rappresentativi. AL VOTO IL 4 DICEMBRE: NIENTE QUORUM Sarà possibile recarsi al voto domenica 4 dicembre 2016, dalle ore 7 alle ore 23. Si tratta di un referendum confermativo per una legge costituzionale approvata con maggioranza inferiore ai 2/3 del Parlamento. Gli italiani dovranno esprimersi sul seguente quesito: «Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?». Chi è favorevole all’approvazione della riforma dovrà votare Sì, chi è contrario No. Alle urne sono chiamati 51 milioni di italiani di cui 3,5 residenti all’estero (quest’ultimi potranno votare per posta con tempi anticipati). Lo scrutinio avrà inizio subito dopo la chiusura della votazione e l’accertamento del numero dei votanti. Per la validità del voto non è richiesto il raggiungimento del quorum del 50% + 1 valido per i referendum abrogativi. La consultazione dunque sarà valida a prescindere dal numero dei voti espressi. Sono previste speciali modalità di voto per gli elettori diversamente abili e i malati intrasportabili (per tutte le info: www.elezioni.interno.it).

Autore: Onofrio Bellifemine
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