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Shel Shapiro al Lido Nettuno di Molfetta per presentare il suo libro “Sarà una bella società” Venerdì alle 17 su iniziativa della libreria “Il Ghigno” per il ciclo “Spiagge d'autore”
24 agosto 2010

MOLFETTA - Shel Shapiro cantante, musicista, produttore discografico e attore sarà ospite venerdì 27 agosto al Lido Nettuno di Molfetta (ore 17) per presentare il suo ultimo libro “Sarà una bella società” (foto), su iniziativa della libreria “Il Ghigno”, nell’ambito di “Spiagge d’autore”.

 “Sarà una bella società realizza un piccolo sogno ad occhi e orecchie aperti: ripercorrere a suon di musica la crescita di una nazione, l’esplosione dei movimenti giovanili, l’apparizione di alcuni simboli generazionali diventate poi pietre miliari del nostro immaginario. Una sola persona poteva essere il cantore ideale di questa grande idea di Edmondo Berselli e quella persona è Shel Shapiro, amata icona beat, irretibile evocatore del sentimento del tempo”. Con queste parole Aldo Grasso apre la sua introduzione al libro, rendendo subito l’idea del mondo e delle atmosfere in cui ci si immerge fin dalle prime righe di lettura.
“Sarà una bella società” nasce in teatro, dalla musica e dalla scrittura, e torna alla scrittura con il libro, per vivere negli spettatori e lettori. Questi, proprio come in un viaggio sulla macchina del tempo, rivivranno o scopriranno i fermenti che hanno reso unici gli anni ’60 che pervadono e influenzano ancora oggi il nostro modo d’ essere.

Gli slogan, i ritornelli, la poesia, le strofe delle canzoni che contrappuntano i sentimenti e gli avvenimenti della trasformazione sociale e culturale, in oltre quarant’anni di contemporaneità e di cambiamento, per dare uno sguardo cosciente a quello che è la nostra società interrogando, riflettendo, affermando... Sarà una bella Società.
 
Il protagonista ideale di questo racconto non poteva che essere Shel Shapiro che con la sua storia, inestricabilmente intrecciata alla musica, illustra quella di una generazione. E questo può accadere solo grazie al rock che da Bill Haley e la sua “Rock around the clock” ha innescato il seme della rivoluzione passando da Elvis, Bob Dylan, i Beatles e i Rolling Stones…
Shel Shapiro, anima e voce dei Rokes, il complesso di “È la pioggia che va” e “Ma che colpa abbiamo noi” racconta con passione e divertita ironia l’atmosfera irrepetibile che si respirava negli anni Sessanta, quando sembrò essersi concentrata una creatività, un’energia sociale, ma anche intellettuale, culturale, comportamentale, davvero irrepetibile. I giovani si sentivano uniti da un implicito consenso generazionale, c’era una specie di tacito ammutinamento al mondo governato dagli adulti, si era contro a prescindere, a volte anche quasi senza nemmeno sapere contro che cosa. Mentre l’incubo del nucleare lascia il posto all’infermo del Vietnam, mentre Bob Dylan annuncia in America il tempo nuovo e una moltitudine di ragazzi urla “peace and love” nel fango di Woodstock – John e Bob Kennedy, Malcom X e Martin Luther King sono già stati assassinati – per Shel nascono e muoiono amori, amicizie e anche qualche sogno. In mezzo a tutto questo la Swinging London, la nebbia, il freddo di Amburgo tra il porto e la strada delle puttane, a suonare dieci ore di fila negli stessi locali dove si esibivano anche i Beatles. E poi l’Italia vista da Milano e da Roma, quella di Fellini e della “Dolce vita”, un Belpaese ancora in bianco e nero e bigotto, dove per una sconfitta a Sanremo ci si poteva anche togliere la vita. E ancora il Piper, Patty Pravo, l’Equipe 84, il successo, il divismo, il sesso.
 
 
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Chiara l'analisi politica del Professore. Vogliamo parlare di rivoluzione misicale? - La rivoluzione musicale inizia nei mitici anni '50. Il predominio statunitense era fonte di ispirazioni musicali. Fu come una scossa elettrica. - 12 aprile 1954: Bill Haley e il suo gruppo registrano una canzone. Titolo: "Rock around the clock". Il brano fa il giro del mondo e si guadagna fama imperitura. Sulla scia nascono gruppi e solisti che scriveranno pagine fondamentali nella storia della musica leggera: Little Richards, Bo Diddley, Chuck Barry, Gene Vincent, Jerry Lee Lewis e altri ancora. Fino a quando non fa la sua comparsa all'"Ed Sullivan show" Elvis Presley che, per le sue movenze del bacino e guadagnandosi l'appellativo di "the Pelvis", scatena un uragano di desideri sessuali negli adolescenti. In italia cantano, ancora per poco, Claudio Villa, G.Consolini, N. Gallo, Achille Togliani e altri, tutti sudditi di Nilla Pizzi. Elvis fa proseliti tra le nuove leve: Little Tony, Bobby Solo, Adriano Celentano, Gaber, Mina, Reitano e altri. Ma la vera "rivoluzione" musicale, accompagnata dai movimenti sociali e politici, avviene con il giovane "menestrello" Robert Zimmerman, che conoscerà fama mondiale come Bob Dylan: "The times they are A-changin", "Blowin in thr wind" diventano gli inni della gioventù tutta. Da non dimenticare Cat Stevens e Otis Redding. Esplodono i Beatles, vere icone musicali, fino alla loro separazione. Dietro gli echi di tutto questo, nascono i Dik Dik, L'Equipe 84, i Nomadi, I Giganti...Paoli, Fidenco, Fontana, Bindi, Caselli, Pravo.......il resto è storia musicale.
Uno dei tanti fenomeni che caratterizzarono quegli anni. L'identificazione della sinistra con il "bene", e del centro - non parliamo della destra, lasciata ai ghettizzati missini o monarchici - con il "male". L'intellighentia - che nel conformismo è maestra - annusò subito il vento, e si abbandonò a una precipitosa fuga in avanti. Professionisti del giovanilismo, radical-chic terrorizzati dall'idea di essere emarginati dal corso culturale e sociale, docenti universitari di chiara fama avallarono i più dissennati eccessi e le più deliranti richieste della contestazione studentesca, quando essa approdò in Italia dalla Francia natia. Ma il "movimento", che in Francia aveva avuto i caratteri collerici e brevi d'una rivoluzioncina, diventò in Italia strumentale e furbastra, alternando i cortei tumultuosi e le manifestazioni iraconde alle richieste faciliste. Non un incendio purificatore, una catarsi dolorosa, ma il supermarket delle lauree; non la fine dei baroni, ma la moltiplicazione di baroncini arrivati alla cattedra senza neppure la fatica cui i baroni d'un tempo - arroganti e spesso avidi - dovevano pur sobbarcarsi. Il facilismo era la grande richiesta rivoluzionaria. Il "tutto e subito" rappresentava non tanto un grido vendicativo, quanto un'istanza corporativa. L'essenziale era che ogni sciocchezza fosse "sociale: allora sindacati e sinistre la sostenevano, i governi subivano, accettavano, approvavano, illudendosi di placare il malcontento e, invece lo attizzavano, perchè nella grande confusione i demagoghi e profittatori non erano mai sazi, e i meritevoli e onesti si sentivano beffati e umiliati. (Una voce chiara, inascoltata si era levata fin dal 1944 dall'educatore e scrittore Augusto Monti (suoi allievi erano stati Gobetti, Pavese e Giulio Einaudi) aveva scritto: "S'insegna a leggere e scrivere quel che piace alla classe dominante e son belle e sanate le piaghe dell'ignoranza popolare....e far di conto?)

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