Sanità, la “Margherita” accusa: la salute dei cittadini non è tutelata
Il sen. Gaglione: sprechi e gestione clientelare. Maria Sasso: il sindaco tutela solo se stesso
Non si è trattato certo della prima presa di posizione della “Margherita” di Molfetta sul problema della sanità in Puglia, lo testimoniava la galleria di manifesti sull'argomento, elaborati anche con altre forze di opposizione, messi in mostra nella sala Turtur durante l'incontro pubblico del 30 ottobre.
A far la differenza, la presenza di un pubblico attento e pronto a dire la propria.
Comuni cittadini che hanno punteggiato con i loro interventi sentiti le relazioni politiche, denunciando casi d'inefficienza, d'abbandono, di disinteresse nei confronti dei malati, ma anche medici dell'ospedale di Molfetta, a segnalare la medesima situazione, vista da un'altra prospettiva, quella di chi, sminuita la propria professionalità, si trova spesso solo e con mezzi insufficienti a fronteggiare gravi emergenze.
Ad un anno dalla sua approvazione, definita “frettolosa” sia da Maria Sasso, consigliere comunale della “Margherita”, che dal sen. Antonio Gaglione, cardiologo, rappresentante di questo stesso partito nella commissione “Igiene e Sanità” del Senato (nella foto durante il suo intervento. Gli sono accanto da sinistra: Gianni Mastropierro, consigliere porvinciale; Maria Sasso, consigliere comunale e Cosmo Altomare, coordinatore cittadino del partito), il piano di riordino ospedaliero fortemente voluto dal presidente della Regione mostra appieno quell'inadeguatezza che le opposizioni, non solo quella molfettese, hanno denunciato dal momento in cui fu reso noto.
Un piano sbagliato fin dall'impostazione, modellato su un solo obiettivo: risparmiare. Al punto da prevedere un premio ai direttori generali che raggiungano un certo livello di riduzione della spesa. I soli dati presi in considerazione per decidere chiusura di reparti, ridimensionamento di alcuni ospedali e potenziamento di altri, quelli sull'utilizzo dei posti letto. Mai censiti i bisogni del territorio, trascurate le caratteristiche dei singoli ospedali, favoriti gli uni o gli altri soprattutto in base alla forza di contrattazione dei loro padrini politici.
Con il risultato di avere strutture, ma nel piano di riordino si parla piuttosto di “stabilimenti”, quasi che non trattino esseri umani ma pezzi di motore, che funzionano male, con medici demotivati e pazienti che, se possono, si affidano alla sanità privata e, se non possono, al loro santo protettore.
Bisogna difendere la presenza di servizi sanitari efficienti a Molfetta, ma questo, ha tenuto a specificare il consigliere Maria Sasso, non vuol dire ignorare che: “I molfettesi hanno bocciato il nostro ospedale perché c'erano dei reparti non efficienti, ma bisogna analizzarne le ragioni. Quando ruoli importanti per competenze e capacità vengono ricoperti utilizzando come criterio di selezione la ragioni di clientela, è poi naturale che la struttura non ne riceva impulso, che la qualità delle prestazioni decada e che di conseguenza gli utenti facciano scelte diverse”.
Il sen. Gaglione ha chiarito che la situazione di Molfetta, sia pur grave, non è che lo specchio di quella regionale, caratterizzata da una gestione clientelare e che, nonostante lo sbandierato tentativo di razionalizzazione, conosce solo sprechi.
Quella regionale può essere definita in moti modi, ma sicuramente non “di qualità”. Pesa più di ogni altra sulle tasse dei cittadini, con un'addizionale Irpef allo 0,5%, a cui si aggiunge il ticket sui farmaci, ma spende male questo denaro: molto per la ospedalizzazione, poco per le strutture sul territorio. “E' stato calcolato - ha affermato il sen. Gaglione - che ben il 64% dei ricoveri effettuati in Puglia è inappropriato, uno spreco che potrebbe essere evitato se si potenziassero i poliambulatori o i day hospital. Inoltre, la Puglia è una delle ultime regioni in quanto ad investimenti per la prevenzione”.
Una situazione che può solo peggiorare se, come è nelle intenzioni del governo nazionale, passerà la riforma federalista disegnata da Bossi. Allora ogni sistema sanitario regionale dovrà provvedere ai proprio fabbisogni in modo autonomo: saranno favorite le regioni più ricche che avranno anche il potere di decidere se accettare pazienti da altre regioni e se e quanto far loro pagare. “Saranno penalizzate le regioni più povere e al loro interno i cittadini meno abbienti”, ha concluso il senatore.
Maria Sasso ha affondato il suo attacco in particolare sul Preventorio. Venendo a Molfetta lo scorso agosto Fitto aveva promesso che “a giorni” sarebbe stato pronto il progetto per la sua utilizzazione come centro di riabilitazione. Ne sono passati molti di più e la struttura, pronta dal '98 dopo una ristrutturazione costata circa 1.250.000 euro, 41.000 mq, 300 posti letto, è lì abbandonata e per di più costa alla ASL circa 6.000 euro il mese per la guardiania e la manutenzione del verde e degli impianti.
Ma l'assurdità delle vicenda della struttura dell'ex preventorio non si ferma qui. “Nella decisione presa ad agosto 2003 – ha affermato ancora Maria Sasso - dal direttore sanitario di scomporre l'attuazione del piano di riordino in due fasi, la prima realizzabile subito e la seconda da rinviare ad un momento oggi non definibile, del preventorio non si parla per niente. E' completamente scomparso. Non c'è né nella prima e nella seconda fase”.
Una situazione grave davanti alla quale il sindaco rimane passivo perché, avendo come massima preoccupazione, quella di non dispiacere a Fitto, ne ha accettato supinamente le decisioni. Il consigliere Sasso ha concluso affermando che: “Urge quindi la mobilitazione dei cittadini e l'apertura di una vertenza Sanità. I molfettesi devono autotutelarsi anche perché hanno un sindaco perennemente impegnato nella tutela di sé stesso e su cui non possono contare”.
Lella Salvemini