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San Paolo protagonista della prima giornata della Settimana Biblica a Molfetta
17 febbraio 2009

MOLFETTA - “È necessario costruire una Chiesa parlante, che sappia ascoltare e portare la Parola di Dio e noi che ne facciamo parte dobbiamo essere discepoli della Parola”: con questo messaggio il vescovo Mons. Luigi Martella ha introdotto la prima giornata “L'esperienza del Risorto in San Paolo” della XIII Settimana Biblica “Paolo, Servo di Cristo, Apostolo per vocazione” della Diocesi Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, tenutasi presso la Chiesa Madonna della Pace. Nella nota preliminare, Mons. Luigi Martella ha sottolineato come San Paolo, nato duemila anni ora sono, sia stato “apostolo della Parola, maestro e banditore di Gesù Cristo, una figura che ci aiuta a capire il mistero di Cristo morto e risorto e ci catechizza su quello che è il Corpo di Cristo, ovvero la Chiesa”: relatore di questo prima serata è stato don Valentino Bulgarelli, direttore dell'Ufficio Catechistico di Bologna e catecheta-biblista (nella foto col vescovo Martella). Quando si fa riferimento a San Paolo, la memoria del fedele ricorda subito come l'incontro con Cristo sulla via di Damasco sia stato trasformante e, per questo motivo, tema centrale del'incontro è stato quello dell'esperienza, ovvero il “modo in cui si vive, perché vivere un'esperienza significa combinare la dimensione cognitiva, quella comportamentale e quella affettiva”: don Bulgarelli ha discusso tre aspetti della vita di San Paolo, che pone le linee fondamentali del comportamento del cristiano, descrivendo in modo molto umile il suo essere “prima” e il suo essere “dopo” la conversione, una trasformazione radicale e coinvolgente. Primo aspetto è quello della vita, di cui gli Atti degli Apostoli presentano tre momenti essenziali: Saulo persecutore, “che conduce in catene tutti coloro che trova per la strada”; Saulo accecato ed Anania, che, per grazia di Dio, annuncia al primo il dono dello Spirito; Saulo che riacquista la vista, nuova illuminazione spirituale che culmina con il battesimo. In questi momenti compaiono la voce, la luce e il dialogo, che per il relatore è “l'elemento fondamentale, perché palesa la voce del Signore che dice a Saulo 'Perché mi perseguiti? Io sono colui che perseguiti', che ci permette di capire la forte identificazione tra la Chiesa e Cristo stesso”. Paolo coglie il mistero di Cristo e questa esperienza ecclesiale cambia anche il suo pensiero (secondo aspetto), basato su tre pilastri, le virtù teologali: fede, speranza, carità. Per l'Apostolo delle genti la fede è un valore fondante ed insostituibile, come scrive nella Lettera ai Romani, quando spiega il concetto di giustificazione per fede, in cui la salvezza non dipende esclusivamente dalle opere compiute e prescinde dall'osservanza della Legge: “essere giustificati significa essere accolti dalla giustizia misericordiosa di Cristo – ha ribadito don Bulgarelli – e solo così si può definire l'identità cristiana, non il cercarsi da sé o il vivere secondo il narcisismo e l'autoreferenza, ma il riceversi da Cristo, donarsi con Cristo e partecipare con ciò che Cristo rappresenta”. La fede non è il dovere che il fedele ha nei confronti di Dio, ma “è l'esodo da se stessi, è l'aprirsi a Dio e l'affidarsi completamente a Lui”: l'uomo non possiedo Cristo, ma è Cristo a possederlo, di contro ci sarebbe il ripiegamento dell'uomo sull'uomo (una delle povertà spirituali più gravi della nostra società). Divenire annunciatori e testimoni, allora, “non è chiedersi cosa devo fare, ma che cosa Cristo mi dice attraverso il vangelo e portare fuori di me, nel quotidiano, quanto ho appreso”. Nella Lettera ai Corinzi, Paolo consegna un inno alla carità, “l'unico modo di vivere, perché essa è amare come ha amato Cristo, è l'eccesso del perdono”, capacità dello spirito e dono dello Spirito, dimenticato dal credente, dono che, se presente, gli permetterebbe di mostrare un volto nuovo, di stringere legami di fratellanza e solidarietà con i fratelli di comunità, con coloro che soffrono e sono poveri, ovvero umanizzare le sue relazioni interpersonali. La speranza è legata all'elemento dello Spirito Santo, che è anticipo e garanzia dell'eredità futura dei cristiani: purtroppo, di fronte alla degradazione del mondo contemporaneo, la speranza è una delle virtù più lacerate e, forse, meno credibili all'occhio dell'uomo, abbandonato a se stesso, alla depressione ed al catastrofismo, ma “se il cristiano è radicato e fondato nella speranza, lascerà agire liberamente lo Spirito, avendo completa fiducia nella bontà misericordiosa e nell'amore del Padre”. Questo pensiero si traduce in esperienza concreta (terzo aspetto), perché la comunità è invogliata ad applicare le virtù teologali: l'operosità di una fede in fieri, che agisce e cambia con le situazioni dell'uomo, la fatica della carità e la fermezza della speranza, che è uno dei fondamenti della fede, evangelizzano la comunità stessa e la rendono mezzo di evangelizzazione. San Paolo annuncia una vita nuova e la sua esperienza ecclesiale ha un momento topico, un unicum, l'incontro con Cristo, che diviene continuum, ovvero il vivere la fede, la speranza e la carità e lascia ai cristiani una provocazione: quanti di noi possono dire di aver incontro veramente Dio? Quanti si lasciano sollecitare dalla Spirito? Quanti concepiscono la fede come un semplice ed utilitaristico rivestimento esteriore? La riflessione sull'esperienza ecclesiale di Paolo sarà approfondita nel secondo incontro, che si terrà questa sera nella Chiesa Madonna della Pace alle 19.
Autore: Marcello la Forgia
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