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Salvemini delegato al Congresso dei popoli oppressi dall’Austria
15 luglio 2018

Fra le vicende biografiche salveminiane meno note al vasto pubblico vi e la presenza di Gaetano Salvemini nella delegazione italiana che partecipo in Roma al Congresso dei popoli soggetti allfImpero austro-ungarico. Va ricordato che lf8 gennaio 1918 il presidente americano Thomas Woodrow Wilson enuncio davanti al Senato statunitense i suoi famosi g14 puntih, in vista della creazione di una pace mondiale fondata su principi di democrazia e autodeterminazione dei popoli, pur tendendo una mano allfAustria-Ungheria nel decimo punto. Dfaltra parte non va dimenticato che una delle costanti della politica estera italiana durante la Grande Guerra era stata quella di evitare legami rischiosi con la lotta indipendentistica delle etnie sottoposte allfAustria. Infatti, ancora il 14 gennaio 1918, il ministro degli Esteri Giorgio Sidney Sonnino rispose negativamente con un telegramma allfambasciatore a Londra Guglielmo Imperiali di Francavilla, che tre giorni prima aveva proposto telegraficamente di avviare trattative per un accordo con serbi e jugoslavi. Per contro a Londra il presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando il 26 gennaio ebbe un incontro confidenziale con il leader politico croato Ante Trumbi., presidente del comitato jugoslavo di Londra, che prospettava al governo della Serbia lfannessione della Slovenia e della Croazia, per formare un nuovo stato che riunisse i popoli slavi del Sud. Erano cosi poste le premesse per un possibile accordo tra italiani e jugoslavi. E in effetti il 13 febbraio Orlando dichiaro alla Camera che lfItalia e le nazionalita oppresse dagli austriaci conducevano unfunica lotta. Sempre in febbraio a Roma, in un convegno di interventisti di vario orientamento, fu accolta la proposta del senatore Luigi Albertini, direttore del Corriere della Sera, di organizzare un congresso delle nazioni giacenti sotto il tallone austro-ungarico e di inviare a Londra Andrea Torre, prestigioso collaboratore del quotidiano e deputato di Torchiara, per stringere un accordo preliminare con Trumbi.. Parallelamente a Londra alla fine di febbraio si svolse la Socialist and Workersf Conference. In questa conferenza socialista interalleata il sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris e i socialisti bissolatiani Giuseppe Canepa e Francesco Arca, in nome dellfUnione socialista italiana, presentarono un memoriale nel quale, invocando principi di equita e di conciliazione, si auspicava una soluzione della controversia su Fiume e sul Quarnaro con il futuro Stato slavo. Condizione ineludibile per una pace gsincerah e duratura era lo smembramento dellfImpero austro-ungarico. I piu convinti accusatori del carattere imperialista delle richieste italiane erano gli inglesi, ma grazie alla mediazione del socialista francese Albert Thomas, gia ministro per gli armamenti della Francia, fu recepito il diritto italiano sui territori popolati da connazionali, cosi come vennero riconosciute le ragioni delle lotte per lfindipendenza dei popoli soggetti allfAustria-Ungheria nella prospettiva del disfacimento dellfImpero asburgico. Mediante pazienti intermediazioni e uno scambio di lettere, il 7 marzo fra Andrea Torre e Ante Trumbi. fu firmato un accordo. Lfaccordo, favorito da Henry Wickham Steed commentatore di politica estera del Times di Londra, proclamava il diritto di ogni popolo allfindipendenza politica ed economica e impegnava i rappresentanti jugoslavi e italiani a lottare insieme sia per raggiungere lfindipendenza e lfunita jugoslava, sia per completare il processo unitario italiano, invitandoli a risolvere amichevolmente in seguito le questioni territoriali nellfAdriatico. In una riunione privata a Roma nella casa di De Viti De Marco con Thomas, Steed e molti slavi nel pomeriggio del 7 marzo Salvemini cerco di ottenere da Trumbi. garanzie circa la rinunzia allfIstria da parte jugoslava, ma inutilmente. Il giorno dopo Salvemini ne diede notizia alla seconda moglie Fernande Dauriac in questi termini: Trumbi. ánon vuole essere accusato di tradire gli slavi rinunziando allfItalia lfIstria; in cuor suo . ne sono convinto . e con noi; ma si ferma allfaccordo con Torre, e non vuole andare oltre per ragioni di tatticaâ. Finalmente, fra lf8 e il 10 aprile 1918, si tenne a Roma nella Sala degli Orazi e Curiazi del Campidoglio, sotto la presidenza di Francesco Ruffini, con Thomas ospite dfonore, il Congresso dei popoli soggetti allfAustria-Ungheria promosso da Albertini e avallato dal manipolo liberale di Giovanni Amendola e Ruffini, dal gruppo nazionalista, dalla pattuglia dellfUnita salveminiana e dal Comitato socialista per lfintesa tra le nazionalita oppresse. Il Comitato socialista era formato da sparute rappresentanze del Partito socialdemocratico della Bosnia-Erzegovina, del Partito socialista serbo in Francia, del Sindacato generale degli operai serbi in Francia, del Partito del lavoro romeno, dellfUnione socialista italiana, del Comitato sindacale italiano e della Democrazia sociale irredenta. Parteciparono al Congresso di Roma, insieme a rappresentanti dellfIntesa, delegati jugoslavi, come il croato Trumbi., cecoslovacchi, come il boemo Edvard Bene., romeni, polacchi e italiani. Tra questi ultimi vi erano, oltre agli stessi Albertini e Amendola, Ugo Ojetti, Giuseppe Antonio Borgese, Luigi Federzoni, Salvatore Barzilai, Giuseppe Prezzolini, Giovanni Antonio Colonna duca di Cesaro, Maffeo Pantaleoni, Benito Mussolini, Antonio De Viti De Marco e Salvemini, che fu invitato a partecipare a dispetto dei tentativi fatti dal gruppo nazionalista per escluderlo. Tra i partecipanti stranieri, oltre al francese Thomas, vi erano Henry Franklin-Bouillon, lfanno prima ministro senza portafoglio con Poincare, il giornalista inglese Steed, lo storico britannico Robert William Seton-Watson, fautore dellfindipendenza dei popoli danubiano- balcanici e studioso della loro storia, e lfambasciatore statunitense a Roma, Thomas Nelson Page. Negli atteggiamenti e nelle dichiarazioni i congressisti italiani si divisero in due gruppi, quello degli interventisti liberali e democratici e quello degli interventisti nazionalisti. In una lettera del 9 aprile alla moglie Fernande, Salvemini li descrisse cosi: áGlfitaliani divisi in due: noi [= De Viti De Marco e Salvemini], Albertini, Ojetti, Amendola, Borgese, che volevano che il congresso andasse bene e fosse piu antiaustriaco che fosse possibile, e abbiamo lavorato con gli czechi e coi rumeni. I nazionalisti che non parlavano, non sfinteressavano, stavano solo a sorvegliare noi affinche non compromettessimo nulla con gli slavi; e non erano scontenti del maneggio [filoaustriaco] polacco, perche tutto cio che attenua il valore del congresso rende piu facili le contestazioni future: gente presa in due: da un lato vorrebbero che lfItalia faccia la figura di protettrice dei popoli oppressi, perche e grandezza anche questa; ma la grandezza, che essi sentono, e quella territoriale: uno scoglio dellfAdriatico vale per essa tutte le chiacchiereâ. Quanto agli stranieri, Salvemini aggiunge: áGlfinglesi dfaccordo con gli czechi e con noi. I francesi divisi in due: Thomas con noi, ma ridotto allfimpotenza dal suo obbligo di correttezza verso Franklin Buoillon [c] uno dei peggiori mascalzoni, che io abbia mai conosciuto. Sua tattica: non far concludere nulla al congresso, che ha cercato di non far tenere, affinche tutte le manifestazioni grandi e clamorose avvengano solo nel prossimo congresso di Parigi, e il merito, di fronte alle popolazioni dellfAustria, sia della Franciaâ. Il Congresso pose le basi per il superamento del Patto di Londra, al quale del resto gli Stati Uniti non erano vincolati, e la necessita dello smembramento dellfAustria- Ungheria e della nascita di uno Stato jugoslavo indipendente. Si tratto comunque soltanto di un provvisorio accordo antiaustriaco, alieno da impegni formali su spinose questioni territoriali, come la controversia dalmata, per evitare di compromettere il gia precario rapporto con gli agguerriti nazionalisti. Lfassemblea congressuale, firmando il cosiddetto gPatto di Romah, confermo lfaccordo concluso il 7 marzo precedente fra Torre e Trumbi. con poche modifiche formali. Benche il Patto di Roma non avesse valore ufficiale, il presidente Orlando, presente Leonida Bissolati, ministro per l’Assistenza militare e le pensioni, ricevette a Palazzo Braschi la delegazione jugoslava e poi una rappresentanza di tutte le delegazioni del Congresso. Con essa si mostrò favorevole alla politica delle nazionalità avallata anche dai governi inglese, francese e statunitense e prospettò in qualche modo la rinuncia italiana ad alcuni dei territori previsti dal Patto segreto di Londra, cioè la Dalmazia o gran parte di essa e alcune zone della Venezia Giulia. Mentre Orlando favorì il Congresso e aderì ai suoi orientamenti, il ministro degli Esteri Sonnino lo ignorò proprio per non conferire un carattere ufficiale al Patto di Roma. Tuttavia entrambi omisero di dichiarare in quel frangente che Fiume, abitata per due terzi da italiani, doveva essere attribuita all’Italia a vittoria conseguita. Lo scopo principale dell’Intesa e delle nazionalità oppresse rimaneva comunque la distruzione dell’Impero austro- ungarico. Lo ribadì Salvemini nella chiusa dell’articolo Il Congresso di Roma, apparso su L’Unità del 13 aprile 1918. Dopo aver definito «veramente mazziniana», per l’indipendenza delle etnie, la genesi dell’idea del congresso capitolino, concluse: «Il programma è unico. Vi è soltanto divisione di lavoro. Mentre Inghilterra e Francia combattono la Germania, l’Italia assale l’Austria dal di fuori, e le forze dei popoli oppressi, che vogliono risorgere, lavorano dal di dentro per determinare la crisi finale». Salvemini, che era contrario all’annessione italiana della Dalmazia, in quanto abitata prevalentemente da slavi, trovò in quel periodo la più accanita avversione da parte del nazionalismo espansionista di Alessandro Dudan, pubblicista e avvocato dalmato-spalatino di Verlicca, e di Leonardo Azzarita, sanguigno giornalista molfettese, corrispondente da Roma del Corriere delle Puglie. Ecco quanto ne scrisse Salvemini da Firenze il 14 maggio 1918 all’amico Ugo Ojetti, maggiore addetto al Comando supremo italiano e capo della Commissione di propaganda sul nemico: «È assurdo che voi vi ammazziate a far propaganda italofila fra gli slavi, mentre gli Azzarita e i Dudan del nazionalismo pazzoide aiutano gli austriaci ad annullare il vostro lavoro». Una sorta di appendice del Congresso dei popoli fu la Lega per l’indipendenza delle nazioni oppresse, fondata a Firenze nell’ottobre del 1918 col motto Delenda Austria. Salvemini fu chiamato ad assumerne la presidenza. Vicepresidente fu Luigi Einaudi, segretario Cleanto Boscolo. Ma su questa iniziativa misero presto la sordina la travolgente battaglia di Vittorio Veneto (24 ottobre – 4 novembre) e l’armistizio di Villa Giusti (3 novembre 1918). © Riproduzione riservata

Autore: Marco Ignazio de Santis
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