MOLFETTA - Un vulcano in eruzione. Annalisa Altomare, tra i più importanti esponenti politici di Molfetta, unico sindaco donna di Molfetta (dal 1992 al 1994) in tutta la sua storia, consigliere comunale (fino al 2008 del PD), oggi rappresentante locale della Lista Emiliano, spara a zero sulla situazione politica molfettese, sul ristagno della cosiddetta «alternativa» nella definizione di una coalizione politico-programmatica e sulle scelte assunte da PD e SEL sull’alleanza e sulla nomina del candidato sindaco (un comportamento definito «anomalo»).
PD e SEL non solo hanno deciso di rafforzare il loro patto d’acciaio senza interloquire con gli altri soggetti politici (quelli con cui avevano già elaborato un programma e una bozza di coalizione), ma hanno deciso di bypassare le primarie per calare dai vertici solitari il loro candidato sindaco. In sostanza, una figura pressoché imposta dalle segreterie di partito, senza primarie e senza alcuna legittimità popolare condivisa.
«Chiunque sia il candidato alternativo al centrodestra deve avere il coraggio di misurarsi con la città nella consultazione delle primarie - la posizione di Altomare -. Non può essere annunciato in una sede di partito o di partiti che non sono la città, perché il partito non è l’antesignano della volontà degli altri partiti e degli altri movimenti». Di seguito l’intervista di Annalisa Altomare rilasciata a Quindici.
ANOMALIE POLITICHE
Fino alla prima decade di gennaio, il centrosinistra di Molfetta si era aggrovigliato tra molteplici riunioni di partito e incontri tra segreterie, senza riuscire a prendere una decisione definitiva. Erano solo emersi veti incrociati e niet personali.
Prima la fuga in avanti del PD con l’ex segretario Giovanni Abbattista, ritiratosi con un semplice post su facebook, poi la lenta agonia della primarie, dimenticate da alcuni partiti volontariamente lungo la strada, nonostante i comunicati prenatalizi, avevano destabilizzato la erigenda coalizione. Dopo il lancio promozionale delle primarie a dicembre, il silenzio post natalizio che, secondo indiscrezioni interne, sarebbe stato necessario per una riflessione interna ai vari componenti della cosiddetta alternativa.
A metà gennaio un riaffiorare della discussione politica e a febbraio l’alleanza a sorpresa PD&SEL con un possibile candidato, che potrebbe essere ufficialmente annunciato nei prossimi giorni. Dott.ssa Altomare, quali sono stati gli eventi e i personaggi che hanno solcato il palco dietro le quinte sconosciute alla cittadinanza?
«Io mi chiedo per quanto tempo ancora la città dovrà essere all’oscuro di quello che si sta discutendo nelle segrete stanze di partito. È in gioco il futuro di Molfetta. Da un lato, il centrodestra ha espresso il suo candidato in piena legittimità, con un progetto politico amministrativo ben chiaro che, pur non condividendolo nel merito, lo considero lineare perché elaborato nella continuità della passata amministrazione di centrodestra.
Dall’altra parte, la cosiddetta alternativa si è attorcigliata su se stessa, ha dibattuto soprattutto sulle primarie con tavoli aperti e incontri tra partiti, movimenti e associazioni per arrivare solo al nulla. Noi, però, siamo stati tenuti sulla corda. Anzi, hanno giocato con la responsabilità civile degli interlocutori per evitare che all’esterno si sviluppasse una forte dialettica, per così dire».
Insomma, che cosa avete o, par di capire, hanno concluso?
«Due partiti (PD e SEL, ndr), oggi impegnati nelle politiche, hanno deciso autonomamente di fabbricare una coalizione e di esprimere un candidato sindaco che, come persona, ha la massima stima da parte mia. Lo stesso candidato (Paola Natalicchio, ndr) ha già espresso con chiarezza il suo intendimento, ponendo però dei termini di esclusione. Purtroppo, invece di porsi in mezzo alla città e al cento del dibattito politico, si è posto al di sopra, esprimendo giudizi sul personale politico molfettese e persino sui gruppi che da tempo si erano seriamente interrogati sul futuro della città e su importanti problematiche. Ad esempio, io non ho ancora sentito quali sarebbero le proposte del possibile candidato di PD e SEL sul mercato diffuso o sul porto, che è una questione nodale e spinosa, su cui si gioca anche il futuro socio-economico della città».
CANDIDATO E PRIMARIE
Si potrebbe dire che il candidato, quasi calato dal cielo, potrebbe essere imposto dalle e alle stesse segreterie con il “beneplacito” di militanti e simpatizzati. Successivamente, si chiederebbe l’adesione alle altre forze politiche, senza elaborare una discussione non solo interna, ma soprattutto esterna, cioè quella rivolta ai cittadini attraverso le primarie. Ma non avevate avuto nessun indizio che in realtà PD e SEL stessero facendo melina per arrivare a questa soluzione?
«Innanzitutto, chiunque sia il candidato alternativo al centrodestra deve avere il coraggio di misurarsi con la città nella consultazione delle primarie. Non può essere annunciato in una sede di partito o di partiti che non sono assolutamente la città perché il partito non è l’antesignano della volontà degli altri partiti e degli altri movimenti, ma è solo un momento organizzativo per l’individuazione della volontà popolare. Non sono assolutamente il veicolo per imporre, bensì lo strumento per interpretare e potersi confrontare.
Inoltre, manca il discernimento sul tipo di coalizione politico-programmatica. Per essere più precisi, il programma, sui cui si potrebbe chiedere l’adesione, è stato in buona parte ampiamente elaborato e condiviso dalle forze politiche dell’alternativa già in passato, ma le attuali forze politiche coalizzate ne stanno rivendicando la primogenitura. Questo è il metodo applicato da coloro che pensano di poter condizionare il futuro e l’evoluzione della città. È giusto ribadire che sarà solo l’elettorato a decidere».
In pratica, le altre forze politiche, PD e SEL, sono state scorrette nei confronti degli altri interlocutori politici e, anzi, si sarebbero appropriate del programma elaborato da più forze politiche e ne avrebbero rivendicato l’esclusiva paternità?
«Non giudico i comportamenti, ma, di sicuro, si tratta di una condotta un po’ anomala. Secondo una delle regole non scritte della politica, il primo passo è la creazione di una coalizione i cui soggetti politici condividano un progetto di metodo e di merito amministrativo.
Noi ci eravamo lasciati un mese fa (dopo l’ultima riunione tra segreterie nella prima decade di gennaio, ndr), quando il PD aveva chiesto un ulteriore tempo di riflessione all’interno dell’assemblea di partito. Da allora non abbiamo saputo più niente. È sacrosanto concedere e concedersi un momento di riflessione, ma è necessario anche rispettare il proprio interlocutore politico, quantomeno informandolo ufficialmente delle decisioni politiche assunte, nel caso specifico il raggiunto accordo per la creazione della coalizione PD e SEL».
Ci sono possibilità di recuperare il rapporto che sembra essere stato minato da comportamenti anomali e grossolani, a livello umano, e non solo politico e mediatico?
«È ancora possibile andare incontro alla città, se davvero vogliamo esprimere ancora un’alternativa alla passata amministrazione. Il candidato sindaco deve crescere, deve nascere all’interno di un movimento che non ha né appartenenza di generazione, né ideologica, tantomeno appartenenza al personaggio. Io rispetto Paola Natalicchio che non appartiene al personaggio, che è una persona di cultura elevata, di grande intelletto e di onestà intellettuale, a cui, purtroppo, stanno chiedendo un grande sacrificio. Ma, ribadisco, l’espressione dell’eletto appartiene al popolo, anche perché con le primarie il centrosinistra ha scelto il suo candidato premier e persino i candidati al Parlamento.
Non è per nulla possibile accettare un candidato che, eletto in un’assemblea cui hanno partecipato solo due partiti e un movimento di genere, pone una sfida di tipo generazionale in quanto tale e non politica. Anzi, non solo seleziona un target di popolazione molfettese, ma pare propenso ad accettare anche un consenso di ripiego nelle alchimie dei giochi elettorali di altra parte che in questo momento rifugge.
Il sindaco appartiene alla città, è sindaco per e di tutti, non di una elite. Un sindaco dev’essere fortemente radicato nel tessuto sociale cittadino perché solo in questo modo potrà assumere iniziative che non turbino l’assetto sociale, altrimenti sarà costretto a offrirsi. Non ci sono cittadini ed elettori figli di un dio minore. Ogni voto vale uno. Se chi si candida oggi pensa di poter esprimere una parte del suo possibile recinto elettorale in funzione di un possibile secondo turno ha completamente sbagliato perché su questo atteggiamento non siamo concordi».
L’APPELLO
Secondo lei, il candidato sindaco non dev’essere espressione di un’ideologia, ma espressione della città. Se un sindaco propone già delle esclusioni come potrà includere tutte le povertà e tutti i bisogni della città nella sua proposta?
«Per questo motivo, io faccio appello a PD e SEL e a tutte le forze politiche alternative della città affinché con coraggio aprano una consultazione delle primarie per fare in modo che l’alternativa abbia la forza delle idee e la forza della volontà di molti».
Ma lo avete già ribadito a fine 2012 con un comunicato e siete rimasti inascoltati. Perché dovrebbero accettare adesso a giochi già fatti quello che non hanno accolto qualche mese fa?
«Loro non le vogliono?! E noi facciamo un nuovo appello perché abbiamo senso di responsabilità. Sappiamo che, in caso di frattura, saremo accusati di aver spaccato la coalizione, ma così è troppo comodo. La spaccatura è stata attuata a monte. Da parte nostra non c’è assolutamente la volontà di spaccare».
E se la risposta sulle primarie dovesse essere ancora una volta negativa?
«Noi aspettiamo una risposta formale, ma non all’infinito. Anche il tempo della pazienza sta spirando».
E se non dovesse pervenire nessuna risposta ufficiale?
«Noi andremo alla nostra base, che brutalmente qualcuno ha definito “di condominio”, per decidere cosa fare e a quel punto vedremo».
Cosa accadrà a quel punto?
«Sarà opportuno suscitare un’ulteriore iniziativa politica perché l’elettorato che non si riconosce nei due poli possa essere rappresentato da una coalizione, un programma e un candidato riconosciuto, competente, autorevole e, soprattutto, democratico».
MOLFETTA, IL ‘94 E I MODERATI
Dott.ssa Altomare, di cosa ha bisogno questa Molfetta?
«Molfetta ha bisogno di esprimere un sindaco che abbia la forza del sostegno di moltissimi. Chi parte con pochi, tentando aggregare il gregge, si assume la responsabilità di frazionare l’elettorato con l’aggravante di creare ulteriore conflitto nel tessuto sociale. Molfetta non ha bisogno di conflitti, ma solo di riconoscere obiettivi unici, di costruire una solidarietà sociale al suo interno, ha bisogno di gente che non faccia l’analisi del sangue a tutti senza averne titolarità e che non guardi la carta d’identità di chi gli sta di fronte. Ha bisogno di un sindaco che abbia conosciuto le remote realtà di chi abita nel front line locale, non di santini da portare in processione e da adorare a prescindere da tutto e tutti».
In alcuni ambienti del centrosinistra si sta forzando l’idea di resuscitare lo spirito del ’94.
«La storia non ritorna. Anzi, all’epoca fecero anche delle primarie interne. Quindi, se qualcuno volesse riesumare quello spirito, dovrebbe svolgere proprio una consultazione popolare che non è una mistificazione, bensì una validazione popolare della candidatura e della proposte politiche. Non ci si può far condizionare dai facili entusiasmi, ma oggi è più facile decidere in una stanza e su una piazza».
In questi giorni, Emiliano ha aperto la sua lista anche ai fuorusciti del centrodestra. Anche a Molfetta potrebbe accadere la stessa cosa?
«Il mio obiettivo è la mediazione e non la lite a tutti i costi. Ho rispetto per chiunque agisca politicamente per la città di Molfetta. io non pongo pregiudiziali alle persone in funzione dell’adesione a un progetto».
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