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Quindici e Terre libere insieme per il dialogo a sinistra
15 gennaio 2012

Nel presentare il quarto numero di Terre libere, inserto straordinario della rivista Quindici del mese di gennaio 2012, corre l’obbligo di chiarire il perché di questa iniziativa. La rivista Terre libere è prodotta in forma autogestita da una redazione e da un gruppo di collaboratori che desiderano creare un spazio di dialogo a sinistra su temi di analisi politica e critica della cultura. La convinzione che ci spinge a questo lavoro che svolgiamo insieme da diversi anni è che si avverta il bisogno di strumenti di analisi e controinformazione su temi di rilevanza locale e su problemi sociali politici e culturali di portata più ampia, nazionale ed internazionale. Scegliamo una chiave di lettura “glocale”, convinti che le dinamiche che strutturano i fenomeni del mondo gobale investano e condizionino le micro dinamiche che caratterizzano fenomeni a noi più vicini, del territorio, della città. Partiamo dalla fiducia nella possibilità di ricostruire, nel territorio, forme di opposizione ad una dimensione culturale massificata, compito che sul piano locale la rivista Quindici è impegnata a svolgere da circa vent’anni; per quanto ci riguarda, ci sforziamo di seguire temi di politica e cultura in una scala geografica e temporale, che, sia pure molto ampia, non ci impedisce di trascurare quali ripercussioni fenomeni apparentemente lontani da noi, come le rivoluzioni in Africa e nel Medio. Oriente, hanno sul nostro immaginario, sul nostro modo di esprimere giudizi, sulla nostra capacità di critica. Che resista almeno la capacità di critica, in un mondo sempre più difficile ed incerto, dove i confini del possibile sono preclusi, ci sembra doveroso. Siamo chiamati a nuovi impegni di lotta politica dalla difficile situazione politico-economica che stiamo vivendo. La crisi non si manifesta solo con l’instabilità economica di un sistema ormai in continua fibrillazione; è crisi delle economie degli Stati nazionali che si muovono sul baratro del rischio default, mentre gli organismi transnazionali sembrano ormai i soli legittimati a definire soluzioni e strategie di uscita; è crisi delle tradizionali forme della democrazia, evidente nella crescente delegittimazione a decidere e a partecipare alla politica di masse sempre più consistenti di lavoratori; è crisi del futuro per i giovani che non trovano un lavoro e possono soltanto oggettivarsi nelle nuove forme di schiavitù del precariato e per i lavoratori espulsi dal ciclo produttivo; è anche crisi del pensiero e della ragione che assume i tratti del pragmatismo e della razionalità strumentale, quando non si identifica con il rifiuto masochistico e autoisolante. La crisi economica, la distribuzione ineguale delle risorse, la tragedia della fame dei popoli che non hanno avuto accesso al “benessere” garantito dallo sviluppo, le ribellioni della primavera araba che nei Paesi del Magrheb e del Medio-Oriente hanno espresso la volontà dei giovani di ribellarsi a regimi corrotti e liberticidi, stanno manifestando in modo palese che i parametri con cui abbiamo pensato i nostri concetti di prosperità e benessere, civiltà e democrazia, sono logori e vanno ridefiniti. Gli imperativi che sembrano esercitare il comando sulla vita: la crescita del PIL che ci salvi dal rischio della bancarotta, la governamentalità che si esprime tramite lo spostamento dei centri decisionali in zone sempre più inaccessibili e meno controllabili dai soggetti; le forme del potere sulla vita, la biopolitica, che coinvolge corpi e menti e saperi dei soggetti, ci inducono a riflettere sulla vie possibili di un’utopia praticabile, sulla eventualità di creare, attraverso le forme della immaginazione politica, altre vie di uscita, di liberazione dalla dimensione carceraria che viviamo nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro, nelle forme delle relazioni umane, sempre più soggette alla logica mercantile. La rivista, al suo quarto numero, contiene una prima sezione dove sono raccolte riflessioni sull’Africa e sulle situazioni conflittuali che attraversano alcuni paesi del Medio Oriente, i quali stanno vivendo una delicata fase di trasformazione politica. Le analisi contenute nella rivista, realizzate da uomini e donne protagonisti dei movimenti di liberazione, affrontano il tema delle emergenze politiche della “primavera araba” e della composizione sociale, politica e culturale dei movimenti di ribellione ai regimi corrotti e compromessi politicamente con gli interessi dell’Occidente capitalistico. Nei contributi si legge lo sforzo di capire la natura di movimenti popolari che hanno cacciato i governi oligarchici dalla Tunisia e dall’Egitto, hanno fatto scricchiolare dittature radicate come quelle dello Yemen, della Siria, della Libia; hanno fatto in modo che il malessere fermentasse in Marocco e in Giordania. Spesso le categorie adoperate ribaltano il pregiudizio eurocentrico e le false immagini che noi occidentali ci formiamo di questi paesi e della lotta politica in corso. Evitare di ricondurre l’oggetto che si vuole studiare alle proprie categorie interpretative e far parlare i soggetti dando loro voce tramite il racconto del vissuto ci è sembrato un modo di evitare il riduzionismo che infine è solidale con la logica per cui la civiltà e la democrazia devono essere esportati con la forza e con la guerra. Nella seconda sezione, dedicata al lavoro e alla crisi economica, abbiamo raccolto contributi che analizzano il fenomeno della crisi “tra catastrofe e possibilità”. La progressiva distruzione di tutti i meccanismi di ammortizzazione sociale, la crisi finanziaria, la crisi del lavoro rappresentano un fuoco prospettico che consente di rappresentare la crisi della politica non solo come declino della credibilità delle forme tradizionali della rappresentanza e della lotta politica ma anche come emergenza di forme nuove di partecipazione legate alla nascita di movimenti politici che si sono manifestati in Europa nell’ultimo anno i quali difendono prerogative e diritti che hanno a che fare con la sopravvivenza e la cura della “nuda vita”. Ad uno sguardo sul territorio è , invece, dedicata la terza sezione, sullo spazio urbano, che rappresenta il luogo dove siamo radicati e dove si concentrano le contraddizioni esplosive della globalizzazione, specie laddove il passato viene cancellato con le sue preziose testimonianze in omaggio al “nuovo” che spesso non rappresenta altro che la sedimentazione di interessi economici “forti”. La capacità di contrastare i processi che investono l’intera vita dei soggetti riducendola a valore mercantile, è legata, secondo noi, alla crescita della capacità collettiva di opporre consapevolezza, cultura politica e capacità di gestire i processi di cambiamento in corso, agli interessi privati che nell’ambito locale come in ambiti più vasti, corrodono lo spazio pubblico dove si giocano i diritti di ciascuno di noi a godere di una vita dignitosa nella quale siano garantiti il lavoro, la casa, la sanità, l’istruzione, la conoscenza e l’informazione, in altre parole la difesa di quei beni comuni la assicurazione dei quali sostanzia una vera democrazia. La redazione ed i collaboratori della rivista Terre libere augurano a tutti i lettori un sereno anno nuovo, vivificato da nuova fiducia nella possibilità che qualcosa, prima o poi, cambi, specialmente in rapporto alla capacità di quei soggetti che si sentono impegnati a lavorare per spostare i limiti del mondo così com’è, partiti, movimenti, associazioni e singoli, che si sentono parte della variegata costellazione della sinistra, di comunicare fra loro con chiarezza ed efficacia, valicando le barriere dei pregiudizi ideologici e della reciproca diffidenza.

Autore: La redazione di Terre libere
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