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Questa sera a Trani presentazione del libro di Onofrio Pappagallo “Il Pci e la rivoluzione cubana” Alla libreria La Maria del porto, via Statuti Marittimi 42, con Isidoro Mortellaro, docente di Storia delle relazioni internazionali all'Università di Bari
22 aprile 2010

TRANI - In occasione della settimana della lettura presso la libreria La Maria del porto, via Statuti Marittimi 42, Trani (www.lamariadelporto.it) questa sera, alle ore 18,30, Isidoro Mortellaro, docente di Storia delle relazioni internazionali all'Università di Bari presenta con l'autore il libro “Il PCI e la rivoluzione cubana”, di Onofrio Pappagallo, Carocci.

Il PCI e Cuba: tra prudenza e sostegno
L’importanza della rivoluzione cubana è apparsa evidente per
diversi ordini di considerazioni, primo fra tutti, l’originalità
del processo rivoluzionario cubano, soprattutto per la
svolta in senso socialista che colse di sorpresa il mondo
intero e, in particolar modo, i partiti comunisti sia sovietico
sia latino-americani filosovietici. L’adesione di Cuba al
socialismo, la scelta di una “terza via” si ripercuotono sulle
politiche del PCI e della sinistra italiana durante gli anni
Sessanta, offrendo un’insolita chiave i lettura degli assetti
ideologici dei partiti in quegli anni.
Il sensibile aumento di interesse dei comunisti italiani coincise
con il maggiore interesse che l’URSS espresse nei confronti
dei rivolgimenti che sconvolsero gli assetti economici, politici
e sociali dei paesi del Terzo Mondo. Infatti, l’URSS e, con
essa, tutto il movimento operaio e comunista internazionale
ritennero che il Sud del mondo potesse essere funzionale
nelle dinamiche della guerra fredda. Riuscire a inglobare,
seppur indirettamente, il Terzo Mondo nella propria sfera
avrebbe significato spostare in maniera forte, e forse
decisiva, l’ago della bilancia verso la rivoluzione socialista,
ormai non più pensata “in un solo paese”.
Nell’analisi del rapporto tra la rivoluzione cubana e il PCI
sono stati isolati due temi. Il primo: l’analisi del conflitto
cino-sovietico, attraverso la funzione che in esso svolsero il
PCI e il governo cubano. Il secondo: la lettura che il PCI
sviluppò nel processo di decolonizzazione, soprattutto
riferendoci al dibattito posto all’interno del movimento
comunista internazionale tra la “via armata” e la “via
democratica” o “pacifica” al socialismo.
Uno degli obiettivi di questo lavoro è stato quello di
dimostrare che il PCI nel rapporto con Cuba perseguì le due
linee fondamentali della sua politica internazionale: da un
lato, ribadire la “fedeltà” alle linee di politica estera
sovietica; dall’altro, ricercare una “via autonoma” per
intrecciare legami internazionali, attraverso cui sottolineare
il processo di allontanamento da Mosca e la necessità delle
“vie nazionali al socialismo”.
 
Onofrio Pappagallo è dottore di ricerca in Storia
dell’Europa moderna e contemporanea presso l’Università di
Bari. Studioso dei processi politici che hanno interessato
l’America Latina e promotore, attraverso numerose iniziative,
della diffusione della conoscenza del mondo latinoamericano.
Si è occupato, inoltre, della vita e delle opere di
Antonio Gramsci curando una mostra documentaria e
bibliografica per conto dell’Università degli Studi di Bari e la
Biblioteca nazionale di Bari. È autore tra l’altro di Il Pci e la
rivoluzione cubana. La “via latino-americana” tra Mosca e
Pechino”, Carocci, 2009.



 
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Qualcuno lo era...... Qualcuno era comunista perché era nato in Emilia. Qualcuno era comunista perché il nonno, lo zio, il papà… la mamma no. Qualcuno era comunista perché aveva avuto un'educazione troppo cattolica....................Qualcuno era comunista perché “La Storia è dalla nostra parte!”. Qualcuno era comunista perché non gli avevano detto tutto. Qualcuno era comunista perché prima era fascista. Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona. Qualcuno era comunista perché Andreotti non era una brava persona......... Qualcuno era comunista perché era talmente affascinato dagli operai che voleva essere uno di loro. Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di fare l'operaio. Qualcuno era comunista perché voleva l'aumento di stipendio................ Qualcuno era comunista perché la rivoluzione oggi no, domani forse, ma dopo domani sicuramente… Qualcuno era comunista perché “Viva Marx, viva Lenin, viva Mao Tse-Tung”. Qualcuno era comunista per fare rabbia a suo padre. Qualcuno era comunista perché guardava sempre Rai Tre. Qualcuno era comunista perché non conosceva gli impiegati statali, parastatali e affini........ Qualcuno era comunista perché lo Stato peggio che da noi solo l'Uganda. Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di quarant'anni di governi viscidi e ruffiani. Qualcuno era comunista perché piazza Fontana, Brescia, la stazione di Bologna, l'Italicus, Ustica, eccetera, eccetera, eccetera. Qualcuno era comunista perché non sopportava più quella cosa sporca che ci ostiniamo a chiamare democrazia....... Qualcuno era comunista perché pensava di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri. Qualcuno era comunista...... perché sentiva la necessità di una morale diversa, perché era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita. Qualcuno era comunista perché con accanto questo slancio ognuno era come più di se stesso, era come due persone in una.

Pur considerando le diverse realtà storiche dei due paesi e la collocazione geografica, che molto influisce sul carattere e modo di vivere della gente, avendo come principio l'obiettivo di quella Rivoluzione d'Ottobre che avrebbe dovuto cambiare il mondo, non volendo parlare di "fallimento", diciamo allora, la grande "incompiuta". In fondo qual'è l'obiettivo principale dell'uomo? Raggiungere il massimo di libertà: la libertà da ogni sfruttamento, da ogni tirannia. Quell'idea "comunista", associata al socialismo, divenne il motore di ogni lotta per la libertà e l'uguaglianza, la spinta di ogni battaglia per l'indipendenza degli uomini e delle nazioni. E' penetrata nelle società più diverse, anche in quelle dove sembra non esistere. Ha trasformato non solo le condizioni di vita e i rapporti di classe ma anche i rapporti tra gli uomini e il loro modo di pensare, di essere. Nel suo divenire realtà, nella sua concretezza, ha assunto realtà nuove. E ci ha dimostrato che, nelle società democratiche, lo Stato tende a diventare lo Stato di tutti. Nei paesi "comunisti", invece, no. La dittatura del proletariato era concepita da Marx come una forma eccezionale di potere da esercitarsi durante la transazione dalla società capitalistica a quella socialista. Ma, nei paesi "comunisti,", la dittatura del proletariato è divenuta dittatura del "partito comunista" sulla società e sui lavoratori. E nel partito è divenuta la dittatura dell'apparato sul partito. Nell'apparato del partito è divenuta la dittatura di un capo carismatico come Stalin, Castro, Mao e altri ancora. Conclusione. Anche una rivoluzione proletaria, se non è sostenuta dallo spirito di democrazia e di libertà, può degenerare in burocrazia, tecnocrazia, polizia, tirannia. Sfocia in un capitalismo di Stato che non è differente dal capitalismo privato, anzi opprime e aliena come il capitalismo privato.-
Negli anni a seguire, tutte le "rivoluzioni" risultano incompiute o fallite per effetto dei rapidi cambiamenti sociali, sempre più imprevedibili. Molte di quelle idee restano in embrione, tenute in vita dalla volontà di cambiare in meglio, con alti e bassi destabilizzanti. L'uomo necessita di "esperienze e vita vissuta": quella che poi si definisce STORIA. STORIA a volte dimenticata o nascosta, cambiata e villipesa.- Dai discorsi di Fidel Castro - Estratto del riassunto settimanale di "Gramma" del 5 e 12 marzo 1967. " Il socialismo e il comunismo non sono spontanei. Si raggiungono le tappe superiori dello sviluppo sociale seguendo una politica e un orientamento corretti. Il fatto che in un paese trionfi la Rivoluzione e che venga proclamata l'intenzione di costruire una nuova società, non garantisce obbligatoriamente che questi diventi una realtà. Per arrivare al socialismo e al comunismo è necessario combinare due fattori essenziali: lo sviluppo di un uomo nuovo, che abbia una coscienza e un atteggiamento nuovi di fronte alla vita; e lo sviluppo della tecnica, capace di moltiplicare la produttività e di produrre beni in abbondanza. Per raggiungere questi elevati obiettivi della società umana, è necessario esercitare una politica conseguente con i principi del marxismo-leninismo, con i principi elaborati da Marx, Engels, Lenini, e altri grandi dirigenti della classe operaia. La scomparsa delle concezioni e dell'ideologia delle classi sfruttatrici e dello spirito piccolo Borghese. Un partito sempre creativo e unito alle masse, mai un Partito che si rassegni a tentare di ripetere ciò che altri hanno fatto, senza averlo in precedenza in modo critico e averlo confrontato con le condizioni concrete nelle quali deve esercitare la sua funzione di dirigente e di guida. Si può camminare verso il socialismo e il comunismo e non arrivarci mai.........." -

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