BARI - Ora tocca alla Regione Puglia. Questa mattina il Consiglio regionale potrebbe affrontare la spinosa questione del riordino delle Province, dopo i tavoli di concertazione, i consigli Comunali e le discussioni molto politiche e poco tecnico-legislative sulla creazione della Città metropolitana di Bari.
Di fronte al diniego dei maggiori Comuni del Barese (tra cui Molfetta) le operazioni di negoziato politico non hanno avuto nessun risultato. La stessa giunta Vendola non ha ancora elaborato un vero e proprio atto d’indirizzo (anche in attesa dei Comuni che non si sono ancora espressi), nonostante entro il 24 ottobre un provvedimento dovrà essere comunque inviato al Governo nazionale, ultimo titolare della riforma.
Secondo indiscrezioni, l’atto d’indirizzo regionale dovrebbe prevedere l’annessione della Provincia BAT alla Provincia di Foggia, mentre quelle di Brindisi e Taranto potrebbero essere unite in un unico ente di secondo livello oppure annesse alla Provincia di Lecce, realizzando il progetto del cosiddetto «Grande Salento» (protocollo d’intesa nato nel 2006 tra le tre province pugliesi del Sud, con scopi socio-economici e commerciali, ma finalizzato alla creazione di una vero e proprio ente istituzionale).
IL CONO D’OMBRA
Cono d’ombra sulla Città metropolitana di Bari. La giunta Vendola potrebbe rimettere la decisione finale al Governo nazionale, a fronte di quella che oggi ha assunto i contorni di una vera e propria «secessione» da Bari, resa possibile dal comma 2 dell’art. 18 del Decreto Legge n.95/12 («Il territorio della città metropolitana coincide con quello della provincia contestualmente soppressa ai sensi del comma 1, fermo restando il potere di iniziativa dei Comuni ai sensi dell’articolo 133, primo comma, della Costituzione»).
L’atto d’indirizzo ratificato a maggioranza dal Consiglio comunale di Molfetta non è stato l’unico contro l’adesione alla Città metropolitana di Bari: a Molfetta (centrodestra) si aggiungono, ad esempio, Bitonto (centrosinistra), Ruvo di Puglia (centrosinistra), Corato (centrodestra, il cui sindaco è anche presidente regionale dell’Anci), Altamura (centrodestra), altri Comuni dell’alta Murgia (che hanno addirittura minacciato il passaggio alla Basilicata).
Insomma, tutte realtà economiche e socio-culturali in competizione con quella barese ormai da decenni. Invece, l’adesione di Fasano alla Città metropolitana nasce dall’appartenenza storica del Comune al territorio barese fino a quando un provvedimento fascista la strappò a Bari per consegnarla a Brindisi. Il Comune di Canosa ha, invece, chiesto al Governo di definire una circoscrizione territoriale comprendente i Comuni della BAT e quelli della Provincia di Bari non aderenti all’istituenda Città metropolitana (in caso di adesione forzata, dovrà essere subito indetto un tavolo di concertazione per redigere lo statuto metropolitano).
Altri Comuni, come Gravina di Puglia, hanno aderito o deciso di aderire alla Città metropolitana solo per evitare la Provincia di Foggia. Altri ancora hanno creato una specie di unione fittizia: ad esempio, i Comuni della Valle dell’Itria (Alberobello, Cisternino, Locorotondo e Martina Franca) sono propensi a restare uniti nella Città metropolitana di Bari o nella edificanda provincia del Salento o di Taranto-Brindisi.
BITONTO, LA PROPOSTA
La vicenda è stata naturalmente macchiata dai toni politici accesi (e in alcuni casi, anche oggetto di varie speculazioni), ma tutti i Comuni che hanno deliberato di non aderire alla Città metropolitana (istituzionalmente diversa dall’«Area vasta metropolitana») hanno innescato il procedimento ex art. 133 della Costituzione per creare una nuova Provincia e indurre il Governo a un provvedimento correttivo (un caso nazionale, ma per Venezia ci sarebbero problemi simili a Bari).
Proprio la scorsa settimana il presidente regionale dell’ANCI, Luigi Perrone (sindaco di Corato), e il presidente della Provincia BAT, Francesco Ventola, hanno incontrato a Roma il Ministro per l’Amministrazione Pubblica, Filippo Patroni Griffi, per presentare la proposta di riorganizzazione pensata dal sindaco di Bitonto, Michele Abbaticchio, condivisa da molti colleghi dell’hinterland.
In pratica, i Comuni con territorio contiguo a quello di Bari hanno la possibilità di scegliere se aderire o meno alla Città Metropolitana: tutti quelli che, però, decideranno di non aderire potrebbero formare un’unica grande provincia Bari-Bat da Monopoli fino ad Andria. Le risorse della Provincia di Bari sarebbero, poi, distribuite alle macroaree di Comuni (almeno cinque), individuate nel momento della costituzione. Anzi, se Taranto, Brindisi e Lecce formassero il «Grande Salento» con la soppressione di due province, questa possibilità potrebbe concretizzarsi (anche se Lecce favorirebbe la creazione di un triplo “polo” barese).
In questo modo, esclusa la Città metropolitana di Bari, si tornerebbe ai 3 giustizierati federiciani (Capitanata, Terra di Bari e Terra d’Otranto), poi rimodulati all’inizio dell’Ottocento dai borboni.
È evidente che la discussione precipitosa di questi giorni sta prescindendo da una profonda riflessione sui sistemi territoriali e sulla necessità di pianificazione sovracomunale e infraregionale di servizi (sanità, trasporti, gestione dei rifiuti, ecc.). Le stesse «Aree vaste» pugliesi, protagoniste della programmazione di specifici assi di spesa cofinanziati dall’UE, sono intersecate su più Province (ad esempio, la «Valle d’Itria» comprende Comuni delle Province di Bari, di Brindisi e di Taranto) e l’area metropolitana di Bari non ha mai saputo ben definire i suoi confini (a questa si erano opposti già i Comuni della fossa premurgiana e quelli dell’estremo sud della provincia).
Insomma, una situazione indefinita e volubile. Forse sarebbe stato meglio abolire completamente le Province.
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