Poche sezioni e crolla la speranza Musi lunghi e pesante delusione
Forse il comitato elettorale di Mino Salvemini non si aspettava tale tracollo elettorale, ma di certo l'aria che si è respirata fin dalle prime battute non era di quelle più fiduciose e convincenti. Nuova sede, più posti a sedere, ma stessa organizzazione della precedente tornata elettorale: telefoni incandescenti e via vai continuo di rappresentanti di lista, ma questa volta le notizie sono molto meno buone. Guglielmo Minervini arriva quasi subito, giacca sulla spalla e volto contrito; per tutto il pomeriggio non rilascerà dichiarazioni, e il precipitarsi dei fatti rinforzerà sempre più questa decisione. L'atteso cardiopalma non c'è, nemmeno coi primi dati dello spoglio: Azzollini è sempre in vantaggio di quel pugno di voti e già si sollevano i primi malumori «E' amara oggi». Le notizie dal vicino comitato della Pdl non aiutano l'umore: già festeggiano, stappano lo spumante, hanno la vittoria in tasca. Il tempo si dilata e l'aria pare sempre più irrespirabile: la vittoria di Antonio Azzollini è già certa e si cominciano a rilasciare le prime dichiarazioni. Annalisa Altomare fa una veloce analisi del voto, attribuendo la colpa ad una campagna elettorale troppo breve che non s'è fatta comprendere, che s'è scomposta nella fase finale e che ha risentito della batosta nazionale. E poi in mente viene l'incomprensione con la Sinistra l'Arcobaleno, che, a detta dell'Altomare, ha perso l'occasione per fare una scelta di campo, ma che non pare essere l'unica responsabile della disfatta. Stesso rammarico viene espresso da Pino Amato, il più suffragato fra in consiglieri molfettesi, che arriva a risultato già certo nel comitato elettorale e che espone un'analisi simile: la vittoria di Azzollini è netta, talmente netta che anche nella zona di Levante, storicamente più favorevole alla coalizione di centro-sinistra, il divario tra i voti è oramai incolmabile. Per Pino Amato la città ha risentito di un messaggio errato, cioè l'idea che un sindaco senatore possa rendere la città più ricca, più importante a livello nazionale: questo ha trasmesso quella sicurezza di cui è stato carente il pur ottimo Salvemini, che per il breve tempo a disposizione s'è fatto conoscere poco soprattutto dai ceti medi. A pomeriggio già inoltrato Mino Salvemini arriva in sede: il volto disteso, sereno per la consapevolezza che tutto quello che si poteva e doveva fare, è stato fatto. Gli applausi sono sentiti e scroscianti, e si sovrappongono agli echi della marcia improvvisata del vincitore, che attraversa Corso Margherita con lanci di petardi, fumogeni, e cori da stadio. Salvemini ringrazia chi lo ha supportato, chi lo ha scelto per questa avventura che ha accolto con grande spirito di servizio per la città e per il partito. Molfetta ha optato per un voto conservatore, ha scelto nuovamente il “padre padrone”, ma alla tristezza del risultato si affianca la consapevolezza di poter creare nuove e salde alleanze per mantenere la città libera e democratica. Chiaro è il riferimento all'Udc, al pomo della discordia con la sinistra più radicale, ed è Pino Amato a chiudere questo primo intervento ufficiale: «Noi abbiamo le idee, loro i soldi. Partiremo da un nuovo progetto politico, e non ci venderemo a nessuno, questa è la nostra forza ».