Per mano mia, i gialli del commissario Riccardi al “Ghigno”
Ancora una volta la Libreria “Il Ghigno” è stata teatro di un piacevolissimo e stimolante incontro letterario, che ha veduto come protagonista lo scrittore Maurizio De Giovanni, artefice del ciclo dei gialli del commissario Ricciardi. La docente e scrittrice molfettese Luciana Sallustio ha presentato il romanzo Per mano mia. Il Natale del commissario Ricciardi (Einaudi, Torino 2011), che si ripropone di inaugurare “il ciclo delle festività”, per mezzo di una serie di opere ambientate nella Napoli fascista. A introdurre la serata la docente Isa de Marco, anima del ‘salotto letterario’ del “Ghigno”, che ha precisato come la manifestazione sia stata il frutto di una proficua collaborazione tra la libreria e l’associazione culturale “Linea d’onda. Idee in tempesta”. In rappresentanza di quest’ultima l’attrice Nunzia Antonino, che ha impreziosito la serata con la lettura di loci del romanzo. La professoressa Sallustio, nella sua prolusione, ha posto l’accento sul Leitmotiv delle mani assassine, protagoniste sin dal delirante incipit e foriere di un’“acuta memoria del sangue”. Si è poi soffermata a considerare l’ambientazione dell’opera e le icastiche descrizioni, prima di cedere la parola all’autore. Egli ha ripercorso, con squisita ironia e bonario istrionismo, il proprio itinerario di scrittura, muovendo da un ‘fatale’ concorso letterario presso il napoletano Gambrinus, che ha veduto la gestazione dell’allucinato, ma lucido, commissario Ricciardi. L’investigatore che ha il nefasto dono di vedere i morti e udire le loro ultime parole o l’“ultimo ottuso pensiero della loro vita spezzata”... La serata è proseguita in un accattivante dialogo tra la Sallustio, De Giovanni e il numeroso e attento pubblico presente. L’idea di un ciclo di noir ambientati in epoca fascista ci riconduce alla memorabile figura del Commissario De Vincenzi di quell’Augusto De Angelis che pagò con la vita – morì a causa dell’aggressione di un repubblichino – il suo antifascismo. Le indagini di quel commissario esperto di psicologia non erano state, del resto, apprezzate dall’esecutivo mussoliniano, che a De Angelis rimproverava la volontà eversiva di contrapporsi alla patinata immagine – promossa dal regime – di un Bel Paese esente da criminalità e delinquenza. Anche il Ricciardi è costretto a muoversi tra i meandri di una giustizia che non appare equa per tutte le classi sociali. Investigando sull’assassinio di un membro della milizia portuale, dall’apparenza impeccabile, e della sua consorte, Ricciardi avrà l’ennesima riprova di come il perbenismo delle gerarchie fasciste sia “una facciata di cartapesta” che cela il sordido dilagare di una smodata corruzione. Il complesso itinerario percorso dal commissario – costantemente accompagnato dal fido Maione – appare costellato di simboli apparentemente inestricabili: il cadavere del Garofalo che allude, nella macabra posa, all’iconografia di San Sebastiano, patrono della milizia volontaria nazionale; il presepe violato della vittima, con la statuetta di San Giuseppe distrutta... Il motivo del presepe, complice l’ambientazione natalizia del romanzo, ricorre costantemente e diviene metafora dell’intera vicenda. “Il presepe è come il mondo: sembra tutto messo a casaccio, e invece ognuno ha il suo significato”... E San Giuseppe allude al tema della paternità, che accomuna i personaggi chiave del plot: Lomunno, un tempo diffamato dal corrotto Garofalo, smanioso di prenderne il posto nella milizia; Boccia, disperatamente in cerca di una salvezza pressoché impossibile per il figlioletto malato; lo stesso Maione, che spierà l’assassino impunito del suo primogenito, un apparentemente innocuo ragazzone biondo, divenuto a sua volta padre e intento, da buon intagliatore, a sbozzare un superbo San Giuseppe in una bottega di San Gregorio Armeno. In un crescendo di tensione narrativa, il dilemma sesia giusto ergersi a Nemesi per lavare il sangue ingiustamente versato, e vendicare gli oltraggi, si leva dapprima quasi silente, per poi divenire assordante. E il Natale di Ricciardi assurge a stagione del rimorso, degli amori perduti – ma non in maniera definitiva –, della conciliazione e della malinconia di una “Napoli immenso presepe”, maestra nel dissimulare, tra le volute di una rumorosa allegria, il germe del male di vivere.
Autore: Gianni Antonio Palumbo