Pasquale Trizio racconta la storia nascosta di una famiglia ebraica tedesca rifugiata a Bari per la Giornata della memoria al Rotary di Molfetta
Un libro sulla vicenda dell'avvocato Berthold Uhlfelder vittima delle persecuzioni razziali del nazismo e sepolto nel capoluogo pugliese
MOLFETTA – Nell’ambito delle iniziative per il mese della memoria, il Rotary Club di Molfetta ha ospitato presso l’Hotel Garden lo storico barese Pasquale Trizio - autore del saggio “La storia nascosta. Gli Uhlfelder, una famiglia ebraica berlinese a Bari negli anni della persecuzione” – edito dalla Gelsorosso.
Un racconto da cui emergono ansie, paure, privazioni e umiliazioni ma anche sentimenti profondi che affiorano prorompenti da una poesia che il protagonista - prima di morire nella “terra sconosciuta” che è per lui l’Italia - dedica alla sua amata moglie e che rappresenta un vero e proprio manifesto della tragedia degli ebrei di tutta Europa negli anni della persecuzione nazifascista. Si tratta di un volume frutto di una approfondita ricerca svolta dall’autore presso l’Archivio di Stato di Bari e non solo e volta a ricostruire la “storia nascosta” della famiglia dell’avv. Berthold Uhlfelder - consigliere di Corte d’Appello a Berlino - fuggita nel 1936 dalla Germania nazista e rifugiatasi a Bari, dove poi cadrà vittima delle leggi razziali emanate in Italia nel 1938.
Ad introdurre la serata ci ha pensato il presidente del Rotary, Leonardo de Pinto, che ha presentato l’illustre relatore, barese, studioso di storia moderna e contemporanea che si occupa da tempo della diffusione della cultura del mare e dei commerci marittimi nella sua città. La parola è passata poi alla prof.ssa Ottavia Sgherza, che ha presentato il libro, offrendo una disamina del testo puntuale e ricca di spunti storiografici. Una lectio che sottolinea come nel testo, dalla dimensione generale di uno dei periodi più bui della storia europea, si scende nel particolare e si racconta la vita di un uomo che per Trizio si rivelerà non essere affatto uno sconosciuto (nella foto: Trizio, Sgherza, de Pinto, Maurizio Altomare, segretario del Club).
Ed è proprio dalla scoperta di una lontananza così vicina tra Trizio e Uhlfelder che nasce l’idea di scrivere un libro la cui bellezza sta anche nella casualità dell’intreccio di due vite che per un caso fortuito hanno intrecciato i loro cammini e sono diventate una parte dell’altra. Un saggio storico che rappresenta quasi un’istanza etica, un bisogno interiore di ritrovare e ricongiungersi con il suo “amico d’infanzia”.
Ma anche una forte presa di coscienza – come ha ricordato Ottavia Sgherza – di quanto l’odio razziale nei confronti degli ebrei sia sempre stato perpetrato sin dai tempi dei greci e dei romani per poi raggiungere il suo massimo picco già a partire dall’Ottocento e infine sfociare nella sua forma più cruenta nel Novecento con l’avvento dell’irrazionalismo che trasforma e deforma la follia antisemitica in una becera ideologia politica decadente.
Ma ritornando al libro, come mai le vite di questi due uomini così diversi e distanti si intrecciano? Come ha spiegato lo stesso autore, avendo perso prematuramente il papà quando aveva solo 3 anni, era solito accompagnare la mamma a fare visita alla tomba del loro caro. In quelle innumerevoli circostanze, tra tutte le lapidi, una catturava costantemente la sua attenzione. Si trattava di una epigrafe in caratteri gotici, disadorna e da cui si evinceva la data di nascita e di morte, la città natia e il nome - Berthold Uhlfelder - per l’appunto.
Una curiosità che non aveva mai trovato risposta finché un giorno - durante una ricerca effettuata presso l’Archivio di Stato di Bari, su un argomento di tutt’altro interesse - l’autore s’imbatté per caso in quel nome a lui ben noto. Gli affiorò alla mente quella pietra tombale che sin da bambino aveva notato perché situata accanto a quella dei suoi genitori nel cimitero cittadino e che tanto suscitava in lui un immediato interesse sino a indurlo a ricostruirne la storia “nascosta”, celata sino a quel momento dietro una fredda epigrafe.
Così di lì a poco, Trizio inizia a ricostruire le vicende di questa famiglia visitandone i luoghi, avventurandosi nelle sue memorie e compatendone le sofferenze. Attraverso una sistematica ricerca effettuata anche presso gli archivi di Roma, l’Aquila come pure presso quelli tedeschi di Norimberga e Monaco di Baviera e, non ultimo, quelli statunitensi del Yivo, Trizio scopre che Berthold Uhlfelder – appartenente ad una famiglia benestante e di nobili origini – era un notissimo avvocato di Norimberga. Poi a seguito delle prime avvisaglie nazifasciste fu costretto ad emigrare insieme alla sua famiglia a Bari.
Ma questo espediente non lo mise definitivamente al riparo dai rastrellamenti tanto da cader vittima delle famigerate leggi razziali e vedersi richiuso prima da solo e successivamente con la moglie Helene per circa quattro anni in tutto in uno sperduto campo di concentramento in un paesino dell’Abruzzo. Qui Berthold contrasse una grave malattia e quando ritornò a Bari, di lì a poco morì in un appartamento in via Dalmazia al rione Madonnella, proprio nelle vicinanze della casa natale dell’autore, come un’ulteriore singolare coincidenza.
Al termine della serata, è stato proiettato un toccante cortometraggio che ha messo in sequenza, scena dopo scena la fatica di Trizio nel ricostruire la storia del suo “amico di infanzia”. Un tributo di grande valenza storico-culturale che è stato incorniciato dalle note di “Life is beautiful” (La vita è bella, colonna sonora del celebre film di Roberto Benigni), cantata in italiano da Vincenzo Galantino – past president del Rotary di Molfetta.
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