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Paolo Sciancalepore e l’Immortalità del bello
15 giugno 2022

È stata inaugurata alla galleria 54 Arte Contemporanea, la personale L’immortalità del bello del pittore Paolo Sciancalepore. L’allestimento resterà visitabile sino al 2 luglio, quotidianamente (con l’eccezione della domenica e del mercoledì), dalle ore 18.30 alle 20.30, presso la galleria al numero 54 di via Bacca- rini, o ancora di mattina, ma solo su preno- tazione. Il 25 giugno alle ore 19 avrà luogo l’intra mostra Suggestioni musicali, con Fran- cesco D’Aprile (chitarra), Lello Patruno (percussioni), Milena Pesole (voce), Irene Sciancalepore (flauto). Molfettese, Paolo Sciancalepore si è diplomato in Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Bari e ha insegnato Arte e Immagine nelle scuole secondarie di primo grado; attualmente vive e lavora a Bisceglie. Numerose sono le mostre collettive e personali cui ha preso parte, ricevendo ricono- scimenti tra cui menzioneremo il Premio Biennale di Pittura Carlo Dalla Zorza, promosso dalla Galleria “Ponte Rosso” di Milano (1997). Molti critici si sono espressi sulla sua arte: Lucio Scardino ne evocava la contiguità con la metafisica dechirichiana e soprattutto casoratiana e ancora con il surrealismo di Magritte e di Pierre Roy; Gaetano Centrone ne rilevava il carattere di “colto e sa- piente pastiche postmoderno” e Gaetano Mongelli poneva, tra l’altro, l’attenzione sul “potere intrigante, fascinoso e surreale del trompe l’oeil” vivo nell’arte di Sciancalepore. Se Consonni lo definiva “sorridente ironico taumaturgo per diletto” a noi piace sottolineare la vocazione ‘demiurgica’ di quest’artista. Egli annulla il limes che separa la natura dai luoghi in cui l’antropizzazione ha agito con maggior forza e finisce così con il generare un’intermissione perpetua degli uni negli altri. Freud scriveva ne Il poeta e la fantasia che “Anche il poeta fa quello che fa il bambino giocando, crea un mondo di fantasia”; questo può avvenire per svariate ragioni, tra le quali, per esempio, la volontà di appagamento di un desiderio. Nell’intervista resa a Milena Pesole e pubblicata nel catalogo realizzato in occasione della mostra, Sciancalepore non a caso fa iniziare il suo percorso artistico proprio dal periodo della fanciullezza, in cui manipolava scatole per “dare forma” e “rappresentare tutto ciò che nella realtà non esiste”. Ancora oggi egli tende talora a riprodurre l’oggetto della sua visione realizzandone modelli in scatole o in cartoncini, in linea con la sua vocazione alla scenografia, coronata peraltro dagli speci- fici studi condotti. Alla base del suo itinerario si colloca dunque una visionarietà ch’egli poi ambisce a tradurre in forme concrete, nell’anelito a rendere visibile l’evanescente ‘sostanza’ di cui sono tramati i sogni e le fantasie di volo. In questo percorso una funzione significativa è esercitata dal mito, classico, celtico o biblico ch’esso sia. Vi trovano cittadinanza il fascino labirintico del mito minoico, effigiato in un dedalo di case in cui è luminoso perdersi e ritrovarsi; la se- duzione dell’isola Eea, dimora di Circe, la “diva terribile” che fa dell’amore uno strumento di imbestiamento. Non è casua- le che a Eea anche le nuvole, ‘firma’ di Sciancalepore, volino basse. E poi c’è l’ariostesco, e poi cavazzoniano, sogno di imprigionare la Luna in una Dimora delle fate che nello studiolo dell’artista racchiude paesaggi reali ed elementi fantastici. La dimensione dell’hortus conclusus è privilegiata: si pensi al polittico del Chiostro monastico che conosce il suo momento più felice nella simbiotica relazione tra l’Angelo dell’Apocalisse che tende a celarsi e la meridiana che segna inesorabilmente il Tempo sino al momento in cui la storia cadrà nel precipizio cui è destinata. Anche l’Interiorità stessa dell’artista è assimilata a una corte in cui coesistono la bellissima cava idruntina di bauxite e la chiesa diruta, emblema del rovinismo che tanto affascina Sciancalepore. Eppure l’hortus conclusus si apre al mondo, nel trompe l’oeil di stanze in cui, abolito ogni confine, sorgono promontori accanto a poltrone vuote e le pareti dischiudono scenari marini che non sai se siano dipinti o affioranti dalla trasparenza delle vetrate. Ti potrebbe sfiorare persino il dubbio che le marine, vessillifere di una Natura possente che l’uomo s’illude di poter modellare a suo agio, siano capaci di assimilare trionfanti l’interno delle dimore umane. E, nel domandarti tutto questo, trascorri pacificato da meraviglia a meraviglia. © Riproduzione riservata

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