di Lella Salvemini
Abbiamo incontrato Cosmo Alberto Sallustio, detto Nino, il candidato sindaco individuato dallo schieramento di centro sinistra.
33 anni, sposato e padre di due figli. Docente di discipline informatiche presso l’Istituto Tecnico Industriale di Molfetta. Il suo impegno politico, maturato dopo l’esperienza d’animazione sociale e educativa nell’ambito dell’associazionismo cattolico, comincia nel movimento politico “La Rete” e prosegue nel Percorso. Eletto consigliere comunale nel 1994, è presidente della Commissione consiliare “Finanze e patrimonio” e relatore della Commissione speciale di revisione dello Statuto comunale. Nel 1996 è tra i principali sostenitori dei Comitati Prodi per “L’Italia che vogliamo” prima e dell’Ulivo poi. Dal 1998 al 2000 è stato assessore al Patrimonio, Bilancio e Programmazione nella seconda giunta guidata dal sindaco Guglielmo Minervini.
Su “Quindici” abbiamo seguito in questi mesi le vicissitudini del centro sinistra. Cosa l’ha spinta ad accettare la candidatura, dopo aver comunicato la sua decisione di ritirarsi?
“La mia lettera di rinuncia è maturata in un momento in cui bisognava sgomberare il campo da ogni equivoco, ad esempio che qualcuno di noi pretendesse quella candidatura. Mi è parso necessario fare un passo indietro. Quando però tutta la coalizione, comprese le parti in un primo tempo restie ad accettare il mio nome, mi ha chiesto d’essere disponibile, ho accettato.
Ho anche spiegato che per me l’unico modo di intendere la politica è quello di essere a disposizione della coalizione che si sceglie, fare passi avanti quando è richiesto o tirarsi da parte quando è necessario. Non so concepire la politica al di fuori di questo schema di disponibilità, di gratuità, di dono della propria esperienza”.
Lei ha evidenziato da subito la continuità fra la sua candidatura e l’amministrazione Minervini, non crede che questo possa non consentirle di definire una sua precisa identità?
“Un uomo è la sua storia. La mia è quella di sei anni d’impegno istituzionale con l’amministrazione che si è conclusa il 21 settembre. Non che con questo voglia appiattirmi sugli ultimi sei anni, ma ci sono tante iniziative lasciate interrotte che hanno bisogno di essere riprese e reinterpretate alla luce di un nuova situazione della città. Sento quindi fortemente il legame alla vecchia esperienza politica, ma sento anche che bisogna andare oltre, legarsi in maniera più forte alla città che produce e aiutarla a crescere. Molfetta deve capire oggi la sua identità e ha in questo due chance, una è quella di tornare al passato, dove la politica era padrona anche di quelle poche energie imprenditoriali che nascevano, l’altra di continuare sulla nuova strada tracciata che ha consentito alle nuove realtà imprenditoriali di liberare le proprie energie”.
E poi, continuità rispetto al passato vuol dire escludere correzioni di rotta rispetto ad eventuali errori nelle scelte di governo? C’è nel suo programma qualche proposta innovativa rispetto al passato?
“Voglio dare per scontato che l’attuazione del Piano regolatore sia un fatto acquisito per chiunque sia scelto a governare. Riguardo al problema della casa, accanto alla pianificazione, ci sarà bisogno di concentrare le attenzioni sul versante della correttezza dei procedimenti, a garanzia che le assegnazioni dei suoli alle cooperative siano fatte nel rispetto delle regole. Bisognerà, quindi, spostare la vicenda casa dalla programmazione alla gestione dei processi d’insediamento e per questo nell’assessorato all’Urbanistica vi sarà una delega specifica alla Casa che si occuperà anche dei problemi abitativi.
Secondo, il problema dello sviluppo. Molfetta ha tutti gli ingredienti per diventare sistema, ha bisogno di quello oggi che i tecnici chiamano la consapevolezza della vision, di capire con lo sguardo lungo qual è il punto arrivo. Per questa città è la capacità di offrire competenze, tecnologie, capacità di produzione in modo adeguato agli standard europei. Per fare questo c’è bisogno di legare il sistema della formazione con quello dell’impresa, con le pubbliche istituzioni che devono snellire le attività burocratiche. Penso, ad esempio, all’attuazione piena dello Sportello unico.
Fare vison significa anche consentire a questa città di elevarsi, di essere una città oltre che sviluppata anche colta, capace di cogliere i segni dei tempi. Non a caso stavamo spingendo l’acceleratore sul recupero dei contenitori culturali, il passo successivo è quello della loro gestione e dell’elaborazione della proposta culturale, tutte questioni per cui è necessario che emerga anche una classe imprenditoriale specifica che sappia cogliere anche questa sfida. Questi sono gli snodi più importanti del programma che stanno per essere elaborati fino a configurarsi come veri e proprio impegni nei confronti dei cittadini”.
La qualità della vita nella città non dipende solo dallo sviluppo.
“Infatti, per me molto importante è la questione della sicurezza. Il sindaco ha grandi poteri sul coordinamento delle attività di pubblica sicurezza, di controllo del territorio, ma sicurezza è anche riqualificazione del territorio, su cui molto è già stato fatto in questi anni. Ad esempio, sono stati realizzati i lavori di illuminazione delle zone Catacombe e Cavalletti, è stato risistemato il basolato, E’ stato avviato l’insediamento del distaccamento dei Vigili del Fuoco nell’ex sede dell’Amnu. E’ stato bandito il concorso per rinforzare l’organico della polizia municipale. Tutte iniziative miranti da una parte a restituire la dignità ai luoghi lasciati per troppo tempo al degrado e, dall’altra, a garantire un livello più alto di protezione sociale”.
Ritiene che la coalizione che la sostiene condivida appieno questi impegni?
“Le divisioni, le divergenze di carattere politico che pure ci sono state, sono oggi superate. La sinistra chiedeva giustamente un candidato che fosse sua diretta espressione, ma ha compreso che non si sono verificate le condizioni perché questo avvenisse, ma le difficoltà sono ora alle spalle. Anche Rifondazione comunista, pronta a partire con un proprio candidato, quando ha compreso che il progetto era serio, ha deciso di confrontarsi con noi.
La coalizione è solida, omogenea, abbiamo fatto spogliatoio, è una squadra che sta bene assieme, che si conosce a fondo, c’è un’unità d’intenti, non è una banda raffazzonata per fare numero, ha una grado di compattezza alto”.
Cosa pensa, invece, dello schieramento guidato dal suo avversario Tommaso Minervini?
“Dal punto di vista politico ci terrei ad evidenziare che da questa parte è rimasta l’esperienza pura, il laboratorio politico del ’94, dall’altra parte si sono ricoalizzati tutti gli interessi possibili, spesso tutt’altro che politici, ma di parte, personali o di gruppo. Oggi il problema è capire se uno schieramento politico deve vincere facendo numero o se, quando si offre di governare, deve averne i numeri e soprattutto la coesione necessaria per farlo. Il rischio è che una vittoria dell’altra coalizione determini una contrapposizione d’interessi tale da paralizzare l’attività amministrativa. Per quanto oggi il mio avversario si sforzi di proporsi come garanzia, ha così tante contraddizioni intorno che finiranno per farlo naufragare”.
Le ultime vicende politiche possono aver confuso l’elettorato. Tommaso Minervini, suo principale avversario, è appartenuto fino a qualche mese fa al suo stesso schieramento. Che messaggio ritiene di poter dare agli elettori, qual è l’elemento distintivo e il punto di forza della sua candidatura, quel che dovrebbe indurre a votarla?
“La differenza peculiare fra me e Tommaso Minervini è che la mia è una candidatura richiesta dalla coalizione ed espressione di un progetto politico, la sua è un’autocandidatura, inizialmente di società civile, poi chiaramente connotata come di centrodestra ed espressione di un bisogno di andare ancora una volta contro. La destra ha accolto Tommaso Minervini perché rappresentava l’elemento di rottura con il suo passato. Tommaso Minervini sta oggi a destra in quanto ha rotto con la sinistra, con il suo ex sindaco. Hanno fondato un patto d’alleanza sulla rottura con il suo passato, non su un progetto politico chiaramente conservatore, tanto è vero che il mio avversario continua a tentare di caratterizzare la sua come un’alleanza civica mentre la destra ne rivendica l’appartenenza organica alla Casa delle libertà”.
Quale le sembra l’avversario più difficile da affrontare? Tommaso Minervini oppure il confronto con il suo predecessore, Guglielmo Minervini?
“L’antagonismo con Tommaso Minervini. Mi spiace dover fare una campagna elettorale contro lui che è stato dei nostri per lungo tempo, umanamente intendo, perché politicamente sono determinato a far emergere le contraddizioni che animano la sua proposta e che sono evidenti, basti pensare che lui tutte le volte che deve ascriversi dei meriti ricorda i periodi in cui ha amministrato con noi, ogni qual volta deve attribuirci dei demeriti ricorda che lui in fondo non era con noi.
Quanto a Guglielmo, non mi pesa per niente il confronto con lui, se si riesce a fare memoria storica di com’era Molfetta, di com’è cambiata e delle opportunità che si sono create in questi sei anni si comprenderà che ha rappresentato una svolta epocale. Mi fa onore aver lavorato al suo fianco. Ciò detto, vorrei ricordare che la mia storia politica non è nata alla sua ombra, ma ha caratteristiche autonome”.
Lei può essere considerato un esponente della nuova classe dirigente maturata dall’esperienza del Percorso e dalla svolta impressa nella politica cittadina con la prima elezione di Guglielmo Minervini nel ’94. Si presenti all’elettorato molfettese, cosa vorrebbe che assolutamente i cittadini sapessero di lei, prima di decidere se votarla o no?
“Il mio impegno nelle istituzioni risale agli ultimi sei anni, ma la mia storia comincia più da lontano. Forse stiamo già dimenticando quanto è accaduto a partire dal ’92, quando sotto i colpi di Tangentopoli la vecchia classe dirigente è caduta ed altri sono stati chiamati a sostituirla. Nonostante la nostra inesperienza abbiamo duramente lavorato per crearci competenze, per comprendere i problemi e dare le nostre soluzioni.
Il mio impegno politico non è però nato dal nulla, ma da quello civile e sociale che ho portato avanti per tanti anni nell’Azione cattolica, con esperienze nella guida di gruppi giovanili, attività di recupero di ragazzi svantaggiati, animazione nei quartieri degradati. Di lì il passo è stato breve, dall’impegno civile a servizio di un quartiere allo stesso impegno al servizio della città, breve ma anche molto impegnativo”.
Lei è molto giovane. Non ha paura che quest’esperienza la cambi?
“Sono molto legato ai valori familiari e a quelli dell’amicizia, del gruppo, della vita collettiva. Per me all’interno della famiglia allargata si temprano delle coscienze e ci si confronta con la diversità, acquisendo anche il valore della tolleranza. E’ a tutto questo che farò riferimento. Ciò non toglie che invito tutti a richiamarmi alla realtà, qualora anch’io, come è purtroppo accaduto ad altri, corressi il rischio di trasformarmi e di perdere la mia identità”.