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Molfetta, visita dei Club Rotary e Lions alle orme dei dinosauri La scoperta nel giugno 2005. L'esclusiva di Quindici nell'ottobre 2007. Valore storico-turistico, ma i cittadini di Molfetta non ne conoscono l'esistenza. Visita dei Club Rotary e Lions per valorizzare il sito e smuovere le politiche di salvaguardia
23 maggio 2011

MOLFETTA - «Un’intuizione, una folgorazione», il rinvenimento delle orme di dinosauri in contrada San Leonardo a Molfetta. Scopritore il dott. Cesare Davide Andriani, geologo vulcanologo, che nel giugno del 2005, iscritto da appena un anno alla facoltà di Geologia di Bari, individuò la prima orma di dinosauro. Nell’ottobre 2007 l’esclusiva di Quindici rivelò il ritrovamento al pubblico. Sono passati quasi quattro anni, ma l’area non è stata ancora protetta con adeguate strutture e musealizzata. Infatti, il sito non è ancora aperto al pubblico ed è vietato l'ingresso ai non addetti ai lavori.
Il sito si trova in una cava che esiste dal 1800, ha spiegato il dott. Marco Petruzzelli, paleontologo, durante la visita al sito organizzata dai Club Rotary e Lions (nella video gallery, il video della visita). Lo stesso Petruzzelli nel 2002 ha scoperto un sito simile a Giovinazzo, ma in una cava ancora attiva.
Quasi 115milioni di anni, l’età delle orme, fossilizzate su un piano inclinato a causa dei movimenti tettonici (solo 80milioni di anni per quelle di Altamura). Animali vertebrati del Cretaceo, gli autori. Purtroppo, non è possibile affermarne con certezza la specie, ma la loro altezza è stata stimata in quasi 10 metri (lunghezza di 4-5metri).
Nel 2009 i finanziamenti regionali di «Bollenti Spiriti», in base al progetto presentato dal dott. Petruzzelli («Dinosauria Adtriatica») hanno permesso la bonifica dell’area, la costruzione di un muretto a secco di contenimento per evitare il ristagno dell’acqua o il suo deflusso e l’installazione di un cancello per chiudere l’ingresso.
Nonostante l’enorme valore storico-turistico, i cittadini di Molfetta non ne conoscono l’esistenza. E se il tempo dovesse scorrere ancora, il rischio è di perdere un tesoro così prezioso. Basti pensare che nel resto della cava è ancora presente un cumulo di detriti edili.
Occorre proteggere il sito per salvaguardare una testimonianza della storia bio-geologica della Puglia e dell’agro molfettese. Sarebbe già opportuna una musealizzazione dell’area per evitare che le tracce siano erose dagli agenti atmosferici (un milione di euro per consolidare e mettere in sicurezza le pareti della cava): da due anni la Soprintendenza sta studiando con sistematicità l’area, ma solo al termine sarà possibile avviare qualsiasi tipo di attività museale.

© Riproduzione riservata
Autore: Marcello la Forgia
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