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Molfetta, "Quindici" QUERELA il PDL del sen. Azzollini
12 settembre 2013

MOLFETTA – Nei giorni scorsi sono stati affissi sui muri della città manifesti che annunciano la QUERELA di “Quindici” e del direttore responsabile Felice de Sanctis PER DIFFAMAZIONE AGGRAVATA IL PDL DI MOLFETTA CON RICHIESTA DI RISARCIMENTO DANNI MORALI E MATERIALI il PDL di Molfetta, partito del sen. Antonio Azzollini, il vignettista Benny, la tipografia Mezzina, di proprietà della moglie dello stesso Azzollini, i giornali locali (e in particolare “Il fatto” col suo direttore Giulio Cosentino che ha pubblicato articoli in cui accusa esplicitamente “Quindici” di voto di scambio), i siti internet e tutti coloro che hanno diffuso e diffonderanno direttamente o indirettamente il manifesto diffamatorio firmato dal Pdl e da Benny dal titolo “Quelli che… la legalità”, che il Pdl ha fatto affiggere sui muri della città nei mesi di luglio e agosto.

Abbiamo deciso attraverso il nostro quotidiano on line, con questa nota, pubblicata anche sul mensile “Quindici” in questi giorni in edicola, di allargare la conoscenza del nostro manifesto in risposta a quello diffamatorio (mascherato da falsa satira) del Pdl. E’ compito dell’informazione, infatti, far conoscere la verità: i cittadini hanno il diritto di sapere chi li ha governati a Molfetta per 12 anni e in Italia negli anni scorsi e ancora oggi attraverso le cosiddette “larghe intese”.
Respingiamo inoltre tutti i volgari attacchi degli altri media locali, tendenti a diffamare e a ledere la credibilità e l’onorabilità di “Quindici” e del suo direttore, per i quali ci riserviamo anche di ricorrere all’Ordine dei Giornalisti per richiedere le opportune sanzioni.

Nel rivendicare la propria correttezza di comportamenti e la propria irreprensibile moralità, Felice de Sanctis e “Quindici” segnalano ai cittadini di Molfetta il comportamento volgare e insinuante da parte del Pdl di Molfetta con la diffusione di notizie false e diffamatorie. Nello stigmatizzare il modo offensivo di fare politica di questo partito, dileggiando le persone quando non ha nulla da dire, si riporta una nota diffusa anche ai media locali dall’Associazione della Stampa di Puglia su questo squallido e miserabile comportamento:

«La libertà di stampa e la libertà di espressione sono garantite dalla Costituzione. Essere liberi di manifestare il proprio pensiero significa anche schierarsi con una parte politica piuttosto che con un'altra. Suscita per questo ilarità, più che indignazione, la campagna diffamatoria orchestrata dal Pdl di Molfetta nei confronti dei giornalisti Felice e Michele de Sanctis, direttore del "Quindici" e neo addetto stampa del sindaco Paola Natalicchio. Se l'obiettivo di quel manifesto è denunciare un presunto scambio fra l'appoggio del "Quindici" alla candidata sindaco Natalicchio in campagna elettorale e la nomina di Michele de Sanctis ad addetto stampa del neo primo cittadino gli autori dell' iniziativa hanno sbagliato bersaglio. La legge consente ai sindaci e a tutti gli eletti in cariche esecutive di scegliersi come collaboratori di propria fiducia per tutta la durata del loro mandato. Lo fanno indifferentemente governanti di destra e di sinistra. Che il Pdl di Molfetta e qualche suo eminente rappresentante gridino allo scandalo è semplicemente ridicolo. Per questo, nell'esprimere solidarietà a Felice e Michele De Sanctis, l'Associazione della Stampa di Puglia stigmatizza un comportamento assurdo e insultante».

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Precisiamo i termini della querela per diffamazione. Chi non è pratico di diritto penale confonde la satira con il reato penale, come in questo caso. Esistono delle regole precise e non soggettive. La satira si basa sulla ridicolizzazione di determinati soggetti o situazioni, spesso di carattere sociale. E in questa tipologia rientra la vignetta sull'asfalto davanti al Duomo, fatta successivamente dal Pdl. La diffamazione invece è il discredito su qualcuno mediante discorsi o scritti calunniosi sul suo conto, fatto senza misura e inducendo nel lettore l'idea che quella persona sia disonesta o abbia commesso atti illegali (come è avvenuto con molte accuse di questo tipo sui social network e anche direttamente nei nostri confronti). E' questo il caso del manifesto del Pdl che, in malafede e tentando di mascherare la diffamazione con la satira, oltre ad accusare di illegalità i personaggi raffigurati, offende la moralità degli stessi, danneggiandone l'immagine e facendo credere al lettore che sia stato commesso un reato come il voto di scambio, che si manifesta anche visivamente con lo scambio delle buste (il giornale e il contratto). Diverso è il caso delle vignette di “Quindici” dove non si è mai discreditato nessuno, ma si sono solo ridicolizzati personaggi pubblici (altrimenti sarebbero scattate le querele). Ma la satira bisogna saperla fare, questo andrebbe insegnato al vignettista Benny, che ha commesso un reato anche se su commissione. Il voto di scambio "illegale", infatti, è quello in cui un politico offre in cambio del voto qualcosa che non è legittimato ad offrire. Per esempio un posto in un'Amministrazione pubblica con un concorso pubblico addomesticato o un incarico pubblico retribuito. Nell'editoriale della rivista mensile “Quindici” in edicola questi giorni, spiego anche queste cose. Chiarito che non si tratta di satira, come sa anche uno studente al primo anno di giurisprudenza, figurarsi il magistrato chiamato ad interpretare correttamente la legge, entriamo brevemente nel merito, non per rispondere ai denigratori e ai calunniatori che lasciamo nei loro squallidi e melmosi pettegolezzi, ma a coloro che hanno espresso stima e solidarietà e che ringraziamo: 1) non si tratta di voto di scambio perché le critiche alla giunta Azzollini sono state fatte da anni e non nella campagna elettorale; 2) “Quindici” si è sempre dichiarato vicino all'area di centrosinistra e non solo nella campagna elettorale; 3) Quando “Quindici” ha criticato Azzollini, anche in vista delle elezioni amministrative, il candidato sindaco era Giovanni Abbattista e il nominativo di Paola Natalicchio non esisteva da nessuna parte; il sostegno alla Natalicchio è stato fatto nella massima trasparenza e non sottobanco per ricevere successivamente un vantaggio; altri sono i casi di voto di scambio avvenuti in queste elezioni e dei quali si sta occupando la magistratura; 4) sono stato sempre personalmente contrario all'accettazione dell'incarico da parte di mio figlio (col quale resto in dissenso) e, per dirla tutta, non ho mai desiderato nemmeno che facesse il giornalista, ma rispetto le sue scelte perché il principio della libertà e della democrazia vale prima di tutto in famiglia; 5) mio figlio aveva già due incarichi retribuiti e non aveva bisogno di essere “occupato” come ha malignato qualcuno. Tra l'altro complessivamente guadagnava molto di più dei 1.200 euro mensili che gli offre il Comune (andate a vedere quale è la retribuzione minima per l'incarico di addetto stampa prevista dal tariffario dell'Ordine dei giornalisti). Ma certa gente misura gli altri col proprio metro e non crede che si possa perdere economicamente se si crede in un'idea, anche per contribuire al processo di cambiamento della città, di quella città che rappresenta il futuro di questi giovani e che è stata degradata in questi ultimi anni; 6) la scelta dell'addetto stampa è di tipo fiduciario ed è regolarmente prevista dalla legge sugli enti locali (qualcuno dovrebbe studiare di più), altro che illegalità dichiarata dal Pdl. La nomina è avvenuta con gli stessi criteri e con gli stessi importi del precedente addetto stampa Cosimo De Gioia (anch'egli guarda caso, proveniente da “Quindici”) nominato dall'ex sindaco Azzollini che, per un certo periodo, di addetti stampa ne ha avuti 2 (anche una ragazza). Quindi, nel caso della Natalicchio, c'è stato anche un risparmio. Potrei continuare ancora, ma il resto lo abbiamo scritto nelle querele e nella richiesta di risarcimento danni. Spero ancora una volta di essere stato chiaro e intellettualmente onesto come è mio costume.




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