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Molfetta, libro di pietra: Se parlasse… la città. L'Azione cattolica sui nuovi stili di vita
11 aprile 2016

MOLFETTA - “Se parlasse… la città”: è l’invito a valorizzare ogni singolo anfratto di Molfetta, a edificare una sinergia costruttiva tra gli abitanti, a “sentire la voce” dei monumenti imponenti, come di quelli traballanti, a impostare la propria identità di “cittadino molfettese” con la città e per la città. Presso la sala Finocchiaro, l’Azione Cattolica diocesana ha presentato la campagna sui nuovi stili di vita di quest’anno.

L’evento è stato presentato da Angela Paparella, presidente diocesana di Azione Cattolica. Sono seguiti il saluto di Mons. Domenico Cornacchia, nostro vescovo e l’intervento di Giandomenico Amendola, professore ordinario di Sociologia Urbana presso la facoltà di Architettura dell’Università di Firenze, che ha voluto intitolare “La città come libro di pietra” (Nella foto: Paparella, Cornacchia, Amendola).

«La campagna richiede la partecipazione di tutti, non solo “degli addetti ai lavori”. Ci interroghiamo sulla vocazione economica, sociale, culturale e civile della città: cosa la rende a misura d’uomo? Per viverla, c’è bisogno di impegno, coscienza del nostro patrimonio, conoscenza dei limiti che si incontreranno, voglia di assaporarne la bellezza e le contraddizioni. Bisogna andare alla ricerca dei luoghi di bellezza, redenzione, lavoro, impegno civile: questo, è il momento di dare un nuovo segnale e maturare le proprie responsabilità. Ogni gruppo parrocchiale deve alzarsi e, valorizzando il suo tempo e i suoi spazi, percorrere la strada ordinaria della città». Esordisce così Angela Paparella e poi continua illustrando le sue fonti di ispirazione per la campagna: il libro di Italo Calvino “Città invisibili” con il quale l’autore, tramite metafore e parole, disegna il ritratto della città tipo; l’enciclica di Papa Francesco “Laudato si’” che è una grande esortazione a sentirsi continuamente in viaggio e mai statici e fermi, ad alzarsi e ad andare in fretta.

«L’obiettivo finale è quello di incontrare la gente all’interno di scuole, chiese e associazioni. Cosa ci direbbe la città? A chi parlerebbe? Tutti i cittadini sono invitati a rispondere a queste domande su alcune cartoline e a imbucarle in un’apposita cassetta postale, che sarà infine consegnata al centro diocesano. A chiusura campagna, le cartoline saranno consegnate alle quattro amministrazioni comunali e si illustrerà il percorso fatto» spiega Angela Paparella, prima di lasciare la parola al vescovo, che si è speso in un intervento breve ma efficace.

«La prima domanda che mi sono posto è stata: cosa direi alla città? Ogni cittadino deve diventare una pagina del libro, una pietra indelebile su cui incidere qualcosa. Da dove vengo conta il pane, frutto del duro lavoro e non la pietra, che invece ha il compito di fare da ammortizzatore, di drenare: è facile accorgersi di come anche la pietra di scarto ha valore! Dopo il viaggio a Palmira, ricchissima città della Siria, ho capito che l’uomo può distruggere la pietra, ma mai la memoria di un popolo: nei cuori, la gente scrive pagine indelebili. Il proverbio orientale ci ricorda “le foglie secche cadono sempre verso le radici”: significa tornare alle proprie radici e diventarne concimi per costruire un legame indissolubile con le proprie origini. E’ anche importantissimo il legame con l’altro, che è nostro concittadino, ma soprattutto nostro fratello. Ora, don Milani ci direbbe “Tu mi appartieni, sei ciò che manca al mio io”. Non essere indifferenti davanti alle città è un nostro dovere!». Queste, le parole del vescovo Domenico Cornacchia, pregne di un’esperienza personale significativa e della volontà di annodare anche alla nostra città un filo indissolubile.

L’intervento del prof. Giandomenico Amendola, esperto di impareggiabile conoscenza in materia e abile relatore, è iniziato proprio con la spiegazione del titolo «Ogni città è un libro dove devono scrivere tutti, non solo i potenti: va letto come tutti i libri e non dobbiamo limitarci a guardarne solo le figure. E quindi, quando si impara a leggerlo, si sa anche scriverlo e attribuire tutti i significati che si sono persi. Calvino diceva che, in una città, la gente deve emergere dai corrimani, dagli intonaci, dai mattoni: noi, ora, attraversiamo le strade senza neanche accorgercene. Le città parlano: a Bari, ogni quartiere è di costruzione diversa, e questo salta all’occhio. Se prendiamo le distanze dalla realtà, finiremo con il costruire città mediatiche, contenitori di ciò che la gente vuole: la città deve essere, invece, un patto fra diversi. L’episodio biblico della torre di Babele, ci insegna che la città muore se non è impiantata sulla diversità, se i cittadini non sono educati alla tolleranza. Tutti abbiamo il diritto alla città, ossia il sinolo tra la dichiarazione che ci rende parte del mondo e l’insieme di tutti i nostri diritti specifici. La città e nostra: è nostro il diritto di scrivere cosa conosciamo e di decidere dove operare il cambiamento che soddisfi i nostri bisogni».

Dopo un dibattito tra i presenti e il professore, è stato proiettato un video, già esposto alla Marcia della Pace, che racconta una storia inventata proprio sulla nostra, meravigliosa, Molfetta.

© Riproduzione riservata

Autore: Angelica Iannone
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Jonathan Livingston|sabato 15 ago 2009 00:00:00 Tratto da "AFFONDI" di Felice De Sanctis, ("guarda caso" Direttore responsabile di "QUINDICI") - 2006 - pag.67. QUALITA' DELLA POLITICA - Si parla tanto di qualità della vita e poco della qualità della politica. Eppure proprio da quest'ultima dipende la prima. La gente, oggi più di ieri, quando si fa riferimento alla politica la considera in senso negativo: trionfo degli interessi personali, corruzione, imbrogli ecc.. A consolidare questa "fama" di una "disciplina" che dovrebbe essere nobile, contribuisce lo scenario italiano dove un uomo per difendere interessi personali e censurabili, "scende in campo" e blocca l'intero sistema in attesa che gli venga riconosciuta l'impunità al di sopra della legge. Ma quel che è più grave, è che c'è gente che segue questo Cavaliere che non ha nulla dei nobili cavalieri medioevali. Il risultato è lo scadimento della politica ad affare, proprio dopo la stagione di Tangentopoli che sembrava aver liberato il sistema italiano dal forte intreccio con gli interessi di bottega, strada naturale per la corruzione identificata con i partiti politici. Già Gaetano Salvemini in una lettera a Tommaso Fiore scriveva: "basta che dalla politica militante tu sia uscito per sempre: quella non è partica per la gente onesta". E, caduto il muro di Berlino e le ideologie del Novecento, sono nati i Movimenti, segno che la gente ha bisogno di politica, anche quando dice di rifiutarla.................. distruggendo apparentemente il vecchio sistema........il "bipartitismo imperfetto" non è riuscito a perfezionarsi............. Massimo d'Azeglio ammoniva: "meno partiti ci sono, e meglio si cammina. Beati i Paesi dove non ve ne sono che due: uno del presente, il Governo; l'altro dell'avvenire, l'opposizione. Un tale stato di cose è segno della robusta salute d'una nazione; è segno che in essa le questioni di vera utilità pubblica soffocano le questioni d'utilità private, di persone, di sette ecc.". Il risulttato? Una grande depressione, soprattutto a sinistra...................... Gli uomini politici attuali sembrano insensibili a qualsiasi stimolo. I cittadini chiedono risposte? E loro, anche a Molfetta, tacciono, non rispondono: c'è il rischio di esporsi troppo, di fare promesse o dire cose che poi non si riescono a mettere in pratica. .................Come formare oggi la classe dirigente? Dove? Come organizzare la partecipazione sociale, dopo il superamento delle contrapposizioni ideologiche. Con i partiti? Ma le sezioni sono sempre deserte. Con i movimenti? Ma la società civile, dopo la campagna elettorale, torna al suo lavoro, alla famiglia, al privato, perchè non trova spazio nel pubblico. O perchè non riesce a trasformarsi in partito?.................... Si tornerà ai politici di mestiere? In questo vuoto istituzionale, ma soprattutto politico, avanza il cosidetto "partito dei sindaci", simbolo di un federalismo in fieri, ancora molto indefinito. Dove è finita la politica a Molfetta? Dove sono i luoghi della mediazione politica?.......... Chi considera la politica un servizio? Qual'è il ruolo di un sindaco, oggi? Cosa si aspetta da lui e cosa egli può offrire? Tutti sanno solo chiedere da un posto di lavoro (che pure manca ed è tanto necessario) o una presidenza di commissione o di condominio, per acquistare "visibilità", come si dice oggi, perchè è più importante apparire che essere. "Non chiedete che cosa il vostro paese può fare per voi, ma che cosa voi cittadini potete fare per il vostro paese", disse il presidente americano John Kennedy nel suo discorso di insediamento. Ma non è più attuale. -


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